Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 27-04-2011) 13-05-2011, n. 18847

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Avverso la sentenza indicata in epigrafe che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, del 03.03.2010, di condanna di T.L., per una serie di rapine ed una tentata rapina e porto di coltello alla pena di anni cinque di reclusione ed Euro 1400 di multa, riconosciuta la continuazione e le circostanze generiche prevalenti, ricorre l’imputato, chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo a motivo il vizio di motivazione per mancanza, contraddittorietà e illogicità perchè, in ordine alla tentata rapina alla farmacia di via Ornato, la Corte di merito ha dato un rilievo probatorio alle testimonianze che non vale a giustificare l’affermazione di responsabile per il tentativo di rapina che si è arrestato per volontà dell’esecutore, sicchè avrebbe dovuto configurarsi nei fatti la desistenza dal reato.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato perchè si risolve nella generica ed immotivata affermazione di inadeguatezza della motivazione, già, negli stessi termini, avanzata con l’appello rispetto alla sentenza di primo grado.

Il ricorrente, limitandosi a prospettare la possibilità della ricostruzione del fatto sulla base di un diverso apprezzamento degli elementi di prova, senza peraltro riuscire a evidenziare i profili di contraddittorietà o di incongruità logica del provvedimento impugnato, deduce che i giudici del merito avrebbero errato nell’affermare la sua responsabilità penale in ordine al tentativo e assume che tale errore sarebbe stato determinato da una non corretta valutazione del materiale probatorio, in specie la prova dichiarativa. La Corte di merito ha già valutato tale doglianza, giudicando non potersi configurare la desistenza volontaria perchè l’interruzione dell’attività esecutiva si realizzò non tanto per una resipiscenza dell’imputato ma unicamente perchè imposta da fattori esterni (il farmacista bloccò la parta d’ingresso all’esercizio impedendo l’ingresso), e tali considerazioni costituiscono una motivazione logica, completa e priva di contraddizioni.

Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, e ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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