T.A.R. Lombardia Milano Sez. II, Sent., 13-05-2011, n. 1243 radiocomunicazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La R.B. di M.M. & C. s.a.s. impugna l’ordinanza indicata in epigrafe con cui il Ministero delle comunicazioni le ha ordinato la disattivazione dell’impianto di diffusione a frequenza 100.400 MHz situato nella postazione di Cima Fane, nel Comune di Treviso Bresciano, per i seguenti motivi:

I. eccesso di potere per erroneità del fatto presupposto e per falsa applicazione di legge: la fattispecie non avrebbe dovuto essere qualificata quale attivazione di un impianto nuovo bensì quale mera delocalizzazione dell’impianto esercitato dalla dante causa della ricorrente;

II. violazione dell’art. 2, l. n. 241/1990; eccesso di potere: R.B. aveva, difatti, presentato, in data 10.9.2004, all’Ispettorato territoriale Lombardia, un’istanza, volta a conseguire l’autorizzazione richiesta dall’art. 32, c. 2, l. n. 223/1990 ad effettuare lo spostamento dell’impianto di radiodiffusione dall’originaria postazione di Valledrane, colpita da ordinanza di demolizione, in altra postazione ubicata in località Cima Fane, alla quale l’ispettorato non avrebbe mai dato riscontro;

III. violazione dell’art. 1, c. 4, l. n. 122/1998; eccesso di potere in quanto il rilascio dell’autorizzazione al trasferimento dell’impianto costituisce un atto dovuto;

IV. eccesso di potere per avere l’amministrazione disposto la disattivazione dell’impianto sulla base di una mera dichiarazione di dismissione del precedente titolare.

Si è costituito in giudizio il Ministero per le comunicazioni, contestando la fondatezza delle censure dedotte.

All’udienza del 24 febbraio 2011 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.

Il ricorso è infondato.

È corretto il presupposto su cui si fonda l’ordinanza impugnata dell’esercizio dell’impianto in assenza della relativa autorizzazione.

Non può, invero, ritenersi che per l’impianto in questione possa valere il provvedimento autorizzatorio relativo all’impianto della dante causa della ricorrente, R.R..

Tale impianto, come affermato nell’atto impugnato e ammesso dalla stessa ricorrente, risulta essere stato dismesso dal precedente esercente in data 18.12.1995, "per smantellamento postazione".

A fronte della espressa dichiarazione di dismissione dell’impianto resa dal legale rappresentante del precedente proprietario – risalente oltretutto a ben cinque anni prima dell’acquisto dell’impianto da parte della ricorrente – la pretesa di ricondurre l’impianto oggetto del provvedimento impugnato a quello esercitato in forza della concessione rilasciata a R.R. è priva di alcun fondamento.

A sostegno di tale conclusione milita inoltre la circostanza che l’impianto della ricorrente è stato attivato dopo un considerevole lasso di tempo (quasi sei anni) dallo smantellamento della precedente postazione e con una differente ubicazione, senza che il trasferimento nella nuova postazione di Cima Fane sia mai stato autorizzato dall’amministrazione.

L’impianto della ricorrente non può, quindi, che essere qualificato quale nuovo impianto.

Né, a fronte di un’espressa dichiarazione di dismissione dell’impianto da parte del precedente proprietario, può trovare applicazione la previsione, invocata dalla ricorrente, dell’art. 12, l. n. 112/2004, che – nel prevedere dapprima un’ingiunzione a regolarizzare le attività di trasmissione e solo, in caso di inerzia protratta per oltre sei mesi, l’adozione di un provvedimento di revoca o riduzione dell’assegnazione – disciplina le differenti fattispecie in cui i soggetti che svolgono attività di radiodiffusione violano i principi volti ad assicurare un uso efficiente delle frequenze radio ad essi assegnate.

Non meritano miglior sorte il secondo ed il terzo motivo di ricorso con cui viene lamentata la violazione degli artt. 2, l. n. 241/1990 e 1, c. 4, l. n. 122/1998 oltre ad eccesso di potere.

La circostanza che l’amministrazione non abbia riscontrato l’istanza presentata dalla ricorrente in data 10 settembre 2004, volta a conseguire l’autorizzazione allo spostamento dell’impianto dalla postazione di Velledrane ad altra postazione, in località Fobbia Cima Fane, non inficia in alcun modo la legittimità dell’atto impugnato.

La violazione dell’obbligo di provvedere non può essere lamentata in questa sede ma avrebbe dovuto essere fatta valere con la proposizione di un ricorso avverso il silenzio serbato dall’amministrazione sull’istanza, ai sensi dell’art. 21 bis, l. n. 1034/1971.

A tale inerzia la ricorrente ha, dunque, prestato acquiescenza ed essa non può essere invocata a giustificazione del comportamento tenuto nella vicenda in esame: il silenzio serbato dall’amministrazione su un’istanza volta ad ottenere un’autorizzazione – tranne l’ipotesi, che però non ricorre nel caso di specie, in cui esso abbia valore di provvedimento tacito di assenso – non legittima, difatti, colui che l’ha presentata ad agire in assenza di essa.

Non è conseguentemente affetto da illegittimità l’atto con cui la p.a. sanziona il comportamento dell’istante che ha agito in assenza della prevista autorizzazione, senza prima essersi pronunciata sulla relativa istanza (a questa regola sfuggono solamente le ipotesi eccezionali – che però qui non ricorrono – in cui la legge consente il rilascio in sanatoria del titolo abilitativo).

Parimenti infondato è l’ultimo motivo con cui l’atto impugnato viene censurato per eccesso di potere, avendo l’amministrazione disposto la disattivazione dell’impianto sulla base di una mera dichiarazione di dismissione del precedente titolare.

La non riconducibilità dell’impianto in questione a quello originario, dovuta al lasso di tempo intercorso tra lo smantellamento della precedente postazione e alla assenza di un’autorizzazione al trasferimento di quest’ultimo, consente di ritenere non determinanti le vicende relative al pregresso impianto.

In ogni caso, è comunque da ritenersi legittimo l’operato della p.a. per avere ritenuto sufficiente la dichiarazione resa dal concessionario R.R. di voler dismettere l’impianto situato in località Valledrane per smantellamento postazione, in quanto gli obblighi invocati dalla ricorrente, legati alla natura di servizio pubblico della radiodiffusione, non possono certamente spingersi sino al punto di costringere un soggetto a svolgere tale attività contro la propria volontà.

Per le ragioni esposte il ricorso è, dunque, infondato e va, pertanto, respinto.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente al pagamento, a favore del Ministero delle comunicazioni, delle spese del presente giudizio che quantifica in euro 2.500,00 (duemilacinquecento/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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