T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 13-05-2011, n. 1242 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza n. 17 del 10 febbraio 2010 il Sindaco del Comune di Brugherio, richiamata la vigente normativa in materia di iscrizione anagrafica degli stranieri extracomunitari e comunitari, preso atto che a seguito della entrata in vigore della nuova disciplina generale in ordine ai diritti di libera circolazione e soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari si è verificato un fenomeno di esponenziale incremento delle richieste di iscrizione che, se non adeguatamente regolamentato, potrebbe assurgere a vera e propria emergenza sotto il profilo della salvaguardia della igiene e sanità pubblica, posto che, assai spesso, gli alloggi destinati ad ospitare i nuovi residenti versano in condizioni di degrado incompatibili con il requisito della abitabilità, palesando gravi carenze in ordine alla sussistenza dei requisiti minimi di salubrità previsti dalla legislazione vigente; considerato che tale situazione mette altresì a repentaglio l’incolumità, l’ordine e la sicurezza pubblica intesa nella sua più ampia accezione, ha ritenuto di adottare adeguate misure di carattere preventivo volte ad accertare la sussistenza delle condizioni igienico sanitarie minime poste a garanzia della abitabilità degli alloggi nell’ambito dei procedimenti connessi alla richiesta di iscrizione anagrafica in applicazione del D.P.R. 223 del 1989 e della normativa nazionale di recepimento della Direttiva CE 38/04.

Avverso il predetto atto sono insorte la CGIL Camera del Lavoro di Monza Brianza e la CGIL Lombardia, le quali, ritenendo che la disciplina dell’iscrizione anagrafica adottata dal Sindaco del Comune di Brugherio contrasti le finalità statutarie della Confederazione Italiana del Lavoro, in quanto discriminatoria, hanno censurato il provvedimento impugnato sulla base dei seguenti

MOTIVI

1) Violazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267 del 2000 in relazione alla L. 1228/54 ed al D.P.R. 223/89; all’art. 23 Cost al D.Lgs 30 del 2007 ed al D.Lgs 286 del 1998; contrasto con la direttiva CE 2004/38

L’ordinanza impugnata nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari all’accertamento da parte del Comune della sussistenza di sufficienti fonti di sostentamento e della liceità della loro provenienza si pone in contrasto con l’art. 9 del D.Lgs 30 del 2007 che non ha inteso attribuire all’Ufficiale dell’anagrafe autonomi poteri di verifica delle condizioni di soggiorno autocertificate dal cittadino UE.

Né siffatti poteri di accertamento potrebbero derivare dagli artt. 71 e 72 del DPR 445 del 2000 i quali non prevedono un sistema generalizzato di controlli sulle autodichiarazioni rese al cittadino nell’ambito dell’espletamento delle pratiche burocratiche con la p.a. prevedendoli solo a campione o nei casi in cui sorgano fondati dubbi sulla loro veridicità.

Per gli stessi motivi l’ordinanza del Sindaco del Comune di Brugherio è illegittima nella parte in cui impone agli uffici di verificare ogni autocertificazione con la quale il familiare di cittadino UE dichiari una situazione di convivenza.

L’ordinanza sindacale, nella parte in cui richiede che i cittadini UE, per ottenere l’iscrizione anagrafica nel Comune di Brugherio per motivi diversi da quelli di studio o lavoro debbano dimostrare il possesso di un reddito superiore al minimo previsto per l’esenzione dalla spesa sanitaria, contrasta, inoltre, con l’art. 8 comma 4 della Direttiva 38/04, il quale impone agli stati membri di astenersi dal fissare l’importo preciso delle risorse che considerano sufficienti ai fini del soggiorno del cittadino UE.

Il provvedimento impugnato è altresì illegittimo nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica del familiare extracomunitario del cittadino UE alla presentazione della carta di soggiorno di cui all’art. 10 del D.Lgs 30/2007, impedendo così ai soggetti che non abbiano ancora ottenuto dalla Questura tale documento di poter fissare la propria residenza insieme ai propri familiari.

