Cass. civ. Sez. I, Sent., 12-09-2011, n. 18620 Divorzio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato in data 17/11/2006, I.O. chiedeva, in revisione della sentenza di divorzio tra essa e il coniuge C. L., che non aveva previsto assegno divorzile a suo favore, assegno periodico per sè, essendosi gravemente deteriorate le sue condizioni economiche. Il Tribunale di Torino, con decreto 2/2- 12/3/2007, rigettava la domanda della I.. Proponeva reclamo l’ I. perchè fosse accolta la sua domanda di assegno.

Costituitosi il contraddittorio, il C. chiedeva rigettarsi il reclamo.

La Corte d’Appello di Torino, con provvedimento in data 3/7- 20/10/2009, in parziale accoglimento del reclamo, disponeva assegno a carico del C. per la I. per l’importo di Euro 150,00 mensili. Ricorre per cassazione il C. sulla base di un unico, articolato motivo.

Resiste, con controricorso, la I..
Motivi della decisione

Non ha pregio l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla resistente, per cui il ricorso straordinario ex art. 111 Cost. potrebbe proporsi solo per violazione di legge: come è noto, l’art. 360 c.p.c., novellato dal D.Lgs. n. 40 del 2006, estende a tale ricorso l’impugnazione per vizio di motivazione.

Con un unico motivo, il C. lamenta violazione della L. Divorzio, art. 9 e art. 5, comma 6. Afferma il ricorrente che i "giustificati motivi", posti a base della revisione delle condizioni di divorzio dall’art. 9 predetto, devono essere "controllati" dal Giudice, il quale non può considerare irrilevanti circostanze nuove volutamente o comunque consapevolmente determinate (e richiama, nella specie, il disordinato stile di vita della I., che l’ha condotta a commettere reati anche gravi, con relative condanne penali, non potendosi ipotizzarsi una sorta di "responsabilità oggettiva" per il coniuge onerato. Lamenta altresì il ricorrente una inesatta valutazione della situazione patrimoniale dei coniugi.

Il ricorso va rigettato, siccome infondato. Per giurisprudenza consolidata di questa Corte (per tutte, Cass. n. 17041 del 2007), l’espressione "giustificati motivi", contenuta nella L. n. 898 del 1970, art. 9 non postula un sindacato del Giudice sulle cause dei sopravvenuti mutamenti delle condizioni economiche delle parti, ma prevede più semplicemente l’esigenza di una verifica dell’idoneità di tali mutamenti a "giustificare la modifica", in punto determinazione e/o quantificazione dell’assegno. In tal senso, il comportamento anche volontario del richiedente non riveste rilevanza decisiva (e dunque, come nella specie, anche un comportamento disordinato e deviante del soggetto, che lo ha condotto a commettere reati e a subire condanne detentive), dovendosi obiettivamente considerare le condizioni economiche delle parti al momento della domanda, raffrontandole a quelle relative all’epoca della sentenza di cui si chiede la revisione. E’ appena il caso di precisare che la modifica stessa potrebbe comportare la revoca dell’assegno o, come nella specie, la determinazione di un assegno ex novo (ovviamente sussistendone i presupposti: l’inadeguatezza dei mezzi e l’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive), considerata la funzione dell’assegno divorzile, inteso a conservare (o magari ripristinare), a favore del coniuge richiedente, il tenore di vita da lui goduto in costanza di matrimonio.

Ha provveduto dunque correttamente il giudice a quo ad una rinnovata valutazione comparativa delle condizioni economiche delle parti, da cui emerge il peggioramento di quelle dell’ I.; afferma dunque il decreto impugnato che l’odierna resistente ha diritto all’assegno, anche se la sua condotta deviante può in vario modo incidere sull’importo di esso.

Quanto alla censura sulle valutazioni effettuate dalla Corte di merito, si tratta di profili fattuali, insuscettibili di controllo in questa sede, in presenza di una motivazione adeguata e non illogica del decreto impugnato: una modesta pensione in capo all’ I. che non è più proprietaria di immobili come all’epoca del divorzio e non potrebbe svolgere attività lavorativa, per ragioni di salute;

una pensione assai più elevata in capo al C., che è pure proprietario di immobili. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità,che liquida in Euro 700,00 per onorari e Euro 200.00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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