T.A.R. Toscana Firenze Sez. III, Sent., 13-05-2011, n. 863 Carenza di interesse sopravvenuta

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente, in data 12/3/2008, ha presentato richiesta di concessione di area a terra onde svolgervi attività cantieristica navale, in quanto il titolo della precedente concessionaria (E.C. s.p.a.) era scaduto il 31/12/2007.

La Capitaneria di Porto, con atto dell’1/4/2008, ha comunicato la reiezione dell’istanza, sull’assunto che l’oggetto della stessa coincideva con la superficie già ceduta in concessione ad E.C. s.p.a..

Avverso il suddetto diniego ed il presupposto atto di rinnovo emesso a favore di quest’ultima la ricorrente è insorta con ricorso n.1041/2008, accolto dal TAR Toscana con sentenza n.3777/2008 (confermata dal Consiglio di Stato, sez.VI, 24/12/2009, n.8716).

Il Comune di Portoferraio, avendo assunto le competenze amministrative sui beni del demanio marittimo, in ottemperanza a tale pronuncia ha pubblicato all’albo comunale le concorrenti istanze di concessione dell’area a terra presentate da E. e da A..

Successivamente anche P.D. s.r.l. ha presentato domanda concessoria.

A., ad integrazione dell’istanza, ha chiesto l’anticipata occupazione ex art.38 del codice della navigazione, mentre E. ha chiesto di continuare l’occupazione ai sensi dell’art.10 del regolamento attuativo del codice della navigazione.

Il Comune, con deliberazione della giunta n.59 del 5/3/2009, ha impartito l’indirizzo affinchè l’eventuale concessione conferita avesse durata limitata a due anni e affinchè le aree demaniali marittime e i manufatti pertinenziali, nelle more del procedimento concorsuale, fossero disciplinate con titolo provvisorio ai sensi dell’art.10 del regolamento attuativo del codice della navigazione.

Avverso tale deliberazione la ricorrente è insorta deducendo:

1) violazione del precedente giudicato; violazione e falsa applicazione degli artt.37 del codice della navigazione e 18 del regolamento di esecuzione del codice stesso; violazione dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento, del principio del contraddittorio, di correttezza e buon andamento (art.97 della Costituzione); difetto di motivazione; violazione dell’art.10 della legge n.88/2001 e della deliberazione della giunta comunale n.43 del 6/3/2008; contraddittorietà dell’agire amministrativo; eccesso di potere per erroneità dei presupposti;

2) violazione dell’art.10 del regolamento attuativo del codice della navigazione; illegittimità per contrasto con il pubblico interesse; travisamento dei fatti ed illogicità dell’agire amministrativo; carenza di motivazione.

Il Comune di Portoferraio ha rilasciato ad E.C. s.p.a. in data 19/3/2009 le concessioni provvisorie n.5, 6, 7 e 8, consentendo alla stessa di mantenere il possesso delle aree già occupate in forza delle concessioni n.17/2003, 3/2002, 6/2002 e 4/2002 (scadute in data 31/12/2007).

Avverso i sopravvenuti titoli provvisori la ricorrente è insorta con motivi aggiunti, incentrati sulle seguenti censure:

1) illegittimità derivata;

2) in via subordinata, vizi propri degli atti oggetto dei motivi aggiunti: violazione dell’art.10 del regolamento attuativo del codice della navigazione; illegittimità per contrasto con il pubblico interesse; travisamento dei fatti ed illogicità dell’agire amministrativo; carenza di motivazione.

Successivamente, con atto del 27/4/2009, il responsabile comunale del Servizio demanio e patrimonio ha proposto sia la sospensione della procedura concorsuale per impossibilità di confrontare le concorrenti istanze, sia la richiesta alla Capitaneria di Porto e all’Agenzia del demanio di decisioni, a tutela della pubblica incolumità, sulla sorte dei capannoni ex Panariello ed ex Cantierino, sia la successiva conclusione del procedimento ai sensi dell’art.37, ultimo comma, del codice della navigazione.

La ricorrente ha impugnato tale determinazione con il secondo atto di motivi aggiunti, incentrato sulle seguenti doglianze:

1) violazione e falsa applicazione dell’art.37 del codice della navigazione; eccesso di potere per sviamento ed erroneità dei presupposti; illogicità; ingiustizia manifesta; violazione del principio del contraddittorio; contraddittorietà con precedenti provvedimenti amministrativi; travisamento dei fatti;

2) illegittimità derivata.

Con ordinanza n.874 del 16/11/2009 è stata accolta l’istanza cautelare introdotta con il ricorso principale e con le prime due impugnative per motivi aggiunti.