Le Associazioni ricorrenti contestano, poi, l’ordinanza sindacale nella parte in cui prevede che il cittadino extracomunitario in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno per essere iscritto nei registri anagrafici del Comune di Brugherio debba dimostrare di possedere un reddito annuo superiore alla soglia minima per l’esenzione dalla contribuzione alla spesa sanitaria e di poter godere di un’idonea sistemazione alloggiativa.

Altro punto contestato del provvedimento sindacale del febbraio 2010 è quello in cui l’iscrizione anagrafica è condizionata all’accertamento di imprecisati profili attinenti la fruibilità d’uso dell’alloggio in cui il richiedente intende fissare la propria dimora, la cui indeterminatezza finirebbe per rimettere la registrazione anagrafica a valutazioni discrezionali degli uffici, peraltro, previste solo a carico dei cittadini extracomunitari.

2) Violazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267 del 2000 in relazione alla L. 1228/54 ed al D.P.R. 223/89; difetto dei presupposti, carenza, insufficienza, erroneità, illogicità della motivazione; sviamento di potere.

L’atto impugnato è illegittimo in quanto contiene una disciplina dell’anagrafe destinata a durare nel tempo, non essendo in esso previsto un termine di vigenza correlato con un specifica e contingente situazione di emergenza puntualmente identificata.

Il potere esercitato dal Sindaco del Comune di Brugherio non potrebbe trovare fondamento nemmeno nelle norme del D.L. 92/08 convertito in L. 125/08 in quanto la predetta legge non ha inteso attribuire ai sindaci un potere di ordinanza svincolato dai requisiti della contingibilità e della urgenza, ma solo includere fra le materie in cui i sindaci possono intervenire quella della sicurezza urbana la cui nozione non è distinta dalla sicurezza pubblica intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati. In caso contrario i predetti interventi normativi dovrebbero considerarsi incostituzionali non essendo compatibile con la Costituzione un potere di ordinanza non ancorato ai requisiti della contingibilità e dell’urgenza.

3) Violazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267 del 2000 in relazione alla L. 1228 del 1954, nonché del decreto del Ministero dell’Interno in data 5 agosto 2008. Difetto dei presupposti, illogicità, irragionevolezza, contraddittorietà, falsa rappresentazione dei fatti, incompetenza, eccesso di potere per sviamento.

I poteri esercitati dal Sindaco non attengono agli ambiti materiali in cui l’ordinamento prevede che il Capo dell’Amministrazione locale possa emettere ordinanze siano esse o meno contingibili ed urgenti. Il Sindaco è di fatto intervenuto a normare la materia dell’anagrafe che è sottratta alla sua disponibilità.

Si sono costituiti il Comune di Brugherio e l’Avvocatura distrettuale per resistere al ricorso.

All’udienza del 2 marzo 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. Il Comune di Brugherio eccepisce che le associazioni ricorrenti difetterebbero di legittimazione ed interesse a ricorrere.

Le missioni statutarie da esse invocate per radicare la loro legittimazione ad agire abbraccerebbero molteplici temi, come l’equa distribuzione del benessere, la tutela della salute, la giustizia sociale e la coesione internazionale, che nulla hanno a che vedere con l’interesse di categoria dei loro associati. E, in ogni caso, gli interessi specifici dei lavoratori non sarebbero in alcun modo messi in discussione dalle ordinanze impugnate che riguardano profili del tutto diversi della vita sociale.

L’eccezione è infondata.

E’ vero che la legittimazione attiva degli organismi esponenziali di determinate categorie economicoproduttive è configurabile nella sola ipotesi in cui gli stessi agiscono a tutela di quegli interessi di categoria la cui protezione costituisce fine istituzionale delle associazioni stesse, senza che a tal fine possa valere il riferimento (nello statuto) ad un’esigenza di tutela di interessi di portata generale (T.A.R. Liguria Genova sez. I 03 febbraio 2003 n. 129).

Ed è vero altresì che l’astratta legittimazione delle associazioni di categoria a tutelare interessi collettivi orbitanti nelle materie di competenza deve essere verificata alla luce dei provvedimenti effettivamente impugnati e della loro concreta attitudine a ledere, in rapporto di diretta congruità, gli interessi medesimi (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 settembre 2005, n. 6582).

