Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 13-04-2011) 12-05-2011, n. 18833 Riparazione per errore giudiziario

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Provvedimento impugnato e motivi del ricorso – Con l’ordinanza qui impugnata, la Corte d’appello, in sede di rinvio, ha parzialmente accolto l’istanza dell’odierno ricorrente volta ad ottenere un’equa riparazione per la custodia cautelare in carcere subita.

Detto in estrema sintesi, la doglianza si incentra sulla quantificazione dei giorni da liquidare: la Corte, in accoglimento della tesi dell’Avvocatura distrettuale, ha determinato il periodo in giorni 322 (decorrenti dal 9.9.92).

Avverso tale decisione, l’interessato ha proposto ricorso, tramite il difensore, deducendo:

1) errore di calcolo in quanto i periodo di ingiusta detenzione subita sarebbe compreso tra il 9.9.92 ed il 7.9.93 per un totale di 363 giorni (e non 322 come sostenuto dai giudici). L’errore deve ritenersi materiale e di mero calcolo visto che anche la Corte d’appello ha convenuto sulla identificazione del periodo da valutare;

2) rideterminazione della somma a titolo di risarcimento in quanto i giudici di merito avrebbero immotivatamente ritenuto di escludere dalla liquidazione i danni morali ed economici che, al contrario, sarebbero da ravvisare nel caso in esame considerati i patimenti dei figli e della moglie del S., oltre al grave danno all’immagine conseguente al fatto di essere stato sospettato dell’uccisione di due carabinieri;

3) omesso computo, ai fini del risarcimento dell’ulteriore periodo di custodia ingiustamente presofferta dal 7.9.93 al 7.12.94.

L’esclusione, per i giudici della Corte, sarebbe da ascrivere al fatto che dal 7.9.93 il S. è stato sottoposto a custodia cautelare per altro titolo. Si fa, però notare che anche per i fatti di cui a questa nuova misura il S. è stato assolto per insussistenza dei fatti o per non averli commessi e che, comunque, l’avere usufruito della fungibilità in relazione alla custodia cautelare ingiustamente sofferta non preclude il riconoscimento dell’indennità.

Il ricorrente conclude per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

2. Motivi della decisione – Il primo ed il terzo motivo di ricorso sono fondati.

Quanto al primo motivo, dal momento che il periodo calcolato dalla Corte è incontestabilmente quello compreso tra il 9.9.92 ed il 7.9.93, la doglianza del ricorrente è giusta nel sottolineare che il totale dei giorni che vanno a comporre questo periodo non è pari a 322.

Il conto materiale operato dalla Corte è evidentemente errato.

Anche il terzo motivo merita considerazione essendo viziato sul piano logico il ragionamento in base al quale i giudici – in accoglimento della richiesta dell’Avvocatura dello Stato – hanno ritenuto di escludere dal risarcimento il periodo di custodia cautelare patito (sempre per il medesimo titolo) dall’odierno ricorrente, anche oltre la data del 7.9.93, sul presupposto che, all’allora indagato, fosse stato notificato altro titolo cautelare (nell’ambito del proc. n. 2729/93) sì che, dal 7.9.93, egli si era trovato sottoposto a misura cautelare detentiva per doppio titolo.

L’argomento è del tutto inconferente perchè, indipendentemente dalle vicende (evidenziate dai ricorrente) del procedimento relativo a questo ulteriore titolo, è un fatto che la custodia cautelare emessa nell’ambito del procedimento n. 3279/91 – rispetto al quale al S. è stato riconosciuto il diritto al risarcimento per la sua ingiustizia – si è protratta oltre la data del 7.9.93.

Ed infatti, la circostanza che, da quella data in poi, il S. fosse stato ristretto anche ad altro titolo rileverebbe, semmai, solo in caso di pretesa del ricorrente di vedersi liquidare una seconda volta il medesimo periodo per la custodia patita per la diversa ulteriore misura cautelare. E’ evidente, infatti, che, se il sistema prevede la possibilità di "sovrapporre" in sede cautelare più titoli custodiali, anche l’eventuale risarcimento deve essere unitario.

Non è, però, questo il thema decidendum nella specie vertendosi semplicemente sulla effettiva e totale durata della custodia patita dal S. nell’ambito del procedimento n. 3279/91 ed è, allora, evidente che quanto deciso nel provvedimento impugnato presenta una palese erroneità nella individuazione del periodo da liquidare.

Esso, infatti, dovrà comprendere tutto il tempo compreso tra la data di privazione della libertà personale (7.9.93) e quella in cui, per tale titolo, la custodia è stata dichiarata cessata (vale a dire – a quanto sembrerebbe desumersi dalle premesse del provvedimento impugnato – la data del 7.12.94).

Il secondo motivo di ricorso è invece generico e resta comunque assorbito da quanto deciso per gli altri motivi.

Nell’annullare l’ordinanza impugnata, gli atti vanno restituiti alla Corte d’appello di Bologna per nuovo esame alla luce dei rilievi fin qui svolti.
P.Q.M.

Visti gli artt. 637 e ss. c.p.p.;

annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte d’appello di Bologna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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