La Commissione di incameramento convocata dalla Capitaneria di Porto per il giorno 31/3/2009, ad esito di sopralluogo e verifica dei manufatti di cui alla concessione demaniale marittima n.3/2002 ("Il Cantierino"), non ha esercitato la facoltà di acquisire gli stessi, riscontrando la presenza di amianto nella copertura di un capannone.

La stessa Commissione, in data 11/11/2009, ha ritenuto che "allo stato attuale non sussistano le condizioni tecniche per procedere all’incameramento delle opere…" di cui alla suddetta concessione in quanto "la copertura del capannone è stata realizzata in lastre ondulate di cemento amianto (eternit) la cui rimozione -prevista secondo le norme vigenti- sarebbe molto onerosa per l’amministrazione finanziaria; trattasi nel complesso di manufatti che, pur considerati di difficile rimozione in virtù della loro tipologia costruttiva, si presentano in mediocre stato di manutenzione e conservazione; risultano -in base alla documentazione tecnica prodotta dal concessionario- non adeguate alle normative tecniche vigenti per le costruzioni in zona sismica".

Nel frattempo, con determinazione dirigenziale del 10/11/2009, il Comune ha dichiarato la preferenza per l’istanza della società E.C., disponendo la comunicazione ai sensi dell’art.10 bis della legge n.241/1990.

Avverso tale atto la ricorrente ha notificato il terzo atto di motivi aggiunti, deducendo:

1) illegittimità derivata dagli atti impugnati col ricorso introduttivo e con il primo e il secondo atto di motivi aggiunti;

2) violazione e falsa applicazione dell’art.37 del codice della navigazione; illegittimità per contrasto col pubblico interesse; eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà; travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti; ingiustizia manifesta.

Con ricorso depositato in giudizio in data 2/4/2010 la deducente ha chiesto l’esecuzione della sopra citata ordinanza cautelare nonché, all’occorrenza, l’annullamento delle deliberazioni della giunta comunale n.15 del 27/1/2010 e n.52 del 2/3/2010.

Tale istanza è stata dichiarata improcedibile da questo TAR con pronuncia n.278 del 16/4/2010.

In pendenza del giudizio il Comune ha adottato, oltre alle menzionate deliberazioni di giunta n.15 del 27/1/2010 e n. 52 del 2/3/2010 (la prima, a modifica della deliberazione n.59 del 5/3/2009, ha dettato l’indirizzo di limitare a 4 anni la durata delle concessioni oggetto del procedimento de quo, mentre la seconda ha stabilito in 6 anni la durata delle concessioni aventi scopo turistico ricreativo e in 4 anni la durata delle altre concessioni), la determinazione dirigenziale n.225 del 13/4/2010, dando così conferma della decisione anticipata con la determina n.568 del 10/11/2009 (oggetto dei precedenti motivi aggiunti) e decidendo di preferire E. ai fini del rinnovo delle concessioni scadute e di respingere invece le istanze di A. e P.D..

Avverso tali provvedimenti la ricorrente è insorta con il quarto atto di motivi aggiunti, deducendo:

1) illegittimità derivata dagli atti precedenti;

2) violazione del giudicato; violazione dell’art.21 septies della legge n.241/1990; difetto di istruttoria; violazione dell’art.97 della Costituzione e dell’art.37 del codice della navigazione; eccesso di potere per ingiustizia manifesta; disparità di trattamento;

3) violazione dei principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento; difetto di motivazione; violazione del principio di correttezza e buon andamento (art.97 della Costituzione); violazione e falsa applicazione dell’art.37 del codice della navigazione e dell’art.18 del relativo regolamento di esecuzione; eccesso di potere per erroneità dei presupposti; violazione dell’art.10 della legge n.88/2001.

Il procedimento di comparazione si è concluso con il rilascio, alla controinteressata E.C., delle concessioni demaniali marittime n.6, 7, 8 e 9 del 29/7/2010. Quest’ultime sono state impugnate con il quinto gravame per motivi aggiunti, incentrato sull’illegittimità derivata dagli atti da esse presupposti.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Portoferraio, E.C. s.p.a., P.D. s.r.l., la Capitaneria di Porto di Portoferraio ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

All’udienza del 24 marzo 2011 la causa è stata posta in decisione.
Motivi della decisione

In via preliminare occorre soffermarsi sulle questioni in rito.

La società E. ha eccepito l’inammissibilità della memoria di costituzione di P.D. s.r.l..

Il rilievo è fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

P.D. s.r.l. si è costituita in giudizio aderendo alla richiesta di annullamento degli atti impugnati espressa nel ricorso e nei relativi motivi aggiunti.