Tuttavia, nel caso di specie, non può ritenersi che i provvedimenti impugnati non dispieghino alcuna efficacia lesiva sugli interessi della categoria sociale dei lavoratori che è statutariamente e storicamente rappresentata dalla CGIL.

La residenza anagrafica (oltre a configurarsi, in sé come diritto soggettivo perfetto) costituisce, infatti, un attributo strettamente connesso con la personalità giuridica dell’individuo che, fra le sue varie funzioni, ha anche quella di consentire l’instaurarsi di rapporti giuridicoamministrativi con la pubblica amministrazione e con i privati e, quindi, anche di rapporti di lavoro.

Ben difficilmente un soggetto senza fissa dimora o, comunque, privo di iscrizione anagrafica in un determinato comune, può regolarizzare la sua posizione burocraticoamministrativa nei confronti di qualsivoglia Albo Professionale o datore di lavoro privato o pubblico (è appena il caso di osservare che la dichiarazione relativa alla residenza anagrafica è prevista da qualunque bando di concorso e che, ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 3 del 1957 l’impiegato ha l’obbligo di risiedere nel luogo ove presta servizio). Senza contare che la residenza costituisce un requisito indispensabile per instaurare regolari rapporti fra il lavoratore, il fisco e gli enti previdenziali, sia pur attraverso la mediazione del datore di lavoro.

Di qui il fondamento della legittimazione delle associazioni sindacali ricorrenti, non potendosi dubitare del fatto che, nell’ambito della categoria da esse rappresentata rientrino non solo coloro che già siano titolari di un rapporto di lavoro, ma anche i soggetti che ne sono alla ricerca.

2. Il Comune di Brugherio eccepisce, inoltre, la tardività del ricorso asserendo che il termine per la impugnazione dell’ordinanza sindacale dovrebbe decorrere dalla sua emanazione e non dalla sua pubblicazione all’albo pretorio.

L’eccezione è destituita di qualsivoglia fondamento.

E’ principio pacifico quello secondo cui i soggetti che non sono diretti destinatari del provvedimento lesivo possono impugnarlo o a seguito della sua pubblicazione (e più precisamente a far data dall’ultimo giorno in cui esso è stato affisso all’albo pretorio se si tratta di provvedimento per cui è prevista tale formalità) oppure a seguito della acquisizione della sua piena conoscenza.

L’onere di provare l’avvenuto decorso dei termini di impugnazione nei termini sopra riferiti spetta alle parti resistenti che, nella specie, non lo hanno assolto.

3. Nel merito il ricorso è parzialmente fondato.

Occorre preliminarmente osservare che i Comuni non sono titolari di ordinaria potestà regolamentare o, comunque, normativa, né per quanto riguarda la disciplina della condizione giuridica dello straniero né per quanto riguarda quella del servizio anagrafico.

La condizione giuridica dello straniero, infatti, rimane in linea di principio sottratta alle determinazioni della pubblica amministrazione essendo soggetta ad una riserva di legge tendenzialmente assoluta ( art. 10 Cost.), almeno per i profili sostanziali che riguardano l’esercizio delle libertà fondamentali.

L’art. 117 Cost. attribuisce le materie dell’immigrazione e della cittadinanza alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Allo Stato sono altresì attribuite le funzioni amministrative concernenti l’ingresso ed il soggiorno dello straniero extracomunitario (D.Lgs 286 del 1998). In tali materie, pertanto, in base al disposto dell’art. 117 comma 6° Cost., i comuni non possono esercitare alcuna potestà regolamentare.

La normativa interna che ha recepito la direttiva CE relativa al diritto di soggiorno e circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari fa coincidere l’"iscrizione presso le autorità competenti" prevista dall’art. 8 della direttiva medesima con l’iscrizione nei registri anagrafici disciplinata dalla L. 1128 del 1954 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 223 del 1989.

In conseguenza di ciò l’iscrizione nei predetti registri dei cittadini UE e dei loro familiari viene subordinata al possesso di requisiti ulteriori rispetto allo stabilimento della dimora abituale nel comune ove essa viene richiesta.

Ciò non significa, tuttavia, che i comuni abbiano acquisito una potestà normativa che li abiliti a disciplinare sul piano sostanziale o su quello procedurale la registrazione negli elenchi anagrafici dei cittadini comunitari.

