Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-04-2011) 13-05-2011, n. 18852 Prova penale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

LIONE Tindari che ha concluso per il rigetto dei ricorsi.
Svolgimento del processo

La Corte di appello di Caltanissetta, con sentenza in data 27/5/2010, confermava la sentenza del Tribunale di Caltanissetta, in data 14/7/2009, appellata da B.A. e L.B.C., dichiarati colpevoli di numerosi reati di rapina aggravata e furto aggravato, prevalentemente in danno di uomini anziani o di persone facilmente irretibili e li condannava, rispettivamente, alla pena di anni tre di reclusione e Euro 600 di multa e anni sei di reclusione e Euro 2000 di multa, oltre al risarcimento del danno a favore delle parti civili costituite.

Proponevano ricorso per cassazione i difensori di entrambi gli imputati, deducendo la mancanza o manifesta illogicità della motivazione non avendo la Corte territoriale sottoposto ad adeguato vaglio di attendibilità e di credibilità le dichiarazioni delle persone offese e, in particolare, di S.M., considerato anche il rancore nutrito dallo stesso nei confronti di L.B. C., dalla quale era stato querelato per violenza sessuale.
Motivi della decisione

Entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati e vanno dichiarati inammissibili.

E’ indiscusso nella giurisprudenza ci; questa Corte che a base del libero convincimento del giudice possono essere poste le dichiarazioni della parte offesa (Cass., sez. 3, 5 marzo 1993, Russo, m, 193862; Cass., sez. 4, 26 giugno 1990, Falduto, m. 185349) che, pur se non può essere equiparata a quella del testimone estraneo, può tuttavia essere anche da sola assunta come fonte di prova, ove venga sottoposta a un attento controllo di credibilità oggettiva e soggettiva (Cass., sez. 1, 28 febbraio 1992, Simbula, m. 189916;

Cass., sez. 6, 20 gennaio 1994, Mazzaglia, m. 198250; Cass., sez. 2, 26 aprile 1994, Gesualdo, m. 198323; Cass., sez. 6, 30 novembre 1994, Numelter, m. 201251; Cass., sez. 3, 20 settembre 1995, Azingoli, m.

203155), non richiedendo necessariamente neppure riscontri esterni, quando non sussistano situazioni che inducano a dubitare della sua attendibilità (Cass., sez. 6, 13 gennaio 1994 Patan, m. 197386, Cass., sez. 4, 29 gennaio 1997, Benatti, m. 206985, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1997, Orsini, m. 208912, Cass., sez. 6, 24 febbraio 1907, Orsini, m. 208913, Cass., sez. 2, 13 maggio 1997, Di Candia, m.

208229. Cass., sez. 1, 11 luglio 1997, Bello, m. 208581, Cass., sez. 3, 26 novembre 1997, Caggiula, m. 209404).

A tali dichiarazioni, invero, non si applicano le regole di cui all’art. 192 c.p.p., commi 3 e 4, che riguardano le propalazioni dei coimputati del medesimo reato o di imputati in procedimenti connessi o di persone imputate di un reato collegato e che presuppongono l’esistenza di altri elementi di prova unitamente ai quali le dichiarazioni devono essere valutate per verificarne l’attendibilità.

Nella fattispecie l’asserita querela proposta da una delle coimputate per violenza sessuale nei confronti del S. non risulta in alcun modo collegata con i reati ascritti agli imputati.

Nel caso di specie i Giudici di merito, come già evidenziato, hanno, comunque, sottoposto ad attento controllo le dichiarazioni della vittima, valutate nel contesto delle emergenze processuali, segnatamente evidenziando le caratteristiche peculiari di precisione, coerenza ed uniformità delle dichiarazioni accusatorie ed estendendo il vaglio anche ad altri elementi (quali il riscontro costituito dalle analisi cliniche cui i S. è stato sottoposto presso l’ospedale di Caltanissetta ove era stato ricoverato dopo essere stato trovato dagli agenti di PS nella casa occupata dalle due coimputate, in stato di incoscienza 3 i cui esiti hanno evidenziato che l’uomo presentala nel sangue tracce di "Valium", medicinale in grado di procurare lo stato di incoscienza) che, pur – se giuridicamente non necessari, è stato ritenuto corroborassero ab externo il contenuto delle propalazioni accusatorie, anche in considerazione del consueto "modus operandi" dei prevenuti che prevede l’aggancio della vittima, la somministrazione fraudolenta di un farmaco e l’approfittamento a fini di lucro dello stato di incoscienza della vittima per sottrarlo denaro.

L’utilizzazione della fonte di prova è stata, quindi, condotta dai Giudici del merito nella corretta osservanza delle regole di giudizio che disciplinano la valutazione della testimonianza delle persone offese dal reato e con adeguata motivazione, che si sottrae a censura in questa sede.

E’ appena il caso di aggiungere che l’esattezza delle suddette valutazioni, non può formare oggetto d: contestazione in sede di legittimità, essendo notoriamente preclusi a questa Corte l’esame degli elementi fattuali e i apprezzamento fattone dal giudice del merito al fine di pervenire al proprio convincimento. In conclusione si tratta di reiterazione delle difese di merito ampiamente e compiutamente disattese dai giudici di secondo grado, oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere discrezionale dei giudice di merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logico-giuridici.

Dalla ritenuta attendibilità dell’accusa discende, quindi, l’esatta affermazione della sussistenza dei contestati delitti, i cui elementi costitutivi sono stati tratti dalle dichiarazioni delle parti offese.

Gli argomenti proposti dai ricorrenti costituiscono, in realtà, solo un diverso modo di valutazione dei fatti, ma il controllo demandato alla Corte di cassazione, è solo di legittimità e non può certo estendersi ad una valutazione di merito.

Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. con il provvedimento che dichiara inammissibili i ricorsi, gli imputati che li hanno proposti devono essere condannati al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della somma di mille Euro ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili I ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille ciascuno alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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