Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 26-01-2011) 12-05-2011, n. 18641 Misure cautelari

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso l’ordinanza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi dell’art. 309 c.p.p., che ha confermato l’ordinanza applicativa della misura custodiate degli arresti domiciliari del GIP del Tribunale di Crotone in sostituzione dell’ordinanza di analoga natura del GIP di Cosenza che si era dichiarato incompetente rispetto allo specifico reato in relazione al reato di cui all’art. 640 bis c.p., ricorre la difesa dell’indagato, deducendo:

A) Il difetto di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza: in particolare la difesa lamenta che il Tribunale si è limitato a riproporre la motivazione del GIP di Crotone nè ha tenuto in considerazione le deduzioni della difesa che evidenziava come D.F.L. era stato socio ed amministratore della Sictec srl tra il 16.12.2005 ed il 31.07.2007, epoca in cui dimetteva la carica di socio e responsabile della società. Per contestare la motivazione del Tribunale del riesame il ricorrente enumera una serie di circostanze di fatto che non sono state valutate dal giudice di merito che renderebbero illogica la ricostruzione effettuata dallo stesso senza contare che l’obbligo di motivazione comporta che siano individuati tutti gli elementi di fatto che giustificano la misura.

B) Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 292 c.p.p. ed il difetto di motivazione: il Tribunale ha omesso di motivare, ai sensi dell’art. 274 c.p.p., lett. c, sulle specifiche esigenze cautelari inerenti alla persona del D.F. e non ha tenuto nella debita considerazione l’incensuratezza dell’indagato e il lungo periodo di tempo trascorso dal reato come specificamente prevede l’art. 292 c.p.p., lett. c, finendo per non giustificare adeguatamente l’esigenza di preservare la collettività da future ricadute nell’illecito.

C) Infine il Tribunale non ha motivato nè in ordine all’esigenza di evitare l’inquinamento probatorio nè da cosa derivi il giudizio di pericolosità sociale dell’indagato.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato e deve essere dichiarato inammissibile.

Il primo motivo di ricorso prospetta soltanto una alternativa ricostruzione dei fatti ascritti all’imputato senza riuscire ad individuare profili di contraddittorietà e illogicità della motivazione, che pure, secondo il ricorrente, viziano la motivazione, il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, perchè propone censure attinenti al merito della decisione impugnata. E’ stato però già deciso che nel momento del controllo di legittimità, la Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti nè deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Cass. Sez. 4A sent. n. 47891 del 28.09.2004 dep. 10.12.2004 rv 230568; Cass. Sez. 5A sent. n. 1004 del 30.11.1999 dep. 31.1.2000 rv 215745; Cass., Sez. 2A sent. n. 2436 del 21.12.1993 dep. 25.2.1994, rv 196955). Il motivo di ricorso è inammissibile anche per violazione dell’art. 591, lett. c) in relazione all’art. 581 c.p.p., lett. c), perchè le doglianze sono le stesse presentate al giudice di merito e, pertanto, sono prive del necessario contenuto di critica specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni da vizi logici o giuridici.

In ordine alle esigenze cautelari, con motivazione scevra da vizi rilevanti in questa sede il Tribunale ha dato conto del fatto che le esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p., lett. c), – possono essere correttamente dedotte anche dalle sole specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla personalità dell’agente, sicchè nessun profilo di illegittimità può fondatamente ravvisarsi nell’ordinanza impugnata laddove i giudici del riesame, hanno individuato, in concreto, il pericolo di recidivanza, ad onta della formale incensuratezza dell’indagato, nel fatto ch’egli risulta coinvolto in condotte illecite complesse, la cui realizzazione ha richiesto pervicacia nell’agire, continuatività e diffusività di contatti con imprenditori ed ha lasciato emergere assoluta indifferenza e spregio verso la res pubblica stilizzata e pagata ai propri fini personali, oltre alla grave alterazione della par conditio economica in danno di quelle imprese rispettose delle regole del gioco commerciale eventualmente estromesse dal mercato perchè non beneficiane di provvidenze pubbliche, e di tutto questo il Tribunale ha dato ampio riscontro in motivazione a pag. 4, sicchè il ricorso si appalesa decisamente privo di fondamento e deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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