L’anagrafe è, infatti, un servizio di competenza statale che non rientra nelle attribuzioni delle amministrazioni locali, le quali ne hanno unicamente la gestione.

A tal fine occorre ricordare che ai sensi dell’art. 117 la competenza a legiferare nella predetta materia è attribuita in via esclusiva allo Stato; allo Stato compete altresì, in base al decreto legislativo 30.7.1999 n. 300, la funzione di vigilanza e di indirizzo sullo svolgimento del servizio, mentre la tenuta dei registri anagrafici è attribuita al Sindaco nella sua veste di Ufficiale del Governo (art. 14 decreto legislativo 267/2000)

Sicchè, anche ai fini della iscrizione dei cittadini stranieri appartenenti alla UE, il Sindaco deve limitarsi a fare applicazione delle norme esistenti senza poter in alcun modo innovare né gli aspetti sostanziali né quelli procedurali.

4. I provvedimenti impugnati, tuttavia, invocano a proprio fondamento anche il potere di ordinanza attribuito ai Sindaci dagli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267/00.

Sul presupposto che l’apertura delle frontiere italiane ai cittadini UE ed extracomunitari starebbe determinando incontrollati flussi migratori suscettibili di mettere in pericolo l’igiene e la sicurezza pubblica, il Sindaco del Comune di Brugherio ha ritenuto di poter istituire forme di controllo di tale fenomeno attraverso l’emanazione di ordinanze che assicurino l’idoneità igienica ed abitativa delle unità in cui i cittadini stranieri intendono stabilire la propria dimora abituale e verificando, in taluni casi, la sussistenza dei requisiti reddituali prescritti dalla disciplina nazionale ai fini della regolarità del loro soggiorno nel territorio italiano.

L’emanazione dei predetti atti è stata tuttavia effettuata in difetto dei presupposti che legittimano l’esercizio del potere di ordinanza a livello comunale.

Infatti, il potere di ordinanza previsto dalle citate norme è volto a fronteggiare situazioni di pericolo per l’igiene, l’incolumità o la sicurezza pubblica che si manifestino a livello locale (art. 50 D.Lgs 267/2000 art. 1 DM 5/08/2008). Il Sindaco, pertanto, non ha la possibilità di dettare una disciplina particolare in relazione a fenomeni che interessino in ugual misura l’intero territorio nazionale o alcune zone dello stesso, come è, appunto, quello della immigrazione.

Questo è, invece, fanno quanto disposto con l’ordinanza impugnata, che, al di là del generico riferimento ai pericoli connessi ai flussi migratori da paesi extracomunitari e comunitari, non specifica quali siano le peculiari criticità che tali eventi hanno determinato a livello locale, né individua un limite temporale alla disciplina da essa introdotta che non appare, quindi, correlata ad una specifica situazione di emergenza.

5. Nell’ordinanza impugnata la legittimazione del potere esercitato viene altresì individuata nell’esigenza di tutelare la sicurezza urbana definita nei termini di cui all’art. 1 del DM 5/08/2008 come bene proprio delle comunità locali da proteggere attraverso azioni poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la vita civile, la convivenza e la coesione sociale nei centri urbani.

Tuttavia, anche a prescindere dalla natura amministrativa del decreto invocato quale fonte del potere, nemmeno il riferimento alla nozione di sicurezza urbana vale a dare fondamento al tipo di provvedimento emanato dal Sindaco del Comune di Brugherio.

Infatti, in conformità alla giurisprudenza di questo Tribunale, deve ribadirsi che, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle richiamate disposizioni, il concetto di "sicurezza urbana" di cui all’art. 54 co. 4 T.U.E.L. ed al D.M. 5 agosto 2008 deve farsi coincidere con la "sicurezza pubblica", vale a dire con l’attività di prevenzione dei fenomeni criminosi che minacciano i beni fondamentali dei cittadini (Corte Cost. 1 luglio 2009 n. 196), e non può, quindi, essere estesa fino a comprendere quegli strumenti volti all’eliminazione dei fenomeni di degrado che possono affliggere i centri urbani senza essere necessariamente correlati con esigenze di repressione della criminalità: con la conseguenza che il potere di ordinanza disciplinato dalla disposizione citata può essere esercitato a condizione che la violazione delle norme che tutelano la convivenza civile non assuma rilevanza solo in sé considerata, ma costituisca la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità capaci di minare la sicurezza pubblica (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2010, n. 981, in termini TAR Toscana, Sez. II, 5 gennaio 2011 n. 22).

L’ordinanza impugnata nulla dice a proposito del collegamento fra i paventati fenomeni migratori e l’esigenza di prevenire (concreti e specifici) fenomeni criminosi a livello locale, né illustra come l’introdotta disciplina delle iscrizioni anagrafiche potrebbe contrastare i suddetti (ipotetici) fenomeni. Essa, pertanto non può trovare fondamento nemmeno nelle previsioni del nuovo art. 54 del D.Lgs 267 del 2000 e del D.M. 5/08/2008.

6. Nelle memorie dell’amministrazione resistente si afferma che, in realtà, i provvedimenti impugnati non costituirebbero né atti normativi né ordinanze sindacali ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267/00. Si tratterebbe invece di atti interni di indirizzo rivolti dal Sindaco agli uffici al fine di garantire una migliore applicazione delle leggi vigenti anche alla luce delle circolari ministeriali emanate in materia.

Tale prospettiva, che implica una sostanziale reinterpretazione in chiave riduttiva e conservativa del potere esercitato, può essere accolta, ma non vale a salvare l’intero contenuto dell’ordinanza impugnata che deve essere dichiarata illegittima nella parte in cui "innova" la disciplina dell’iscrizione anagrafica rispetto alle vigenti norme nazionali e comunitarie.

6.1 In particolare, l’ordinanza impugnata presenta plurimi profili di illegittimità laddove disciplina la registrazione del luogo di residenza dei cittadini extracomunitari.

Essa, infatti, impone allo straniero che voglia stabilire la propria residenza nel Comune di Brugherio di produrre documentazione attestante la disponibilità di un alloggio idoneo e la disponibilità di un reddito annuo di importo superiore al tetto di esenzione dalla spesa sanitaria qualora abbia richiesto ma non ancora ottenuto il permesso di soggiorno.

Tale documentazione, anche se necessaria al fine di perfezionare il procedimento di rilascio del permesso di soggiorno, non può tuttavia condizionare la registrazione anagrafica che, ai sensi del citato art. 6 comma 7 del D.Lgs 268 del 1998 deve essere effettuata alle medesime condizioni dei cittadini italiani qualora a richiederla sia uno straniero "regolarmente soggiornante". Tale deve considerarsi sia il cittadino che abbia già ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno sia quello che lo abbia richiesto.

Il Comune non può, quindi, subordinare la registrazione delle residenza dei cittadini comunitari che siano in attesa del rilascio del permesso di soggiorno alla prova di requisiti ulteriori rispetto alla stabile dimora.

In senso contrario non può invocarsi l’art. 1 comma 2 della L. 1228 del 1954 (modificato dall’art. 1 comma 18 della L. 94/2009) in base al quale l’iscrizione e la richiesta di variazione possono dar luogo alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria dimora abituale.

A parte il fatto che la regolarità sotto il profilo igienico sanitario è cosa diversa dalla idoneità alloggiativa (che tiene conto non solo delle condizioni di salubrità dell’appartamento ma anche della superficie minima per abitante), appare dirimente la considerazione che la suddetta norma non condiziona l’iscrizione anagrafica alla prova della regolarità igienico sanitaria dell’alloggio da parte del richiedente ma stabilisce solo che il procedimento volto alla attribuzione della residenza può costituire l’occasione per una verifica igienico sanitaria del luogo di stabile dimora da parte dei competenti uffici comunali ai fini della adozione di provvedimenti che riguardano l’immobile (sgombero, sanzioni per la mancanza del certificato di abitabilità etc.) e non la persona che intende risiedervi.

