Cass. civ. Sez. II, Sent., 12-09-2011, n. 18681

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Che la Corte d’appello di Torino, con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 17 giugno 2009, ha respinto il gravame interposto da A.A., D.D., L.V. C., P.S., P.R., M. S. e S.D. contro la sentenza del Tribunale della stessa città che aveva rigettato la domanda attorea di accertamento dell’intervenuto acquisto per usucapione di un terreno sito in (OMISSIS), via (OMISSIS), condannando gli attori a restituire in favore della convenuta le porzioni di terreno da ciascuno illegittimamente occupate;

che per la cassazione della sentenza della Corte d’appello hanno proposto ricorso A.A., D.D., L.V. C., P.S., S.M. e D. S., con atto notificato il 5 novembre 2009, sulla base di due motivi;

che l’intimata società ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.

Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione semplificata;

che con atto notificato il 14 dicembre 2009 e depositato in Cancelleria il 17 giugno 2011, il ricorrente L.C.V. ha dichiarato di rinunciare al ricorso;

che pertanto, il processo va dichiarato estinto limitatamente alla posizione del ricorrente L.C.;

che passando a scrutinare l’impugnazione relativamente agli altri ricorrenti, il primo motivo denuncia omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione relativamente a punto decisivo della controversia ( art. 360 cod. proc. civ., n. 5);

che il secondo mezzo è rubricato "violazione di norme di diritto ed omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo e controverso per il giudizio ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in relazione alla sussistenza dei requisiti ex lege necessari per l’usucapione";

che il secondo motivo, là dove prospetta violazione o falsa applicazione di norme di legge, è privo del quesito di diritto, prescritto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis cod. proc. civ., ratione temporis applicabile;

che questa Corte ha in più occasioni chiarito che i quesiti di diritto imposti dall’art. 366 bis cod. proc. civ. – introdotto dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6, secondo una prospettiva volta a riaffermare la cultura del processo di legittimità – rispondono all’esigenza di soddisfare non solo l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diversa da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata ma, al tempo stesso e con più ampia valenza, anche di enucleare il principio di diritto applicabile alla fattispecie, collaborando alla funzione nomofilattica della Corte di cassazione; i quesiti costituiscono, pertanto, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando, altrimenti, inadeguata e, quindi, non ammissibile l’investitura stessa del giudice di legittimità (tra le tante, Cass., Sez. Un., 6 febbraio 2009, n. 2863; Cass., Sez. Un., 14 febbraio 2008, n. 3519; Cass., Sez. Un., 29 ottobre 2007, n. 22640);

che il quesito di diritto non può essere desunto per implicito dalle argomentazioni a sostegno della censura, ma deve essere esplicitamente formulato, diversamente pervenendosi ad una sostanziale abrogazione della norma (Cass., Sez. Un., 17 aprile 2009, n. 9153);

che anche con riguardo alle censure che articolano, con il primo ed il secondo motivo, il vizio di motivazione, non è stato osservato l’onere, imposto dal citato art. 366 bis cod. proc. civ., del quesito di sintesi;

che invero, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto e le ragioni per le quali la motivazione è omessa, insufficiente o contraddittoria, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, all’inizio o al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso (Cass., Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897; Cass., Sez. 1^, 8 gennaio 2009, n. 189;

Cass., Sez. 1^, 23 gennaio 2009, n. 1741);

che non rileva che il ricorso sia stato notificato quando la L. 18 giugno 2009, n. 69, era già stata pubblicata ed entrata in vigore;

che invero, alla stregua del principio generale di cui all’art. 11 preleggi, comma 1, secondo cui, in mancanza di un’espressa disposizione normativa contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e non ha effetto retroattivo, nonchè del correlato specifico disposto della L. n. 69 del 2009, art. 58, comma 5, in base al quale le norme previste da detta legge si applicano ai ricorsi per cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art. 366 bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi della citata L. n. 69 del 2009) è diventata efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta data, con la conseguenza che per quelli proposti – come nella specie – contro provvedimenti pubblicati antecedentemente (e dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40) tale norma è da ritenere ancora applicabile (Cass., Sez. 1^, 26 ottobre 2009, n. 22578; Cass., Sez. 3^, 24 marzo 2010, n. 7119);

che pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile;

che le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, vanno poste a carico dei ricorrenti: in parte (con riguardo al L.C.), per non essere stata la rinuncia accettata dalla società controricorrente; in parte (con riguardo agli altri ricorrenti), in base al principio di soccombenza.
P.Q.M.

La Corte così provvede:

1) dichiara estinto il processo promosso con ricorso di L.V. C. nei confronti della s.r.l. Sacom;

2) dichiara il ricorso degli altri ricorrenti inammissibile;

3) condanna tutti i ricorrenti, in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, liquidate in complessivi Euro 2.700, di cui Euro 2.500 per onorari, oltre a spese generali e ad accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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