T.A.R. Lombardia Milano Sez. III, Sent., 13-05-2011, n. 1239 Provvedimenti contingibili ed urgenti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ordinanza pubblicata in data 7/12/2007 il Sindaco del Comune di Seregno, richiamata la vigente normativa in materia di iscrizione anagrafica degli stranieri extracomunitari e comunitari, preso atto che a seguito della entrata in vigore della nuova disciplina generale in ordine ai diritti di libera circolazione e soggiorno dei cittadini dell’Unione Europea e dei loro familiari si è verificato un fenomeno di esponenziale incremento delle richieste di iscrizione che, se non adeguatamente regolamentato, potrebbe assurgere a vera e propria emergenza sotto il profilo della salvaguardia della igiene e sanità pubblica, posto che, assai spesso, gli alloggi destinati ad ospitare i nuovi residenti versano in condizioni di degrado incompatibili con il requisito della abitabilità, palesando gravi carenze in ordine alla sussistenza dei requisiti minimi di salubrità previsti dalla legislazione vigente; considerato che tale situazione mette altresì a repentaglio l’incolumità, l’ordine e la sicurezza pubblica intesa nella sua più ampia accezione, ha ritenuto di adottare adeguate misure di carattere preventivo volte ad accertare la sussistenza delle condizioni igienico sanitarie minime poste a garanzia della abitabilità degli alloggi nell’ambito dei procedimenti connessi alla richiesta di iscrizione anagrafica in applicazione del D.P.R. 223 del 1989 e della normativa nazionale di recepimento della Direttiva CE 38/04.

Avverso il predetto atto sono insorte la CGIL di Monza Brianza, la UST CISL della Brianza, la CSP UIL della Brianza e il Sig. Renato Cesana in proprio.

Ritenendo le prime che la disciplina dell’iscrizione anagrafica adottata dal Sindaco del Comune di Seregno contrasti con le rispettive finalità statutarie in quanto discriminatoria e ritenendo il Sig. Cesana che la medesima disciplina impedisca o renda più difficoltosa l’assunzione di una badante straniera che provveda alle esigenze della moglie, tutti i suddetti ricorrenti hanno censurato il provvedimento impugnato sulla base dei seguenti

MOTIVI

1) Violazione e falsa applicazione dei principi dell’ordinamento con particolare riguardo alla L. 1228/54, al D.P.R. 223/89, al D.Lgs 286/98 ed al D.Lgs 30/07; carenza, insufficienza, erroneità, illogicità della motivazione. Irragionevolezza, disparità di trattamento. Sviamento di potere.

L’ordinanza del Sindaco del Comune di Seregno è illegittima laddove impedisce l’iscrizione anagrafica a tutti gli stranieri extracomunitari privi di carta di soggiorno (e cioè che non siano in possesso dello status di soggiornanti di lungo periodo ai sensi della normativa CE).

La predetta ordinanza è altresì illegittima laddove subordina l’iscrizione anagrafica di talune categorie di cittadini stranieri ad adempimenti ed oneri probatori non previsti dalla vigente normativa. La censura si appunta, in particolare, sulle parti del provvedimento impugnato che prevedono: a) che lo straniero extracomunitario il quale abbia richiesto e non ancora ottenuto la carta di soggiorno debba dimostrare all’ufficiale di anagrafe di avere un’idonea sistemazione alloggiativa ed un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria; b) che per concedere l’iscrizione anagrafica al cittadino comunitario il comune si riservi di verificare se egli risulti in possesso di un reddito minimo pari a quello previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria individuando la provenienza e la liceità della relativa fonte; c) che i familiari extracomunitari di cittadini comunitari non possano essere iscritti nei registri anagrafici fino a quando non presentino la "carta di soggiorno per familiari" di cui all’art. 10 del D.Lgs 30 del 2007.

2) Violazione degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267 del 2000 in relazione alla L. 1228/54 ed al D.P.R. 223/89; difetto dei presupposti, carenza, insufficienza, erroneità, illogicità della motivazione; sviamento di potere.

L’atto impugnato è illegittimo in quanto contiene una disciplina dell’anagrafe destinata a durare nel tempo, non essendo in esso previsto un termine di vigenza correlato con un specifica e contingente situazione di emergenza puntualmente identificata.

3) Violazione degli artt. 7, 42, 48, 50 e 54 del D.lgs. n. 267 del 2000. Incompetenza. Eccesso e sviamento di potere.

L’atto impugnato ha natura regolamentare e, come tale, avrebbe potuto essere emesso soltanto dal Consiglio comunale o dalla Giunta, ma non dal Sindaco.

Il provvedimento impugnato è stato sospeso cautelarmente da questo TAR con ordinanza del 8 maggio 2008.

Nelle more della decisione sul merito del ricorso il Sindaco del Comune di Seregno ha, tuttavia emanato una nuova ordinanza (n. 226 del 12/10/2010) destinata a "sostituire" la precedente.

Secondo il Sindaco del Comune di Seregno il potere di emettere provvedimenti finalizzati a disciplinare le iscrizioni anagrafiche dei cittadini stranieri, oltre che dalle norme già citate nella precedente ordinanza, potrebbe ora fondarsi anche sul D.L. 92/08 convertito in legge 125/08 e sul relativo regolamento ministeriale di attuazione del 5/08/2008 che hanno ampliato l’ambito dei poteri di ordinanza sindacale prevedendo che il Capo dell’Amministrazione comunale, nella sua qualità di Ufficiale di governo, possa emanare provvedimenti anche di carattere non contingibile ed urgente al fine di prevenire gravi pericoli che minacciano l’incolumità e la sicurezza pubblica intesa come bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la vita civile nell’ambito delle comunità locali, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale.

Rilevanti ai fini dell’esercizio di un potere di ordinanza in materia di anagrafe sarebbero inoltre: il comma 5 bis dell’art. 54 del D.Lgs 267/00 secondo cui il Sindaco segnala alle competenti autorità giudiziarie o di pubblica sicurezza la condizione irregolare dello straniero o del cittadino appartenente ad uno Stato membro dell’Unione Europea, per la eventuale adozione di provvedimenti di espulsione o allontanamento dal territorio dello Stato, nonché l’art. 1 comma 18 della L. 94/2009 nella parte in cui dispone che l’iscrizione e la richiesta di variazione anagrafica possono dar luogo a verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza.

La nuova ordinanza sindacale modifica sotto alcuni profili quella precedente.

In particolare, ai fini della iscrizione nei registri anagrafici del cittadino extracomunitario non viene ora ritenuto sufficiente il permesso di soggiorno, con la precisazione, tuttavia che, gli stranieri in attesa di rilascio o di rinnovo di tale permesso debbono dimostrare di possedere un reddito superiore a quello previsto per l’esenzione dalla spesa sanitaria. Inoltre i cittadini extracomunitari al fine di ottenere la residenza nel Comune di Seregno debbono altresì dare la dimostrazione della idoneità della sistemazione alloggiativa ai sensi dell’art. 1 comma 2 della L. 1228/54 come modificato dall’art. 1 comma 18 della L. 94/09.

La predetta ordinanza è stata impugnata con ricorso per motivi aggiunti.

I ricorrenti contestano, in particolare, che il Comune, in assenza di una corrispondente previsione legislativa, possa attribuirsi il potere di compiere indagini e verifiche in ordine alle autocertificazioni rese dai cittadini comunitari in merito al possesso di risorse reddituali superiori alla soglia di esenzione dalla spesa sanitaria. Un siffatto potere si pone anche in contrasto con la direttiva 38/2004 che disciplina il diritto di libera circolazione dei cittadini comunitari ostacolandone l’esercizio.

L’ordinanza sindacale è altresì illegittima nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica dei cittadini comunitari alla dimostrazione del possesso di tetti reddituali minimi in quanto ciò contrasta con l’art. 8 comma 4 della Direttiva 38/04 in base al quale gli stati membri devono astenersi dal fissare l’importo preciso delle risorse che considerano sufficienti ma devono tener conto della situazione personale dell’interessato.

Altro punto censurato dell’ordinanza impugnata è quello in cui essa prevede che il Comune possa compiere accertamenti e verifiche nel caso in cui la condizione di familiare avente cittadinanza UE del cittadino UE sia stata comprovata mediante dichiarazione sostitutiva ex art. 46 del D.P.R. 445/2000.

Il provvedimento del Sindaco del Comune di Seregno è altresì illegittimo nella parte in cui subordina l’iscrizione anagrafica del familiare extracomunitario del cittadino UE alla presentazione della carta di soggiorno di cui all’art. 10 del D.Lgs 30/2007, impedendo così ai soggetti che non abbiano ancora ottenuto dalla Questura tale documento di poter fissare la propria residenza insieme ai propri familiari.

L’ordinanza impugnata è poi illegittima nella parte in cui prevede che il cittadino extracomunitario in attesa del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno per essere iscritto nei registri anagrafici del Comune di Seregno debba dimostrare di possedere un reddito annuo superiore alla soglia minima per l’esenzione dalla contribuzione alla spesa sanitaria e di poter godere di un’idonea sistemazione alloggiativa.

Sempre con il ricorso per motivi aggiunti i ricorrenti deducono che il potere esercitato dal Sindaco del Comune di Seregno non potrebbe trovare fondamento nelle norme del D.L. 92/08 convertito in L. 125/08 in quanto la predetta legge non ha inteso attribuire ai sindaci un potere di ordinanza svincolato dai requisiti della contingibilità e della urgenza, ma solo includere fra le materie in cui i sindaci possono intervenire quella della sicurezza urbana la cui nozione non è distinta dalla sicurezza pubblica intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati. In caso contrario i predetti interventi normativi dovrebbero considerarsi incostituzionali non essendo compatibile con la costituzione un potere di ordinanza non ancorato ai requisiti della contingibilità e dell’urgenza.

Si è costituito il Comune di Seregno per resistere al ricorso.

All’udienza del 2 marzo 2011, sentiti gli avvocati delle parti come da separato verbale, relatore Dr. Raffaello Gisondi, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1. L’Amministrazione resistente ha dedotto l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione e per difetto di legittimazione attiva delle associazioni sindacali che lo hanno promosso.

Sotto il primo profilo essa afferma che le controversie concernenti i registri anagrafici della popolazione residente coinvolgono situazioni di diritto soggettivo attesa la natura vincolata dell’attività amministrativa, con la conseguenza che la loro cognizione è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario.

Ciò è senza dubbio vero con riguardo ai singoli atti o provvedimenti con cui il comune neghi l’iscrizione nei registri anagrafici o ometta di pronunciarsi su una corrispondente istanza.

Nel caso di specie, tuttavia, siamo di fronte ad un fenomeno diverso.

Il Comune di Seregno, infatti, ha inteso esercitare un potere di ordinanza, o, in ogni caso, una potestà normativa finalizzata a governare, attraverso apposite disposizioni concernenti i servizi anagrafici, un asserito fenomeno migratorio suscettibile di minare l’igiene, l’incolumità e la sicurezza pubblica.

Le posizioni soggettive che stanno a fronte del predetto potere hanno, quindi, natura di interesse legittimo in quanto, come testimonia il contenuto delle ordinanze impugnate, esso non ha natura vincolata ma è il frutto di scelte discrezionali che, come meglio si dirà innovano sotto plurimi aspetti sostanziali e procedurali la vigente disciplina legislativa in materia di iscrizioni anagrafiche.

2. Il Comune di Seregno afferma, inoltre, che le associazioni ricorrenti difetterebbero di legittimazione ed interesse a ricorrere.

Le missioni statutarie da esse invocate per radicare la loro legittimazione ad agire abbraccerebbero molteplici temi, come l’equa distribuzione del benessere, la tutela della salute, la giustizia sociale e la coesione internazionale, che nulla hanno a che vedere con l’interesse di categoria dei loro associati. E, in ogni caso, gli interessi specifici dei lavoratori non sarebbero in alcun modo messi in discussione dalle ordinanze impugnate che riguardano profili del tutto diversi della vita sociale.

L’eccezione è infondata.

E’ vero che la legittimazione attiva degli organismi esponenziali di determinate categorie economicoproduttive è configurabile nella sola ipotesi in cui gli stessi agiscono a tutela di quegli interessi di categoria la cui protezione costituisce fine istituzionale delle associazioni stesse, senza che a tal fine possa valere il riferimento (nello statuto) ad un’esigenza di tutela di interessi di portata generale (T.A.R. Liguria Genova sez. I 03 febbraio 2003 n. 129).

Ed è vero altresì che l’astratta legittimazione delle associazioni di categoria a tutelare interessi collettivi orbitanti nelle materie di competenza deve essere verificata alla luce dei provvedimenti effettivamente impugnati e della loro concreta attitudine a ledere, in rapporto di diretta congruità, gli interessi medesimi (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 06 settembre 2005, n. 6582).

Tuttavia, nel caso di specie, non può ritenersi che i provvedimenti impugnati non dispieghino alcuna efficacia lesiva sugli interessi della categoria sociale dei lavoratori che è statutariamente e storicamente rappresentata dalle tre organizzazioni sindacali ricorrenti.

La residenza anagrafica (oltre a configurarsi, in sé come diritto soggettivo perfetto) costituisce, infatti, un attributo strettamente connesso con la personalità giuridica dell’individuo che, fra le sue varie funzioni, ha anche quella di consentire l’instaurarsi di rapporti giuridicoamministrativi con la pubblica amministrazione e con i privati e, quindi, anche di rapporti di lavoro.

Ben difficilmente un soggetto senza fissa dimora o, comunque, privo di iscrizione anagrafica in un determinato comune, può regolarizzare la sua posizione burocraticoamministrativa nei confronti di qualsivoglia Albo Professionale o datore di lavoro privato o pubblico (è appena il caso di osservare che la dichiarazione relativa alla residenza anagrafica è prevista da qualunque bando di concorso e che, ai sensi dell’art. 12 del D.P.R. n. 3 del 1957 l’impiegato ha l’obbligo di risiedere nel luogo ove presta servizio). Senza contare che la residenza costituisce un requisito indispensabile per instaurare regolari rapporti fra il lavoratore, il fisco e gli enti previdenziali, sia pur attraverso la mediazione del datore di lavoro.

Di qui il fondamento della legittimazione delle associazioni sindacali ricorrenti, non potendosi dubitare del fatto che, nell’ambito della categoria da esse rappresentata rientrino non solo coloro che già siano titolari di un rapporto di lavoro, ma anche i soggetti che ne sono alla ricerca.

3. L’Amministrazione deduce ancora il difetto di interesse a ricorrere sotto il profilo della mancanza di concretezza della lesione, non essendo ancora intervenuti provvedimenti applicativi della disciplina posta con le ordinanze impugnate.

L’eccezione è infondata

Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale devono ritenersi immediatamente impugnabili gli atti regolamentari dotati di immediata efficacia precettiva nei confronti dei loro destinatari (cfr. C.S., sez. IV, dec. 14 gennaio 1999 n. 33; sez. V, dec. 13 marzo 2001 n. 1437, Consiglio di stato, sez. V, 07 ottobre 2009, n. 6132).

Nel caso di specie, le ordinanze impugnate, per la precisione dei requisiti e dei documenti richiesti ai fini dell’iscrizione anagrafica, appaiono immediatamente precettive e sono, pertanto, immediatamente lesive della posizione dei lavoratori stranieri che intendano richiedere la residenza nel Comune di Seregno. L’effettiva lesività della disciplina da esse introdotta non può, infatti, misurarsi solo in relazione alla emanazione di provvedimenti attuativi, ben potendo esplicarsi anche nei confronti di quei soggetti che, una volta appresone il contenuto, desistano dal richiedere formalmente l’iscrizione anagrafica in ragione dei più restrittivi requisiti o degli appesantimenti burocratici imposti dal Comune.

4. L’Amministrazione Comunale di Seregno deduce ancora la carenza di interesse al ricorso per quei profili delle ordinanze impugnate che riproducono la circolare ministeriale n. 19 del 2007.

Anche tale eccezione è priva di pregio in quanto la circolare, per sua stessa natura, non costituisce atto presupposto la cui mancata impugnazione può determinare preclusioni a valle impedendo la contestazione giudiziale dell’atto che ne abbia fatto applicazione.

5. L’eccezione di difetto di legittimazione appare, invece, fondata con riferimento alla posizione del Sig. Renato Cesana.

Questi afferma di essere stato ostacolato dalla prima delle ordinanze impugnate nelle pratiche relative alla iscrizione anagrafica di una lavoratrice straniera che egli intendeva assumere come badante; e ciò perché il Comune di Seregno avrebbe chiesto informazioni e documenti esorbitanti e sproporzionati per il rilascio del certificato di idoneità alloggiativa.

Tuttavia, la necessità di richiedere il predetto certificato ai fini dell’assunzione del lavoratore straniero non rimonta all’ordinanza impugnata ma è previsto dal modulo predisposto dal Ministero del Lavoro (allegato n. 25) in attuazione dell’art. 5 bis del D.Lgs 286 del 1998 laddove si chiede che il datore di lavoro dichiari, sotto la propria responsabilità, di assicurare che l’alloggio, disponibile da parte del lavoratore immigrato, sia conforme ai parametri previsti dalla legislazione regionale in materia di edilizia residenziale pubblica e si impegni a produrre, a richiesta dell’Ufficio Territoriale del Governo, il certificato di idoneità dell’alloggio o la richiesta di rilascio del certificato di idoneità dell’alloggio presentata al competente Ufficio tecnico comunale o all’ASL.

6. Il Comune di Seregno contesta, infine, la sussistenza di un rapporto di connessione fra l’ordinanza sindacale impugnata con il ricorso principale e quella successiva impugnata con i motivi aggiunti che non potrebbero valere come ricorso autonomo in quanto notificati esclusivamente al procuratore costituito.

Anche tale rilevo non merita accoglimento in quanto ai fini della sussistenza del rapporto di connessione fra l’atto impugnato con motivi aggiunti e quello oggetto del ricorso principale, è sufficiente che il primo costituisca un "episodio della medesima lesione nei confronti dell’interesse della parte" (T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 07 aprile 2008 n. 2877); cosa che, indubbiamente avviene nel caso di specie nel quale l’ordinanza del 12/10/2010 reitera le medesime prescrizioni restrittive del diritto all’iscrizione anagrafica degli stranieri che erano già contenute nel precedente provvedimento del 12/12/2007.

7. Nel merito il ricorso è parzialmente fondato.

Occorre preliminarmente osservare che i Comuni non sono titolari di ordinaria potestà regolamentare o, comunque, normativa, né per quanto riguarda la disciplina della condizione giuridica dello straniero né per quanto riguarda quella del servizio anagrafico.

La condizione giuridica dello straniero, infatti, rimane in linea di principio sottratta alle determinazioni della pubblica amministrazione essendo soggetta ad una riserva di legge tendenzialmente assoluta ( art. 10 Cost.), almeno per i profili sostanziali che riguardano l’esercizio delle libertà fondamentali.

L’art. 117 Cost. attribuisce le materie dell’immigrazione e della cittadinanza alla potestà legislativa esclusiva dello Stato.

Allo Stato sono altresì attribuite le funzioni amministrative concernenti l’ingresso ed il soggiorno dello straniero extracomunitario (D.Lgs 286 del 1998). In tali materie, pertanto, in base al disposto dell’art. 117 comma 6° Cost., i comuni non possono esercitare alcuna potestà regolamentare.

La normativa interna che ha recepito la direttiva CE relativa al diritto di soggiorno e circolazione dei cittadini comunitari e dei loro familiari fa coincidere l’"iscrizione presso le autorità competenti" prevista dall’art. 8 della direttiva medesima con l’iscrizione nei registri anagrafici disciplinata dalla L. 1128 del 1954 e dal relativo regolamento di attuazione approvato con D.P.R. n. 223 del 1989.

In conseguenza di ciò l’iscrizione nei predetti registri dei cittadini UE e dei loro familiari viene subordinata al possesso di requisiti ulteriori rispetto allo stabilimento della dimora abituale nel comune ove essa viene richiesta.

Ciò non significa, tuttavia, che i comuni abbiano acquisito una potestà normativa che li abiliti a disciplinare sul piano sostanziale o su quello procedurale la registrazione negli elenchi anagrafici dei cittadini comunitari.

L’anagrafe è, infatti, un servizio di competenza statale che non rientra nelle attribuzioni delle amministrazioni locali, le quali ne hanno unicamente la gestione.

A tal fine occorre ricordare che ai sensi dell’art. 117 Cost. la competenza a legiferare nella predetta materia è attribuita in via esclusiva allo Stato; allo Stato compete altresì, in base al decreto legislativo 30.7.1999 n. 300, la funzione di vigilanza e di indirizzo sullo svolgimento del servizio, mentre la tenuta dei registri anagrafici è attribuita al Sindaco nella sua veste di Ufficiale del Governo (art. 14 decreto legislativo 267/2000)

Sicchè, anche ai fini della iscrizione dei cittadini stranieri appartenenti alla UE, il Sindaco deve limitarsi a fare applicazione delle norme esistenti senza poter in alcun modo innovare né gli aspetti sostanziali né quelli procedurali.

8. I provvedimenti impugnati, tuttavia, invocano a proprio fondamento anche il potere di ordinanza attribuito ai Sindaci dagli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267/00.

Sul presupposto che l’apertura delle frontiere italiane ai cittadini UE ed extracomunitari starebbe determinando incontrollati flussi migratori suscettibili di mettere in pericolo l’igiene e la sicurezza pubblica, il Sindaco del Comune di Seregno ha ritenuto di poter istituire forme di controllo di tale fenomeno attraverso l’emanazione di ordinanze che assicurino l’idoneità igienica ed abitativa delle unità in cui i cittadini stranieri intendono stabilire la propria dimora abituale e verificando, in taluni casi, la sussistenza dei requisiti reddituali prescritti dalla disciplina nazionale ai fini della regolarità del loro soggiorno nel territorio italiano.

L’emanazione dei predetti atti è stata tuttavia effettuata in difetto dei presupposti che legittimano l’esercizio del potere di ordinanza a livello comunale.

Infatti, il potere di ordinanza previsto dalle citate norme è volto a fronteggiare situazioni di pericolo per l’igiene, l’incolumità o la sicurezza pubblica che si manifestino a livello locale (art. 50 D.Lgs 267/2000 art. 1 DM 5/08/2008). Il Sindaco, pertanto, non ha la possibilità di dettare una disciplina particolare in relazione a fenomeni che interessino in ugual misura l’intero territorio nazionale o alcune zone dello stesso, come è, appunto, quello della immigrazione.

Questo è, invece, quanto dispongono le ordinanze impugnate, le quali, al di là del generico riferimento ai pericoli connessi ai flussi migratori da paesi extracomunitari e comunitari, non specificano quali siano le peculiari situazioni di emergenza che tali eventi hanno determinato a livello locale, né individuano un limite temporale alla disciplina da esse introdotta che non appare, quindi, temporalmente correlata ad una specifica fonte di pericolo.

9. Nell’ordinanza dell’ottobre 2010, impugnata con i motivi aggiunti, la legittimazione del potere esercitato viene individuata nell’esigenza di tutelare la sicurezza urbana definita nei termini di cui all’art. 1 del DM 5/08/2008 come bene proprio delle comunità locali da proteggere attraverso azioni poste a difesa del rispetto delle norme che regolano la vita civile, la convivenza e la coesione sociale nei centri urbani.

Tuttavia, anche a prescindere dalla natura amministrativa del decreto invocato quale fonte del potere, nemmeno il riferimento alla nozione di sicurezza urbana vale a dare fondamento al tipo di provvedimento emanato dal Sindaco del Comune di Seregno.

Infatti, in conformità alla giurisprudenza di questo Tribunale, deve ribadirsi che, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle richiamate disposizioni, il concetto di "sicurezza urbana" di cui all’art. 54 co. 4 T.U.E.L. ed al D.M. 5 agosto 2008 deve farsi coincidere con la "sicurezza pubblica", vale a dire con l’attività di prevenzione dei fenomeni criminosi che minacciano i beni fondamentali dei cittadini (Corte Cost. 1 luglio 2009 n. 196), e non può, quindi, essere estesa fino a comprendere quegli strumenti volti all’eliminazione dei fenomeni di degrado che possono affliggere i centri urbani senza essere necessariamente correlati con esigenze di repressione della criminalità: con la conseguenza che il potere di ordinanza disciplinato dalla disposizione citata può essere esercitato a condizione che la violazione delle norme che tutelano la convivenza civile non assuma rilevanza solo in sé considerata, ma costituisca la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità capaci di minare la sicurezza pubblica (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. III, 6 aprile 2010, n. 981, in termini TAR Toscana, Sez. II, 5 gennaio 2011 n. 22).

L’ordinanza del 12 ottobre 2010 nulla dice a proposito del collegamento fra i paventati fenomeni migratori e l’esigenza di prevenire (concreti e specifici) fenomeni criminosi a livello locale, né illustra come l’introdotta disciplina delle iscrizioni anagrafiche potrebbe contrastare i suddetti (ipotetici) fenomeni. Essa, pertanto non può trovare fondamento nemmeno nelle previsioni del nuovo art. 54 del D.Lgs 267 del 2000 e del D.M. 5/08/2008.

10. Nelle memorie dell’amministrazione resistente si afferma che, in realtà, i provvedimenti impugnati non costituirebbero né atti normativi né ordinanze sindacali ai sensi degli artt. 50 e 54 del D.Lgs 267/00. Si tratterebbe invece di atti interni di indirizzo rivolti dal Sindaco agli uffici al fine di garantire una migliore applicazione delle leggi vigenti anche alla luce delle circolari ministeriali emanate in materia.

Tale prospettiva, che implica una sostanziale reinterpretazione in chiave riduttiva e conservativa del potere esercitato, può essere accolta, ma non vale a salvare l’intero contenuto delle ordinanze impugnate le quali devono essere dichiarate illegittime nella parte in cui "innovano" la disciplina dell’iscrizione anagrafica rispetto alle vigenti norme nazionali e comunitarie.

10.1 In particolare, le ordinanze impugnate presentano plurimi profili di illegittimità laddove disciplinano la registrazione del luogo di residenza dei cittadini extracomunitari.

L’ordinanza n. 563 del 2007 prevedeva addirittura che potessero chiedere la residenza nel Comune di Seregno solo gli stranieri in possesso dell’attestato di soggiornanti di lungo periodo ("carta di soggiorno"), violando, così, palesemente il disposto dell’art. 6 comma 7 del D.Lgs 286 del 1998 secondo il quale le iscrizioni e le variazioni anagrafiche dello straniero regolarmente soggiornante (e, quindi, in possesso del solo permesso di soggiorno), sono effettuate alle medesime condizioni dei cittadini italiani.

Ma anche la nuova ordinanza del 12 ottobre 2010, pur avendo eliminato la suddetta previsione, subordina l’iscrizione nei registri anagrafici a requisiti ed oneri probatori non previsti dalla disciplina nazionale.

Si chiede, infatti, allo straniero che voglia stabilire la propria residenza nel Comune di Seregno di produrre documentazione attestante la disponibilità di un alloggio idoneo e la disponibilità di un reddito annuo di importo superiore al tetto di esenzione dalla spesa sanitaria qualora abbia richiesto ma non ancora ottenuto il permesso di soggiorno.

Tale documentazione, anche se necessaria al fine di perfezionare il procedimento di rilascio del permesso di soggiorno, non può tuttavia condizionare la registrazione anagrafica che, ai sensi del citato art. 6 comma 7 del D.Lgs 268 del 1998 deve essere effettuata alle medesime condizioni dei cittadini italiani qualora a richiederla sia uno straniero "regolarmente soggiornante". Tale deve considerarsi sia il cittadino che abbia già ottenuto il rinnovo del permesso di soggiorno sia quello che lo abbia richiesto. Quindi, il Comune non può subordinare la registrazione della residenza a requisiti ulteriori rispetto alla prova della stabile dimora ed alla regolarità del soggiorno intesa nei termini suddetti.

In senso contrario non può invocarsi l’art. 1 comma 2 della L. 1228 del 1954 (modificato dall’art. 1 comma 18 della L. 94/2009) in base al quale l’iscrizione e la richiesta di variazione possono dar luogo alla verifica da parte dei competenti uffici comunali delle condizioni igienico sanitarie dell’immobile in cui il richiedente intende fissare la propria dimora abituale.

A parte il fatto che la regolarità sotto il profilo igienico sanitario è cosa diversa dalla idoneità alloggiativa (che tiene conto non solo delle condizioni di salubrità dell’appartamento ma anche della superficie minima per abitante), appare dirimente la considerazione che la suddetta norma non condiziona l’iscrizione anagrafica alla prova della regolarità igienico sanitaria dell’alloggio da parte del richiedente ma stabilisce solo che il procedimento volto alla attribuzione della residenza può costituire l’occasione per una verifica igienico sanitaria del luogo di stabile dimora da parte dei competenti uffici comunali ai fini della adozione di provvedimenti che riguardano l’immobile (sgombero, sanzioni per la mancanza del certificato di abitabilità etc.) e non la persona che intende risiedervi.

10.2 Per quanto riguarda, invece, la prova relativa al possesso del reddito superiore a quello minimo in pendenza del procedimento di rinnovo del permesso di soggiorno, tale onere non può giustificarsi in relazione al potere di segnalazione della condizione di irregolarità in cui versa lo straniero previsto dal comma 5 bis dell’art. 54 del D.Lgs 267/00 in quanto tale norma non abilita certo il Sindaco ad imporre agli stranieri che chiedano iscrizioni o autorizzazioni di competenza del Comune di comprovare i requisiti previsti dalla legge per il rilascio del permesso di soggiorno, sostituendosi così alla competente autorità di PS.

10.3 Le ordinanze impugnate presentano profili di illegittimità anche per quanto riguarda i requisiti chiesti per l’iscrizione anagrafica dei cittadini UE.

Esse, in particolare, si discostano dalla direttiva CE n. 38/04 nella parte in cui subordinano l’iscrizione anagrafica alla produzione di un atto notorio che attesti il possesso di un reddito superiore alla soglia per l’esenzione dalla spesa sanitaria.

Sul punto il Collegio deve dare atto che i provvedimenti impugnati si conformano a quanto previsto dalla circolare del Ministero dell’Interno n. 19 del 2007 e sembrano altresì fondarsi sul disposto dell’art. 9 comma 3 lett. b) D.Lgs 30del 2007 a mente del quale il cittadino UE che si trovi per più di tre mesi in Italia per motivi diversi da quelli di studio o di lavoro, al fine di ottenere l’iscrizione anagrafica deve dimostrare di possedere la disponibilità di risorse economiche sufficienti per sè e per i propri familiari, secondo i criteri di cui all’articolo 29, comma 3, lettera b), del testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.

Tuttavia, la citata disposizione del D.Lgs n. 30 del 2007 deve essere integrata con quanto prevede la direttiva n. 38/04 CE a proposito dei requisiti che deve possedere il cittadino UE che voglia soggiornare per più i tre mesi in uno stato diverso da quello di appartenenza.

L’art. 7 comma1 lett. b) prevede in proposito che il cittadino UE che intenda soggiornare per motivi diversi da quelli di lavoro o studio debba dimostrare di disporre per se stesso ed i propri familiari di risorse economiche sufficienti affinchè non divenga un onere a carico dell’assistenza sociale dello stato ospitante.

L’art. 8 comma 4 della medesima direttiva prevede, tuttavia, che, nell’individuare i parametri di sufficienza delle risorse economiche gli stati membri devono astenersi dal fissare un importo preciso e devono tener conto della situazione personale dell’interessato.

La norma citata si correla a quanto affermato nel 16° considerando della direttiva secondo cui i beneficiari del diritto di soggiorno non dovrebbero essere allontanati finchè non diventino un onere eccessivo per il sistema di assistenza sociale dello Stato ospitante e tale situazione non può automaticamente desumersi dal fatto che il cittadino UE abbia fatto ricorso per qualche tempo al sistema di assistenza sociale, dovendo lo stato ospitante verificare se si tratta di una difficoltà temporanea o definitiva, tenendo conto della durata del soggiorno, della situazione personale dell’interessato e dell’ammontare dell’aiuto concesso.

E’ vero che le linee guida emanate per l’applicazione della predetta direttiva hanno stabilito che il primo passo per accertare se un cittadino dell’Unione disponga di risorse sufficienti per sé ed i propri familiari può consistere nel verificare se egli soddisfa i criteri nazionali per la concessione di un sussidio sociale minimo; ma ciò significa solo che coloro che dispongono di un reddito superiore al minimo sociale debbono essere per ciò solo considerati in possesso dei requisiti di soggiorno previsti dalla direttiva CE 34/08, ma non anche che i cittadini UE che non raggiungano tale soglia devono automaticamente esserne ritenuti privi con conseguente difetto del diritto di soggiorno.

Ne deriva che anche la normativa nazionale, se interpretata conformemente alla direttiva di riferimento, non può precludere l’iscrizione anagrafica ai cittadini comunitari che soggiornino per motivi diversi da quelli di studio o di lavoro per il solo fatto che essi non possano dimostrare di possedere un reddito superiore alla soglia di esenzione dalla contribuzione per la spesa sanitaria.

Anche le ordinanze impugnate vanno, pertanto, dichiarate illegittime nella parte in cui ancorano la autosufficienza economica ad una verifica meramente reddituale.

10.4 Non si può, invece, ritenere preclusa agli uffici comunali la verifica delle circostanze dichiarate dai cittadini stranieri al fine di dimostrare il possesso dei requisiti necessari per ottenere la registrazione della propria residenza, essendo tale facoltà non solo consentita dalla disciplina comunitaria ma anche espressamente prevista dall’art. 71 del D.P.R. 445 del 2000. Tali verifiche non possono tuttavia trasformarsi in discriminatorie ragioni di ritardo nella iscrizione anagrafica dei cittadini stranieri, per cui gli uffici sono tenuti ad accettare per vere le dichiarazioni di atto di notorietà ed iscrivere, sussistendone i requisiti, coloro che le hanno rese, salvo poi procedere alla cancellazione in caso di riscontro negativo della loro veridicità.

10.5 Le ordinanze impugnate sono altresì illegittime nella parte in cui subordinano la registrazione anagrafica dei familiari extracomunitari di cittadini comunitari al rilascio da parte della questura della speciale carta di soggiorno prevista dall’art. 10 del D.Lgs n. 30 del 2007.

Infatti, ai sensi dell’art. 9 comma 5 del predetto decreto, ai fini dell’iscrizione anagrafica, oltre a quanto previsto per i cittadini italiani, i familiari del cittadino dell’Unione europea che non hanno un autonomo diritto di soggiorno sono tenuti a presentare solo un documento di identificazione, un documento che attesti la qualità di familiare di un cittadino comunitario e l’attestato della richiesta d’iscrizione anagrafica del familiare cittadino dell’Unione.

La carta di soggiorno non costituisce, quindi, ai sensi della cennata disposizione un documento necessario per ottenere l’iscrizione anagrafica, avendo il legislatore ritenuto che, in tal caso, il familiare del cittadino comunitario avente titolo autonomo al soggiorno possa comprovare direttamente tale qualità all’Ufficiale dell’anagrafe.

In conclusione le ordinanze impugnate devono essere annullate nella parte in cui subordinano l’iscrizione anagrafica: a) dei cittadini extracomunitari alla esibizione della carta di soggiorno, alla dimostrazione della idoneità della situazione alloggiativa, alla dimostrazione del possesso di un reddito annuo superiore al livello minimo per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria qualora siano in attesa di rinnovo del permesso di soggiorno; b) dei cittadini comunitari alla dimostrazione del possesso di un reddito superiore alla soglia di esenzione alla compartecipazione sanitaria; c) dei familiari extracomunitari di cittadini comunitari alla presentazione della carta di soggiorno di cui all’art. 10 del D.Lgs n. 30 del 2007.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Resta fermo l’onere di cui all’art. 13 D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo integrato dal comma 6 bis dell’art. 21 del decretolegge n. 223 del 2006, come modificato dalla legge di conversione n. 248 del 2006, a carico della parte soccombente..
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente e per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati nei limiti di cui in motivazione.

Condanna il Comune di Seregno al pagamento delle spese di lite che liquida in Euro 7.000,00 oltre IVA, c.p.a. e rimborso CU.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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