Per quanto riguarda, invece, la prova relativa al possesso del reddito superiore a quello minimo in pendenza del procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno, tale onere non può giustificarsi in relazione al potere di segnalazione della condizione di irregolarità in cui versa o straniero previsto dal comma 5 bis dell’art. 54 del D.Lgs 267/00 in quanto la predetta norma non abilita certo il Sindaco ad imporre agli stranieri che chiedano iscrizioni o autorizzazioni di competenza del Comune di comprovare i requisiti previsti dalla legge per il rilascio del permesso di soggiorno, sostituendosi così alla competente autorità di PS.

6.2 Il provvedimento impugnato presenta profili di illegittimità anche per quanto riguarda i requisiti chiesti per l’iscrizione anagrafica dei cittadini UE.

Esso, in particolare, si discosta dalla direttiva CE n. 38/04 nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica alla produzione di un atto notorio che attesti il possesso di un reddito superiore alla soglia per l’esenzione dalla spesa sanitaria.

Sul punto il Collegio deve dare atto che l’ordinanza sindacale si conforma a quanto previsto dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 19 del 2007 e sembra altresì fondarsi sul disposto dell’art. 9 comma 3 lett. b) D.Lgs 30del 2007 a mente del quale il cittadino UE che si trovi per più di tre mesi in Italia per motivi diversi da quelli di studio o di lavoro, al fine di ottenere l’iscrizione anagrafica deve dimostrare di possedere la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Tuttavia, la citata disposizione del D.Lgs n. 30 del 2007 deve essere integrata con quanto prevede la direttiva n. 38/04 CE a proposito dei requisiti che deve possedere il cittadino UE che voglia soggiornare per più i tre mesi in uno stato diverso da quello di appartenenza.

L’art. 7 comma1 lett. b) della citata direttiva dispone in proposito che il cittadino UE che intenda soggiornare per motivi diversi da quelli di lavoro o studio debba dimostrare di disporre per se stesso ed i propri familiari di risorse economiche sufficienti affinchè non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello stato ospitante.

L’art. 8 comma 4 della medesima direttiva prevede, tuttavia, che, nell’individuare i parametri di sufficienza delle risorse economiche gli stati membri devono astenersi dal fissare un importo preciso e devono tener conto della situazione personale dell’interessato.

La norma citata si correla a quanto affermato nel 16° considerando della direttiva secondo cui i beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finchè non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato ospitante e tale situazione non può automaticamente desumersi dal fatto che il cittadino UE abbia fatto ricorso per qualche tempo al sistema di assistenza sociale, dovendo lo stato ospitante verificare se si tratta di una difficoltà temporanea o definitiva, tenendo conto della durata del soggiorno, della situazione personale dell’interessato e dell’ammontare dell’aiuto concesso.

E’ vero che le linee guida emanate per l’applicazione della predetta direttiva hanno stabilito che il primo passo per accertare se un cittadino dell’Unione disponga di risorse sufficienti per sé ed i propri familiari può consistere nel verificare se egli soddisfa i criteri nazionali per la concessione di un sussidio sociale minimo; ma ciò significa solo che coloro che dispongono di un reddito superiore al minimo sociale debbono essere per ciò solo considerati in possesso dei requisiti di soggiorno previsti dalla direttiva CE 34/08, ma non anche che i cittadini UE che non raggiungano tale soglia devono automaticamente esserne ritenuti privi con conseguente difetto del diritto di soggiorno.

Ne deriva che anche la normativa nazionale, se interpretata conformemente alla direttiva di riferimento, non può precludere l’iscrizione anagrafica ai cittadini comunitari che soggiornino per motivi diversi da quelli di studio o di lavoro per il solo fatto che essi non possano dimostrare di possedere un reddito superiore alla soglia di esenzione dalla contribuzione per la spesa sanitaria.

Anche le ordinanze impugnate vanno, pertanto, dichiarate illegittime nella parte in cui ancorano la autosufficienza economica ad una verifica meramente reddituale.

6.3 Non si può, invece, ritenere preclusa agli uffici comunali la verifica delle circostanze dichiarate dai cittadini stranieri al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per ottenere la registrazione della propria residenza, essendo tale facoltà non solo consentita dalla disciplina comunitaria ma anche espressamente prevista dall’art. 71 del D.P.R. 445 del 2000. Le verifiche disposte dall’Amministrazione locale non possono tuttavia trasformarsi in discriminatorie ragioni di ritardo nella iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri. Gli uffici sono, perciò, tenuti ad accettare per vere le dichiarazioni di atto di notorietà ed iscrivere, sussistendone i requisiti, coloro che le hanno rese, salvo poi procedere alla cancellazione in caso di riscontro negativo della loro veridicità.

A voler diversamente opinare dovrebbe ritenersi vanificato, limitatamente al servizio anagrafico del Comune di Brugherio, tutto il sistema di semplificazione dei rapporti fra cittadini e pubblica amministrazione istituito dal D.P.R. 445 del 2000 che, al fine di velocizzare il disbrigo delle pratiche amministrative, impone alle pubbliche amministrazioni di accettare in luogo dei certificati o della prova di determinate situazioni di fatto, le autocertificazioni o dichiarazioni di atto notorio presentate ai loro sportelli. Sistema, che è bene ricordarlo, si applica anche ai rapporti fra p.a. e stranieri con il solo limite per gli extracomunitari di autocertificare stati, fatti, qualità presenti nei registri della pubblica amministrazione italiana (art. 3 D.P.R. 445/00).

Anche la pretesa del Comune di Brugherio di subordinare l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari all’accertamento della liceità delle fonti di ricchezza dichiarate dagli istanti è destituita di ogni fondamento.

Infatti, i requisiti che secondo la direttiva 38/2004 CE legittimano i cittadini comunitari a soggiornare per più di tre mesi in uno stato diverso da quello di appartenenza hanno carattere tassativo. Ed hanno altresì carattere inderogabilmente tipico anche i documenti giustificativi che possono essere richiesti dalle autorità competenti ai fini del rilascio dell’attestato d’iscrizione onde evitare che pratiche amministrative o interpretazioni divergenti costituiscano un indebito ostacolo all’esercizio del diritto di soggiorno dei cittadini (14° considerando direttiva CE 38/04).

Le ordinanze impugnate sono altresì illegittime nella parte in cui subordinano la registrazione anagrafica dei familiari extracomunitari di cittadini comunitari al rilascio da parte della questura della speciale carta di soggiorno prevista dall’art. 10 del D.Lgs n. 30 del 2007.

Infatti, ai sensi dell’art. 9 comma 5 del predetto decreto, ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani, i familiari del cittadino dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno sono tenuti a presentare solo un documento di identificazione, un documento che attesti la qualità di familiare di un cittadino comunitario e l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

La carta di soggiorno non costituisce, quindi, ai sensi della cennata disposizione un documento necessario per ottenere l’iscrizione anagrafica, avendo il legislatore ritenuto che, in tal caso, il familiare del cittadino comunitario avente titolo autonomo al soggiorno possa comprovare direttamente tale qualità all’Ufficiale dell’anagrafe.

In ordine alle verifiche disposte dal Comune per appurare la veridicità delle dichiarazioni attestanti la convivenza con il familiare UE avente autonomo diritto di soggiorno, valgono le considerazioni già fatte sopra circa il fatto che i predetti accertamenti devono avere carattere successivo e non possono costituire un ostacolo all’ottenimento della iscrizione.

In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica: a) dei cittadini extracomunitari alla dimostrazione della idoneità della situazione alloggiativi ed alla dimostrazione del possesso di un reddito annuo superiore al livello minimo per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria qualora siano in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno; b) dei cittadini comunitari alla dimostrazione del possesso di un reddito superiore alla soglia di esenzione alla compartecipazione sanitaria senza tener conto della situazione personale dell’interessato, ed all’accertamento da parte del comune della veridicità di quanto dichiarato (salvo la successiva cancellazione in caso di falsità) e della liceità delle fonti di ricchezza dichiarate; c) dei familiari extracomunitari di cittadini comunitari alla presentazione della carta di soggiorno di cui all’art. 10 del D.Lgs n. 30 del 2007.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente.
P.Q.M.

Il Tribunale definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato nei limiti di cui in motivazione. Condanna il Comune di Brugherio al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 5.000,00 oltre IVA, c.p.a. e rimborso CU.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *