Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-04-2011) 13-05-2011, n. 18856 Motivazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La Corte di appello di Catania, con sentenza in data 26/10/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Catania, in data 9.3.2010, appellata da C.A., dichiarato colpevole di tre rapine aggravate e porto illegale d’arma da fuoco e condannato, con la continuazione, alla pena di anni 6, mesi 10 di reclusione e Euro 2000 di multa, oltre alle pene accessorie di legge e all’applicazione, una volta espiata la pena, alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il periodo di anni uno.

Proponeva ricorso per cassazione il difensore dell’imputato deducendo i seguenti motivi:

a) mancata assunzione di una prova decisiva in riferimento al rigetto della richiesta di accertamento somatico sul C.;

b) violazione di legge e difetto di motivazione sulla incompatibilità delle dichiarazioni dei testi D., A. e D’. con quella del teste P.;

c) violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla inattendibilità di un sicuro riconoscimento fotografico con riferimento alla carnagione scura (che il C. non presentava), alla corporatura, all’età, alla presenza di un neo nella zona mandibolare (che il C. non presentava), alla diversità di descrizione del rapinatore in sede di individuazione fotografica rispetto alla precedente fornita in sede di denuncia dalle parti lese;

d) violazione di legge e difetto di motivazione sulla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche;

e) violazione di legge e difetto di motivazione in ordine al motivo di appello concernente l’erronea statuizione della sottoposizione del ricorrente alla misura di sicurezza della libertà vigilata.
Motivi della decisione

1) Con riferimento al primo motivo di ricorso va rilevato che alla rinnovazione dell’istruzione ne giudizio di appello, di cui all’art. 603 c.p.p., comma 1, può ricorrersi solo quando il giudice ritenga "di non poter decidere allo stato degli atti", sussistendo tale impossibilità unicamente quando i dati probatori già acquisiti siano incerti, nonchè quando l’incombente richiesto sia decisivo, nel senso che lo stesso possa eliminare le eventuali incertezze ovvero sia di per sè oggettivamente idoneo ad inficiare ogni altra risultanza. (Sez. 3, Sentenza n. 35372 del 23/05/2007 Ud. – dep. 24/09/2007 – Rv. 237410; Sez. 3, Sentenza n. 8382 del 22/01/2008 Ud.

– dep. 25/02/2008 – Rv. 239341). La Corte di appello, con motivazione coerente e logica ha disatteso la richiesta di perizia antropometrica, in mancanza di alcun elemento certo da raffrontare alle obiettive caratteristiche dell’imputato, mentre le "descrizioni" dello stesso fatto dalle parti offese costituiscono, a giudizio della Corte, giudizi "relativi", caratterizzati dal personale bagaglio individuale rispetto al metro di giudizio.

2) Con riferimento al secondo e terzo motivo di ricorso che vengono esaminati congiuntamente essendo connessi logicamente, la Corte ha evidenziato come le dichiarazioni rese dalla parti offese fornivano una descrizione dell’imputato compatibile con le sue caratteristiche.

L’imputato è stato riconosciuto "senza ombra di dubbio alcuno" da tre parti offese, con una sostanziale convergenza su alcuni dati quali corporatura e carnagione, rilevando la Corte di merito come l’imprecisione relativa all’età e alla corporatura, comunque normale dell’imputato, apparivano non rilevanti e comunque compatibili con la percezione avuta nei brevi istanti in cui era avvenuta la rapina, ritenendo non rilevanti le contraddizioni riscontrate nelle dichiarazioni del teste P.. Per la valutazione testimoniale devono essere ricordati i principi di legittimità in ordine alla sussistenza del vizio di motivazione delle decisioni di merito.

Nel giudizio di cassazione deve essere accertata la coerenza logica delle argomentazioni seguite dal giudice di merito nel rispetto delle norme processuali e sostanziali.

Ai sensi del disposto di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E, la mancanza e la manifesta illogicità della motivazione devono risultare da testo del provvedimento impugnato, sicchè dedurre tale vizio in sede ci legittimità comporta dimostrare che il provvedimento è manifestamente carente di motivazione o di logica e non già opporre alla logica valutacene degli atti operata dal giudice di merito una diversa ricostruzione, magari altrettanto logica, degli atti processuali (Cass. S.U. 19.6.96, De Francesco).

Esula infatti dai poteri della Corte di Cassazione quello ci una diversa lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è riservata in via esclusiva al giudice di merito senza che possa integrare vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali ritenute dal ricorrente più adeguate (Cass. S.U. 2.7.97 n. 6402, ud. 30.4.97, rv. 207944, Dessimone). Il giudice di merito inoltre non è tenuto a confutare ogni specifica argomentazione dedotta con l’atto di appello in quanto il concetto di mancanza di motivazione non include ogni omissione concernente l’analisi di determinati elementi probatori perchè un dato probatorio estrapolato dal contesto in cui esso si inserisce acquista un significato diverso a quello attribuibile in una valutazione completa delle prove acquisite (Cass. 1, 22.12.98 n. 13528, ud. 11.11.98, rv. 212053).

Non può quindi dedursi vizio di motivazione per avere il giudice di merito trascurato uno o più elementi di valutazione che ad avviso del ricorrente avrebbero potuto o dovuto portare ad una diversa valutazione, perchè ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di legittimità (Cass. 5, 17.4.00 n. 2459, Garasto; Cass. 1, 11.6.92 n. 6922, ud 11.5.92, Cannarozzo).

3) Con riferimento alla censura relativa alla mancata concessione delle attenuanti generiche, questa Suprema Corte ha più volte affermato che ai fini della loro applicabilità il Giudice deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tale fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso fare riferimento. (Si verta ad esempio Sez 2, Sentenza n. 2285 del 11/10/2004 Ud. – dep. 25/01/2005 – Rv. 230691). Inoltre, sempre secondo i principi di questa Corte – condivisi dal Collegio – ai fini dell’assolvimento dell’obbligo della motivazione in ordine al diniego della concessione delle attenuanti generiche, il giudice non è tenuto a prenderà in considerazione tutti gli elementi prospettati dall’imputato, essendo sufficiente che egli spieghi e giustifichi l’uso del potere discrezione lo conferitogli dalla legge con l’indicazione delle ragioni ostative alla concessione delle circostanze, ritenute di preponderante rilievo.

La Corte territoriale ha escluso implicazione delle attenuanti generiche per i numerosi gravi specifici precedenti penali.

Lo stesso discorso vale, naturalmente, per l’individuazione, da parte del Giudice, della pena da irrogare (fatto del quale velatamente si duole il ricorrente). La determinazione della misura della pena tra il minimo e il massimo edittale rientra, infatti, nell’ampio potere discrezionale del giudice di merito, il quale assolve il suo compito anche se abbia valutato intuitivamente e Globalmente gli elementi indicati nell’art. 133 c.p. (Sez 4, sentenza nr. 41702 dei 20/09/2004 Ud – dep. 26/10/2004 – Rv. 230278).

Peraltro nella determinazione della pena, la base è stata individuata nel minimo edittale, con gli aumenti obbligatori ex art. 81 c.p., comma 3, con esplicito riferimento alla gravità degli illeciti, alle afferrate e seriali modalità dell’azione delittuosa programmata, alle circostanze di luoghi e tempi tali da individuare parti offese da sole, minacciate con arma, repentina sottrazione dei beni con immediata fuga, azione concorsuale con incrementata potenzialità offensiva. A fronte di quarto sopra il ricorrente – come si è già sopra detto – contrappone solo contestazioni, che non tengono conto delle argomentazioni del Corte di appello.

4) E’ fondata invece, la censura relativa al difetto totale di motivazione con riferimento al motivo di appello relativo alla richiesta di annullamento della misura di sicurezza della libertà vigilata, in relazione al quale la Corte territoriale ha omesso ogni valutazione in ordine alla sussistenza del giudizio di pericolosità sociale del ricorrente che non può essere desunta solamente in base alla dedotta gravità del fatto, utilizzata dalla Corte per negare la concessione delle attenuanti generiche.

Va, conseguentemente, annullate la sentenza impugnata limitatamente ala applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per il giudizio sul punto. Ai sensi dell’art. 624 c.p., comma 2, vanno dichiarati irrevocabili gli altri capi e punti della sentenza.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla applicazione della misura di sicurezza della libertà vigilata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Catania per il giudizio sul punto.

Dichiara irrevocabili gli altri capi e punti della sentenza.

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