Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 11-05-2011) 13-05-2011, n. 19052 Contumacia

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con sentenza del 29.3.2011 la Corte d’appello di Bari rifiutava la richiesta di consegna del cittadino (OMISSIS) G.A. H., destinatario del mandato di arresto europeo in data 3.11.2010 per l’esecuzione della condanna definitiva alla pena di dieci anni di reclusione, per traffico continuato di droga pesante ecstasy, in ragione della sua stabile residenza in Italia, e determinava la pena da scontare, detraendo la custodia cautelare sofferta per questa causa in Romania ed in Italia.

2. Ricorre l’imputato, con atto sottoscritto insieme con il difensore, per i seguenti due motivi:

– violazione dell’art. 5, comma 1 dec. Quadro 2002/584/GAI "per assenza di garanzie sulla corretta instaurazione del contraddittorio nonchè sul rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali dell’imputato", perchè il processo romeno si sarebbe svolto in absentia, senza che l’ H. ne fosse informato, quantomeno in relazione alla sentenza contumaciale che, secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essergli notificata presso la residenza italiana; ciò gli avrebbe consentito di difendersi, in ragione della sua permanenza in Italia all’epoca dei fatti contestatigli;

– "ineseguibilità della sentenza inflitta per violazione dei trattati internazionali e della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per differente qualità delle sanzioni", in ragione del maggior minimo edittale previsto dalla legge romena per la violazione della disciplina sugli stupefacenti, in un contesto nel quale in Italia sarebbe stata applicabile anche l’attenuante dell’ipotesi lieve.

3. Rilevata la ritualità della notifica a mezzo fax del decreto di fissazione dell’odierna udienza al difensore, giudica questa Corte suprema che il ricorso è infondato. Consegue la condanna dell’ H. al pagamento delle spese processuali.

Quanto al primo motivo la Corte d’appello ha argomentato:

che l’ H. era già stato consegnato alla Romania, proprio per i fatti di questa vicenda, in accoglimento di una richiesta afferente un mandato di arresto processualè, e che, dopo breve custodia carceraria, gli era stata applicata la misura dell’obbligo di non lasciare la località (OMISSIS) di residenza, misura da lui violata, così volontariamente sottraendosi alle successive notificazioni afferenti il processo (arg. ex Sez. 1, sent. 20682 del 30.3-30.6.2010);

– che l’unica richiesta del ricorrente era stata quella di scontare la pena in Italia, mentre nessuna formale o espressa richiesta di nuova celebrazione del processo romeno era stata presentata, risultando comunque le due richieste tra loro incompatibili.

Si tratta di due rilievi concorrenti, autonomamente idonei a legittimare la decisione adottata dalla Corte di Bari, e che meritano entrambi considerazione, per la rilevanza anche generale delle problematiche giuridiche che li connotano.

3.1 Risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti (fg. 122) che l’ H. era già stato consegnato per questa vicenda all’autorità giudiziaria romena, con mandato di arresto processuale, e che, dopo breve custodia carceraria, era stato destinatario della misura dell’obbligo di non allontanarsi dalla residenza (OMISSIS), in relazione alla trattazione in corso del processo. invece aveva poi violato la misura, così volontariamente sottraendosi al successivo corso del processo, tornando anzitempo in Italia.

Ora, la sottrazione volontaria e consapevole ad una misura cautelare finalizzata a consentire l’utile celebrazione del seguito del procedimento – che già secondo la nostra ‘ giurisprudenza nazionale costituisce condotta incompatibile con la successiva richiesta di restituzione in termini ai sensi del nostro art. 175 c.p.p. (Sez. 1, sent. 20862 del 30.3-3.6.2010) – non può che essere incompatibile, ai fini della procedura disciplinata dalla L. n. 69 del 2005, con la successiva doglianza sulla natura contumaciale della decisione giudiziale poi assunta all’estero; essa, pertanto, per sè impedisce l’applicazione della L. n. 69 del 2005, art. 19, comma 1, lett. A).

Le paradossali conseguenze della soluzione contraria ne confermano, del resto, l’intrinseca inconsistenza, per i suoi effetti sostanzialmente paralizzanti e per la loro non riconducibilità ad alcuna reale autonoma ragione di tutela. Infatti, poichè – come significativamente avvenuto anche nel caso concreto – è evenienza assolutamente rara il protrarsi all’estero di una custodia carceraria per tutto l’iter del processo nei suoi diversi gradi, la sottrazione volontaria alla reperibilità nello Stato estero consentirebbe allora di creare le premesse per un perenne rinnovo dei giudizi che via via si succedessero. E’ del tutto invece evidente che, a fronte di una consegna che è finalizzata alla trattazione del procedimento, la persona interessata da un lato acquisisce la piena conoscenza della pendenza giudiziaria e dei suoi contenuti, dall’altro è posta nelle condizioni di esercitare ogni opportuna attivazione per la miglior difesa.

Deve pertanto affermarsi sul punto il principio di diritto secondo cui in tema, di mandato di arresto europeo, una volta che vi sia stata la consegna della persona interessata per esigenze finalizzate all’esercizio dell’azione penale per un determinato fatto, la successiva sua sottrazione alle misure disposte per assicurarne la presenza al processo, relativo a quel fatto, rende irrilevante la circostanza che questo sia stato successivamente celebrato in absentia". 3.2 Quanto al secondo rilievo, correttamente la Corte distrettuale, anche richiamando la recente sentenza 21 ottobre 2010 della Corte di giustizia delle Comunità europee nel procedimento C – 306/09;

(http://www.cortedicassazione.it/Notizie/giurisprudenzaComunitaria/Co rteGiustizia/Scheda.asp?ID=756), ha innanzitutto ritenuto necessaria, per introdurre il tema della rilevanza nel singolo caso del carattere contumaciale della sentenza definitiva, cui si riferisce il titolo messo in esecuzione con il mandato di arresto europeo, la specifica domanda, o manifestazione di intenzione, dell’interessato per la celebrazione di un nuovo processo all’estero.

E’ infatti palesemente infondata la pretesa, o deduzione, generica e generale – a fronte di una richiesta di consegna proveniente dallo Stato estero per l’esecuzione di una condanna definitiva a pena detentiva, ancorchè contumaciale – di una sorta di ‘obiettivà necessità di celebrazione di un nuovo giudizio all’estero, con conseguente intrinseca ed immediata vanificazione dell’efficacia del titolo esecutivo azionato dall’autorità giudiziaria estera, senza invece contestualmente procedere alla consegna. Invero, sarebbe del tutto priva di tutela normativa la pretesa di una sorta di nuovo giudizio "per corrispondenzà, una volta che sia stato formato all’estero un titolo esecutivo legittimo, secondo le norme del Paese richiedente.

Con la ricordata sentenza, infatti, la Corte di giustizia ha inequivocamente precisato, anche nel dispositivo della propria deliberazione, che, quando la persona interessata contesta il carattere contumaciale della procedura che ha condotto alla formazione del titolo esecutivo, il nuovo procedimento giudiziario deve svolgersi alla presenza della persona interessata; la Corte europea ha contestualmente indicato la soluzione sistematicamente corretta, individuandola nella consegna con apposizione della clausola di riconsegna per la successiva eventuale esecuzione.

Va quindi condiviso, nei termini che seguono, l’assunto della Corte barese, dell’alternatività – per intrinseca inconciliabilità – tra la domanda di esecuzione della pena in Italia e la generica mera deduzione del carattere contumaciale della sentenza definitiva ‘azionatà dall’autorità giudiziaria dello Stato estero. In buona sostanza, ciò che è inconciliabile è la richiesta di scontare la pena in Italia con la contestuale pretesa di un’automatica preventiva rinnovazione del giudizio contumaciale straniero, che prescinda dalla presenza della persona interessata e dall’osservanza delle norme procedurali specifiche del singolo Stato estero.

Non vi è, invece, inconciliabilità tra le due richieste espresse, la prima, di rinnovare il giudizio straniero, con accettazione dell’accoglimento della richiesta di consegna per consentirlo – trattandosi quindi di consegna non per l’esecuzione all’estero della pena bensì per procedere a tale rinnovazione, ai sensi dell’art. 5, comma 1 della Decisione quadro 2002/584-GAI – e, la seconda, di scontare in Italia la pena che dovesse eventualmente essere applicata in esito al nuovo giudizio, richiesta che comporta l’apposizione della clausola di restituzione dell’interessato per l’espiazione delle pena eventualmente in concreto irrogata dopo il nuovo giudizio.

Infatti, la domanda di rinnovazione del giudizio all’estero e quella di esecuzione della pena conseguentemente applicata in Italia rispondono a due interessi diversi, autonomi tra loro e ciascuno oggetto di specifica tutela. E la possibilità di conciliare le due distinte tutele, nei termini indicati dalla Corte di giustizia e sopra sintetizzati, renderebbe ingiustificata la generalizzata compressione di uno dei due interessi ad esse sottesi. Tuttavia, ciascuna tutela è appunto possibile solo nelle forme e nei limiti previsti dalla ratio e dalla disciplina contenuta nella Decisione quadro e nella Legge nazionale n. 69 del 2005, sicchè, in particolare, la rinnovazione del giudizio all’estero impone la consegna per assicurare la presenza, così rimuovendo quell’absentia che ha costituito l’impedimento all’immediato riconoscimento di effettività del giudicato straniero.

Devono pertanto essere sul punto affermati questi due principi di diritto;

– ove la persona interessata, richiesta in consegna per l’esecuzione di sanzione applicata con sentenza contumaciale e istante perchè tale esecuzione avvenga in Italia, abbia interesse alla preventiva rinnovazione del giudizio contumaciale, deve manifestare espressamente l’intenzione conforme;

– in tal caso, la Corte d’appello deve procedere alla richiesta consegna, apponendo la clausola del rinvio della persona interessata nello Stato italiano, per l’esecuzione della pena eventualmente applicata in esito al giudizio rinnovato.

Nel caso concreto, come detto, la Corte distrettuale ha evidenziato la formalizzazione della sola richiesta di scontare la pena in Italia.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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