Occorre tuttavia considerare che la predetta società, quale aspirante al rilascio della concessione demaniale marittima, ha una posizione confliggente con quella di A. s.r.l. e di E.C. s.p.a. ed è quindi titolare di un proprio autonomo interesse legittimo, contrapposto a quello degli altri due contendenti, al corretto svolgimento della selezione.

Ne deriva che l’intervento difensivo così come concretato nelle memorie difensive di P.D. s.r.l. non trova giustificazione nella relativa posizione soggettiva (contrapposta non solo all’interesse dell’amministrazione concedente, ma anche a quello di A. e di E.), e che quindi l’atto di costituzione e le memorie difensive della stessa sono inammissibili nel giudizio in esame, i loro contenuti attagliandosi piuttosto ad un ricorso autonomo.

Quanto alla posizione della Capitaneria di Porto e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, il Collegio osserva che gli atti impugnati non sono loro riconducibili, con la conseguenza che le amministrazioni statali resistenti vanno estromesse dal giudizio.

E’ stata ulteriormente eccepita l’inammissibilità del ricorso e dei primi quattro atti di motivi aggiunti per mancata impugnazione degli artt.51 e 59 del regolamento urbanistico.

L’obiezione non è condivisibile.

La ricorrente non ha dedotto profili di illegittimità derivata dalla disciplina urbanistica; inoltre il citato art.59 non vincola necessariamente, in attesa dell’approvazione del piano portuale, alla piena conservazione dell’attuale stato di fatto (costituente uno degli elementi giustificativi della preferenza accordata dal Comune ad E.C. s.p.a.), in quanto ammette, entro certi limiti, interventi di ristrutturazione edilizia (la quale comprende, ad esempio, la demolizione con fedele ricostruzione).

La controinteressata E. ha altresì dedotto l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, dei primi tre atti di motivi aggiunti, in quanto agli atti ivi impugnati sono succeduti i provvedimenti conclusivi del procedimento comparativo, cosicchè i primi non sono più produttivi di effetti.

L’eccezione non può essere accolta.

Il ricorso giurisdizionale può essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse solo quando sia chiara e certa l’assoluta mancanza di qualunque utilità giuridica, per il ricorrente, derivante dalla rimozione dell’atto, utilità giuridica che deve essere ipotizzata anche in relazione a possibili, future azioni risarcitorie, in quanto l’eventuale sentenza di accoglimento, a prescindere dal suo contenuto eliminatorio degli atti impugnati, può comportare effetti propedeutici o utili rispetto a dette azioni (ex multis: Cons.Stato, VI, 21/12/2010, n.9323; idem, IV, 12/3/2009, n.1431; TAR Calabria, Catanzaro, II, 1/12/2010, n.2836; TAR Campania, Salerno, II, 14/7/2009, n.4013).

Il Comune di Portoferraio ha eccepito l’irricevibilità, stante la tardiva notifica, del quarto atto di motivi aggiunti nella parte riferita alle deliberazioni n.15 del 27/1/2010 e n. 52 del 2/3/2010; l’eccezione è stata sollevata nonostante le stesse siano state impugnate ("ove occorrer possa"), ai fini dell’esecuzione dell’ordinanza cautelare, con ricorso depositato in giudizio in data 2/4/2010.

Il Collegio ritiene di prescindere dall’esame di tale rilievo, stante la manifesta infondatezza (di cui si darà conto nella trattazione dei quarti motivi aggiunti) della censura riferita alle suddette deliberazioni (le quali sono state qui impugnate solo "se ed in quanto occorrer possa").

Il Comune resistente ha altresì eccepito l’inammissibilità del ricorso principale, sull’assunto che unico oggetto del ricorso stesso è un atto generale di indirizzo (la deliberazione della giunta comunale n.59/2009), mentre invece l’impugnazione degli atti generali deve avvenire contestualmente agli atti applicativi.

L’obiezione è infondata.

Mediante la deliberazione impugnata con il ricorso introduttivo il Comune impartisce la direttiva di limitare a 2 anni la durata della concessione oggetto del procedimento comparativo de quo, nonché di disciplinare con titolo provvisorio ex art.10 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione, in pendenza della selezione, l’uso delle aree demaniali marittime e dei relativi manufatti pertinenziali.

Trattasi di atto generale di indirizzo di per sé lesivo, in quanto suscettibile di incidere sulla posizione dei concorrenti indipendentemente dal successivo provvedimento di scelta del concessionario.

Invero la deliberazione n.59/2009 detta un indirizzo ineluttabile rispetto alla determinazione finale, in quanto modifica un elemento essenziale della futura concessione (la durata), incidendo in via immediata sull’interesse pretensivo all’ottenimento di un titolo di durata corrispondente a quella legale o precedentemente fissata ai fini dell’indizione della procedura comparativa (Cons.Stato, A.P., 29/1/2003, n.1; Cons.Stato, III, 27/4/2010, n.4076; TAR Campania, Napoli, I, 10/2/2010, n.869; TAR Lazio, Roma, III, 2/2/2010, n.1376; si vedano anche: TAR Sicilia, Catania, II, 19/1/2005, n.56; Cons. Giust. Amm. Sic., 29/11/2002, n.629).

L’intervento dell’organo politico su un aspetto essenziale della concessione da rilasciare giustifica pertanto l’immediata impugnazione della delibera, ancorchè la stessa non determini di per sé il sicuro conferimento della concessione ad E.C. s.p.a., in quanto il responsabile del procedimento potrebbe comunque ritenere la stessa non adatta ad assicurare il proficuo utilizzo valorizzato dall’art.37 del codice della navigazione.

Che si tratti di modifica postuma e imprevedibile è reso evidente dal fatto che nessuna delle tre istanze presentate prevedeva una durata corrispondente a quella voluta dalla giunta comunale: E. ha proposto un rinnovo protratto per 4 anni, P.D. una concessione di 6 anni e la ricorrente una concessione ventennale.

La giunta ha in tal modo sostanzialmente posto la prospettiva di negoziare con tutti i contendenti la modifica dei contenuti della proposta concessoria.

Pertanto la sopraggiunta direttiva, nonostante sia favorevole più alla precedente concessionaria (quale fautrice di proposta concessoria di durata più breve) che alle altre due società concorrenti, non esclude di per sé che la selezione possa concludersi a favore di una di quest’ultime, oppure che possa concludersi senza alcuna affidamento (a dimostrazione di ciò, la successiva nota comunale propositiva datata 27/4/2009, pur richiamando tra i suoi presupposti la deliberazione n.59 del 5/3/2009, dà atto della ravvisata impossibilità di confrontare le tre istanze e suggerisce, come soluzione, di scegliere il concessionario sulla base dell’offerta del canone in rialzo), e tuttavia l’ineluttabile conseguenza del contestato atto di indirizzo, costituita dal rendere possibile unicamente il rilascio di concessione avente durata biennale, rende ammissibile il ricorso.

Ad analoga conclusione si presta la parte dell’impugnata delibera che prevede l’affidamento mediante titolo provvisorio ex art.10 del regolamento esecutivo del codice della navigazione, individuando in tal modo il precedente concessionario per l’affidamento dell’uso contingente dell’area demaniale marittima.

Con memoria depositata in giudizio in data 8/10/2010 l’amministrazione ha eccepito l’inammissibilità del secondo e del terzo atto di motivi aggiunti.

L’obiezione va accolta.

L’atto oggetto della seconda impugnativa per motivi aggiunti è qualificato, nella sua prima pagina, come "nota interna", e nella sua parte finale è formulato come proposta, proposta che peraltro, nel prosieguo della procedura, non ha trovato accoglimento.

Trattasi pertanto di atto endoprocedimentale, non produttivo di effetti lesivi e insuscettibile di incidere sulla posizione soggettiva della ricorrente e delle società controinteressate.

Ad analoghe considerazioni si presta la determinazione del 10/11/2009, censurata con i terzi motivi aggiunti.

Essa costituisce atto di comunicazione dei motivi che ostano all’accoglimento delle istanze concessorie di P.D. e A., come esplicitato al punto 3 del suo dispositivo ("determina…di dare atto che ai sensi dell’art.10 bis della legge n.241/1990, la presente determinazione verrà notificata alle parti interessate al fine di ricevere eventuali osservazioni e memorie"); a ulteriore suffragio della predetta qualificazione come nota endoprocedimentale ex art.10 bis della legge n.241/1990 si pone il successivo provvedimento definitivo del 13/4/2010 (oggetto dei quarti motivi aggiunti), che richiama e conferma la determinazione del 10/11/2009.

Ne discende che il secondo e il terzo atto di motivi aggiunti devono essere dichiarati inammissibili per carenza di interesse, riguardando atti interni, privi di propri effetti lesivi.

Ciò premesso il Collegio, entrando nel merito della trattazione del ricorso principale, osserva quanto segue.

Con la prima parte della prima censura la ricorrente deduce che la scelta di limitare a due anni la durata della concessione contrasta con la sentenza di questo TAR n.3777 del 2008; aggiunge che il mutamento è stato introdotto dopo la scadenza dei termini previsti per le pubblicazioni e dopo che l’amministrazione è venuta a conoscenza delle istanze delle imprese concorrenti, favorendo il contendente (cioè E.C. s.p.a.) la cui istanza prevede un piano di utilizzo dell’immobile di durata più breve di quella proposta dagli altri aspiranti alla concessione.

Il rilievo è fondato.

Occorre precisare che nessuna delle imprese partecipanti alla gara ha proposto una durata di soli due anni: la società E. ha prospettato la durata di quattro anni, la ricorrente ha proposto una concessione ventennale, mentre la società P.D. ha presentato istanza per concessione di sei anni.

Inoltre, l’art.8 del regolamento del codice della navigazione prevede, per la concessione funzionale ad attività cantieristiche o industriali, la durata di quattro anni (non trova invece applicazione nel caso di specie l’art.1, comma 2, del d.l. n.400/1993, che prevede la durata di sei anni per le concessioni a scopo turistico ricreativo, secondo quanto puntualizzato dall’art.13, comma 1, della legge n.172/2003).

In tale contesto l’impugnata deliberazione si è tradotta in una modifica, a procedura comparativa in corso, di un elemento essenziale della concessione da conferire, con conseguente alterazione delle regole di valutazione a favore del concorrente che ha presentato l’istanza concessoria di minor durata, in violazione dei principi di trasparenza e parità di trattamento.

Invero stante l’avvenuta conoscenza, da parte del Comune, dei contenuti delle istanze, la modifica postuma di un elemento fondamentale del titolo da conferire è sempre potenzialmente distorsiva della corretta e imparziale valutazione delle domande presentate.

La seconda parte della prima censura è incentrata sulla violazione dell’art.1, comma 2, del d.l. n.400/1993, convertito nella legge n.494/1993, secondo cui la concessione ha durata di sei anni.

Il rilievo è infondato nei sensi appresso indicati.

Si attaglia al caso di specie la durata quadriennale prevista dall’art.8 del regolamento del codice della navigazione, in quanto dal combinato disposto dell’art.13, comma 1, della legge n.172/2003 e del citato art.1, comma 2, del d.l. n.400/1993 risulta che la durata di sei anni riguarda le concessioni demaniali marittime a finalità turisticoricreative.

Con la seconda doglianza la ricorrente deduce la violazione dell’art.10 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione e l’illogicità dell’azione amministrativa, in quanto la società controinteressata non ha adeguatamente gestito l’area in questione e non ha quindi dato garanzie di proficuo utilizzo, tanto più che il Comune ha recentemente ritenuto la società stessa non idonea all’ottenimento della concessione dello specchio acqueo limitrofo; aggiunge che i cantieri di E. versano in crisi di produttività, con conseguente impossibilità di gestire l’area a terra di viale Tesei denominata Il Cantierino.

Il motivo è fondato.

La società E. si è resa gravemente inadempiente in relazione a precedenti concessioni demaniali marittime rilasciate dallo stesso Comune.

Al riguardo rileva la pregressa vicenda coinvolgente la controinteressata e l’amministrazione concedente, di seguito descritta.

Il G.I.P. del Tribunale di Livorno, con ordinanza del 26/2/2004, ha disposto il sequestro dello specchio acqueo oggetto delle concessioni rilasciate in data 27/7/2003 e dei relativi frangiflutti e pontili galleggianti. Tale ordinanza è stata annullata con sentenza della Corte di Cassazione n.1266 del 13/1/2005.

Il Comune, con provvedimento notificato l’8/11/2004, ha dichiarato la decadenza di E. dalle concessioni marittime n.28 e 29 del 2003, aventi ad oggetto lo specchio acqueo ed i predetti frangiflutti e pontili.

Tuttavia l’ex concessionaria, dopo il dissequestro conseguente alla pronuncia della Cassazione e dopo il provvedimento amministrativo di decadenza, non ha proceduto alla doverosa rimozione dei manufatti, inducendo così il G.I.P. del Tribunale di Livorno, con ordinanza del 10/7/2008, a disporre nuovamente il sequestro, sul presupposto della persistente presenza dei pontili in contestazione e della perdurante occupazione abusiva da parte di E. s.p.a..

E’ quindi palese la pregressa, grave inadempienza di quest’ultima, la quale avrebbe potuto e dovuto rimuovere i manufatti subito dopo la pronuncia della Corte di legittimità. Né può obiettarsi che l’inadempienza si riferisca ad un procedimento di tipo edilizio, differente da quello di concessione demaniale. Invero la decadenza della concessione demaniale ha avuto l’effetto di obbligare l’ex concessionaria a rimettere in pristino lo stato dei luoghi e a lasciare libero lo spazio precedentemente occupato: la mancata rimozione ha concretato il perfezionamento di un illecito permanente (abusiva occupazione di zona demaniale marittima -si veda la premessa dell’ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Livorno del 10/7/2008) i cui effetti offensivi si sono protratti per un tempo non trascurabile (solo a decorrere dall’aprile 2009 E. s.p.a. si è fattivamente adoprata per rimuovere i manufatti presenti in mare).

A ciò si aggiunga che, in relazione ai beni oggetto della concessione demaniale marittima n.3/2002, relativa all’area terrestre denominata "Il Cantierino", la Capitaneria di Porto e l’Agenzia delle Dogane, mediante sopralluogo congiunto dell’11/11/2009, hanno appurato che i manufatti esistenti sono stati lasciati dalla concessionaria E. in pessimo stato di manutenzione e conservazione.

Anche la struttura oggetto della concessione n.17/2003 risulta in cattivo stato di manutenzione (si veda la relazione della Polizia Municipale del 17/2/2009, costituente il documento n.6 depositato in giudizio da P.D. s.r.l. in data 6/11/2009).

Tale situazione di fatto richiedeva una attenta e compiuta istruttoria, valutazione e motivazione (di cui è carente la deliberazione impugnata) circa l’effettiva idoneità della precedente concessionaria al conferimento del titolo provvisorio previsto dall’art.10 del regolamento attuativo del codice della navigazione.

Quanto al primo atto di motivi aggiunti, si osserva quanto segue.

La ricorrente, nel contestare le concessioni provvisorie rilasciate ad E., deduce come vizio derivato dalla presupposta deliberazione, oltre che, in via subordinata, come vizio proprio di esse, la violazione dell’art.10 del regolamento di esecuzione del codice della navigazione e l’illogicità dell’azione amministrativa, in quanto la società controinteressata non ha adeguatamente gestito l’area in questione e non ha quindi dato garanzie di proficuo utilizzo, tanto più che il Comune ha recentemente ritenuto la società stessa non idonea all’ottenimento della concessione dello specchio acqueo.

La censura è fondata alla stregua delle considerazioni espresse in relazione al ricorso introduttivo.

Con il quarto atto di motivi aggiunti, avente ad oggetto la determinazione conclusiva del procedimento (n.225 del 13/4/2010) nonché, in via eventuale, le deliberazioni della giunta n.15 e 52 del 2010, la ricorrente deduce innanzitutto l’illegittimità derivata.

Al riguardo sovvengono, in particolare, i profili di illegittimità dedotti con il terzo atto di motivi aggiunti (contraddittorietà rispetto al precedente atto di reiezione della domanda concessoria riguardante lo specchio acqueo, omessa valutazione delle pregresse inadempienze in cui era incorsa E., illegittima valorizzazione dell’esigenza di dare continuità all’attività lavorativa esistente presso i cantieri E., mancata considerazione del fatto, accertato dalla Polizia Municipale nel febbraio 2009, che le aree demaniali in questione sono inutilizzate da tempo) avente ad oggetto la determinazione datata 10/11/2009 preannunciante l’esito della procedura selettiva ex art.10 bis della legge n.241/1990 i cui contenuti trovano conferma nel provvedimento da ultimo impugnato (che infatti dispone tra l’altro, nel dispositivo, "di confermare la decisione, anticipata in sede di conclusione istruttoria, con propria determina 568/10.11.2009", e ancor prima, a conclusione della premessa e della articolata motivazione, puntualizza "che quanto precede motiva ulteriormente la propria determinazione 568/10.11.2009 qui integralmente richiamata e confermata").

Tali rilievi, da intendersi come trasposti nel quarto atto di motivi aggiunti attraverso la censura incentrata sull’illegittimità derivata, sono condivisibili.

Il Comune non ha applicato correttamente l’art.37 del codice della navigazione, sia perché la doverosa rimozione dei pontili galleggianti da parte di E. è avvenuta, come visto, in modo gravemente tardivo (cosicchè non è condivisibile l’affermazione, espressa nell’atto in argomento, secondo cui tale rimozione fa di per sé venire meno la pregressa valutazione di inammissibilità alla procedura comparativa), sia perché l’affidamento in concessione richiede un attento confronto delle istanze, onde individuare quella che offre maggiori garanzie di proficuo utilizzo del bene e di perseguimento dell’interesse pubblico più rilevante, anche alla stregua della condotta manifestata nello svolgersi di precedente concessione.

Anche la mancata valutazione, da parte del Comune, degli esiti dell’accertamento effettuato dalla Polizia Municipale, attestante uno stato di diffuso abbandono nelle aree cui erano riferite le precedenti concessioni rilasciate ad E. e le istanze in questione, collide con l’art.37 del codice della navigazione (il quale impone di valorizzare l’eventuale pregressa condotta dell’impresa ai fini del giudizio prognostico relativo alla capacità del concessionario di gestire proficuamente il bene) ed è sintomatica di illogicità dell’azione amministrativa (si vedano le relazioni della Polizia Municipale del febbraio 2009, depositate in giudizio in data 6/11/2009).

Invero, il dirigente dell’ufficio gestione del territorio, servizio demanio e patrimonio, con lettera del 12/2/2009 ha chiesto al Comando della Polizia Municipale di accertare lo stato di utilizzazione delle aree e dei manufatti in argomento, la conformità dell’uso alle concessioni scadute, le attrezzature presenti, le lavorazioni in corso e le maestranze impiegate, onde acquisire elementi utili di valutazione della cessione in uso provvisorio, considerato che il TAR Toscana, con sentenza n.3777 del 4/12/2008, in accoglimento di ricorso aveva annullato le concessioni n.6, 7, e 8 rilasciate ad E. il 13/3/2008 (con durata prevista dal 1/1/2008 al 31/12/2011), riguardanti zone demaniali marittime in viale Teseo Tesei, cui fanno riferimento le istanze di Athena, P.D. e E. nel procedimento comparativo de quo.

Ad esito di tale richiesta la Polizia Municipale, nel febbraio 2009, con relazioni di accertamento (documenti n.4, 5 e 6 depositati in giudizio il 6/11/2009 da P.D. s.r.l.) ha attestato il mancato utilizzo dell’area da tempo, la presenza di erbe spontanee infestanti e l’abbandono (per la superficie già oggetto dell’annullata concessione n.6/2008), lo stato pericolante di un capannone e il pessimo stato conservativo di un manufatto in muratura (quanto all’immobile già oggetto dell’annullata concessione n.8/2008), il cattivo stato di manutenzione e il mancato utilizzo da tempo (almeno da un anno) della strutture oggetto della concessione n.9/2008 (non espressamente annullata dalla suddetta sentenza e riguardante una pertinenza ad uso uffici di mq.70, anch’essa oggetto della procedura selettiva in contestazione). Inoltre, per tutti gli immobili, la Polizia Municipale ha verificato l’assenza delle maestranze (documento n.3).

Ciò posto, infine, non appare supportata da idonei riscontri fattuali la dichiarata volontà del responsabile del procedimento, recepita nell’atto impugnato, di "dare continuità all’attività lavorativa esistente presso la società E., anche al fine di garantire il livello occupazionale delle attività in essere".

La ricorrente sostiene, con la prima parte del secondo rilievo, a riprova dell’esistenza di vizi propri della gravata determinazione, che il Comune avrebbe dovuto comparare le istanze in base all’originale bando, ovvero secondo i termini (sei anni) previsti nell’avviso di pubblicazione, e non secondo il termine di quattro anni da ultimo introdotto con le suddette deliberazioni n.15 e 52 del 2010.

La censura è infondata.

Si attaglia al caso di specie la durata quadriennale prevista dall’art.8 del regolamento del codice della navigazione, in quanto dal combinato disposto dell’art.13, comma 1, della legge n.172/2003 e del citato art.1, comma 2, del d.l. n.400/1993, convertito nella legge n.494/1993, risulta che la durata di sei anni riguarda le concessioni demaniali marittime a finalità turisticoricreative.

Invero le istanze in argomento prospettano un utilizzo e gestione degli immobili per attività di cantieristica navale, cosicchè non può estendersi alle stesse la durata di sei anni sancita dall’art.1, comma 2, della legge n.494/1993, valendo quest’ultima solo per la gestione di stabilimenti balneari, per l’esercizio della ristorazione, per il noleggio di imbarcazioni, per la gestione di strutture recettive, per la destinazione ad esercizi commerciali e per la conduzione di strutture ad uso abitativo, secondo il chiaro disposto della norma di interpretazione autentica di cui al citato art.13, comma 1, della legge n.172/2003.

Analogamente, l’istanza concessoria presentata da E., cui hanno fatto seguito i rinnovi annullati con la menzionata sentenza n.3777/2008 e ad esito della quale si è svolta la procedura selettiva de qua, fa riferimento ad una durata di quattro anni (documenti n.55, 56, 57, 58 e 59 depositati in giudizio da P.D. s.r.l.).

In conclusione, le deliberazioni n.15 e 52 del 2010 si sono limitate a recepire ed esplicitare il termine previsto dal legislatore.

Con la seconda parte della seconda censura l’istante afferma che il Comune ha avvantaggiato E., laddove, nell’impugnata determinazione finale, ha ritenuto i beni non incamerati dallo Stato di proprietà del precedente concessionario; aggiunge che il Comune avrebbe comunque potuto ordinarne la rimozione, e che l’impossibilità per soggetti diversi da E. s.p.a. di gestire i manufatti ancora presenti, di proprietà della stessa, contrasta con i principi di trasparenza, non discriminazione e parità di trattamento che presiedono allo svolgimento della gara.

Il rilievo è fondato.

La contestata determinazione assume tra l’altro, a fondamento della reiezione dell’istanza della ricorrente, il fatto che i manufatti non incamerati dallo Stato sono da considerare nella titolarità del precedente concessionario.

Tuttavia, a fronte di manufatti che, per le loro vetuste condizioni, non sono stati ritenuti meritevoli di acquisizione al patrimonio pubblico, è facoltà del Comune ordinarne la demolizione totale o parziale; del resto l’art.59 del regolamento urbanistico ammette, in assenza del piano portuale, non solo interventi di manutenzione ma anche di ristrutturazione edilizia (documento n.2 depositato in giudizio dalla deducente il 27/5/2009).

Le pessime condizioni di alcuni manufatti, poste a presupposto della mancata acquisizione da parte dello Stato, si sono tradotte in un fattore di vantaggio per la precedente concessionaria, in contrasto con l’art.37 del codice della navigazione, il quale prevede la scelta del miglior curatore dell’interesse pubblico nell’ambito di selezione che deve essere depurata da fattori di vantaggio riconducibili alla precedente concessione (Cons.Stato, VI, 3/12/2009, n.7547).

Ciò posto, la quarta impugnativa per motivi aggiunti, nella parte avente ad oggetto la determinazione dirigenziale n. 225/2010, va accolta, restando assorbite le doglianze non esaminate.

Con il quinto atto di motivi aggiunti la ricorrente deduce l’illegittimità derivata, avverso le concessioni demaniali marittime rilasciate ad E. s.p.a..

Il rilievo è condivisibile alla stregua delle valutazioni di fondatezza dei precedenti motivi aggiunti. L’invalidità degli atti presupposti determina, in via derivata, l’invalidità delle concessioni rilasciate, senza che valga a legittimare l’esito della procedura l’intangibilità delle citate deliberazioni della giunta comunale nn. 15 e 52 del 2010, con cui è stato stabilito in quattro anni il periodo di efficacia dei titoli da rilasciare, in quanto i sopra evidenziati profili di eccesso di potere e violazione dell’art.37 del codice della navigazione sono decisivi, anche a fronte della legittima previsione della durata quadriennale, ai fini della caducazione della scelta finale dell’amministrazione: invero tale scelta non potrebbe sorreggersi soltanto sulla corrispondenza della durata proposta da E. con quella voluta dal concedente e sancita dalle norme vigenti.

In conclusione, il ricorso principale e i primi e i quinti motivi aggiunti devono essere accolti, con conseguente annullamento dei provvedimenti ivi impugnati; devono invece essere dichiarati inammissibili il secondo e il terzo atto di motivi aggiunti, mentre il quarto atto di motivi aggiunti va in parte accolto (in relazione all’impugnata determinazione n.225/2010) e in parte respinto (in relazione alle impugnate deliberazioni della giunta comunale n.15 e n. 52 del 2010).

Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio, compresi gli onorari difensivi, tra la ricorrente, il Comune di Portoferraio e le controinteressate.

Non luogo a provvedere sulle spese nei confronti delle amministrazioni statali intimate, stante la sussistenza dei presupposti per la loro estromissione dal giudizio.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso e i relativi motivi aggiunti, dispone quanto appresso:

dichiara inammissibili l’atto di costituzione e le memorie difensive di P.D. s.r.l.;

estromette dal giudizio la Capitaneria di Porto di Portoferraio ed il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti;

accoglie il ricorso principale, nonché il primo e il quinto atto di motivi aggiunti; in parte accoglie e in parte respinge il quarto atto di motivi aggiunti; per l’effetto, annulla la deliberazione della giunta comunale n.59 del 2009, le concessioni provvisorie del 19/3/2009, la determinazione dirigenziale n. 225 del 2010 e le concessioni demaniali marittime rilasciate il 29/7/2010, ai fini del riesame;

dichiara inammissibili il secondo e il terzo atto di motivi aggiunti.

Spese compensate tra la ricorrente, P.D. s.r.l., E.C. s.p.a. ed il Comune di Portoferraio. Non luogo a provvedere sulle spese nei confronti della Capitaneria di Porto e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *