Cons. Stato Sez. IV, Sent., 16-05-2011, n. 2961 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso iscritto al n. 3638 del 2009, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti propone appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione terza, n. 2640 del 20 febbraio 2009 con la quale è stato accolto il ricorso proposto dall’ANCE Associazione nazionale costruttori edili, e con l’intervento ad adiuvandum di B. -. T. -. P. s.p.a. e T. s.p.a., per l’accertamento dell’illegittimità e l’integrazione, nei limiti esposti, del decreto del Ministero delle Infrastrutture 2 gennaio 2008, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 7 del 9 gennaio 2008, recante: "Rilevazione dei prezzi medi per l’anno 2005 e delle variazioni per l’anno 2006, e dei prezzi medi e delle variazioni percentuali ai fini della determinazione delle compensazioni, relative ai materiali di costruzione più significativi ai sensi degli articoli 133, commi 4, 5 e 6, e 253, comma 24 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, e successive modifiche", nelle parti in cui: (i) non ha previsto nell’elenco dei materiali per i quali far luogo a compensazione, ulteriori materiali oltre al "filo rame conduttore dn 0,5 mm" e alle "condutture e tubi in rame"; (ii) non ha indicato l’entità degli ulteriori aumenti registrati dai prezzi dei materiali già considerati oggetto di aumenti eccezionali nell’ambito delle precedenti rilevazioni; del decreto n. 12273 del 19 settembre 2007 del Ministro delle Infrastrutture di costituzione della Commissione consultiva centrale per il rilevamento del costo dei materiali da costruzione nella misura in cui sono ivi fissati i criteri operativi; del verbale della riunione del 28 novembre 2007 della Commissione consultiva centrale per il rilevamento del costo dei matreili da costruzione; nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenti, anche se attualmente non conosciuti.

A sostegno delle doglianze proposte dinanzi al giudice di prime cure, l’associazione ricorrente aveva premesso come l’art. 133, comma 4, del D.Lgs. n. 163/2006, nel testo vigente all’epoca della controversia, prevedesse, in deroga al generale divieto (comma 2 dello stesso articolo) di operatività dell’istituto della revisione dei prezzi nel settore dei lavori pubblici, un sistema di adeguamento del corrispettivo contrattuale in presenza di specifiche e determinate circostanze. Più in particolare, sostanzialmente riproducendo la disciplina introdotta, a modifica dell’art. 26 della legge n. 109/1994, dall’art. 1 comma 550 della legge n. 311 del 30.12.2004, la disposizione in questione stabiliva che "qualora il prezzo di singoli materiali da costruzione, per effetto di circostanze eccezionali, subisca variazioni in aumento o in diminuzione, superiori al 10 per cento rispetto al prezzo rilevato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti nell’anno di presentazione dell’offerta con il decreto di cui al comma 6, si fa luogo a compensazioni, in aumento o in diminuzione, per la percentuale eccedente il 10 per cento e nel limite delle risorse di cui al comma 7". Pertanto, entro il 30 giugno di ogni anno (ora entro il 31 marzo), il Ministero delle Infrastrutture "rileva con proprio decreto le variazioni percentuali annuali dei singoli prezzi dei materiali da costruzione più significativi" (comma 6 dell’art. 133).

In attuazione della disciplina suddetta sono stati adottati i primi decreti di rilevazione degli scostamenti dei prezzi.

Con un primo D.M., emanato il 30 giugno 2005, furono accertate, per 13 materiali da costruzione, le variazioni percentuali annuali superiori al 10%, per effetto di circostanze eccezionali, intervenute nel 2004 assumendo a riferimento i prezzi medi per l’anno 2003.

Con un secondo D.M., emanato in data 11 ottobre 2006, furono poi accertate variazioni percentuali annuali superiori al 10%, per effetto di circostanze eccezionali, interessanti un solo materiale (il bitume).

In data 2 gennaio 2008 è stato quindi emanato il decreto ministeriale oggetto di contestazione, con il quale il Ministero ha stabilito che i soli materiali che hanno subito nel corso del 2006 una variazione percentuale superiore al 10%, legata a circostanze eccezionali, sono i seguenti: "Filo rame conduttore dn 0,5 mm" (il cui prezzo medio rilevato per l’anno 2005 -Euro al Kg- è stato pari a Euro 4,245 e la variazione percentuale annuale 2006 è stata del 41,64 %) e "Condutture e tubi in rame" (il cui prezzo medio rilevato per l’anno 2005 -Euro al Kg- è stato pari a Euro 12,072 e la variazione percentuale annuale 2006 è stata del 43,93 %).

L’associazione ricorrente, partendo dalla considerazione che solo per questi due materiali potrà essere riconosciuta la compensazione dei prezzi contrattualmente convenuti, impugnava, in parte qua, il Decreto Ministeriale suddetto (e gli atti presupposti specificati in epigrafe), al riguardo formulando quattro motivi di censura e con essi complessivamente deducendo: Violazione e falsa applicazione di legge, con particolare riferimento all’art. 133, commi 4, 5 e 6, d.lgs. n. 163/2006 e al decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 617 del 14 aprile 2005 – Erronea interpretazione di legge – Difetto di motivazione – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, arbitrarietà, irragionevolezza, travisamento dei fatti, disparità di trattamento, illogicità manifesta, contraddittorietà – Sviamento (in relazione ai materiali per i quali il superamento della soglia è stato attestato da due dei tre indici considerati, o anche in relazione ai materiali recanti attestazione univoca da parte dei due indici disponibili in quanto il terzo indice – ISTAT – non è stato fornito, ovvero ancora in relazione ai materiali per i quali il superamento della soglia è stato attestato da uno dei due indici disponibili) – contraddittorietà e perplessità dell’azione amministrativa (in relazione ai materiali per i quali si è proceduto alla verifica in punto di eccezionalità).

Costituitosi il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ed intervenute ad adiuvandum le imprese B. -. T. -. P. s.p.a. e T. s.p.a., il ricorso veniva deciso con la sentenza appellata. In essa, il T.A.R. riteneva fondate le doglianze, annullando gli atti gravati nei limiti dell’interesse evidenziato.

Contestando le statuizioni del primo giudice, il Ministero appellante evidenzia la correttezza della propria azione, sottolineando l’erroneità della sentenza e riproponendo come motivi di appello le difese prodotte in primo grado.

Nel giudizio di appello, si è costituivano l’ANCE Associazione nazionale costruttori edili e le imprese B. -. T. -. P. s.p.a. e T. s.p.a. NM1CON NM2CON, chiedendo di dichiarare inammissibile o, in via gradata, rigettare il ricorso.

All’udienza del 26 maggio 2009, l’istanza cautelare veniva accolta con ordinanza n. 69/2007.

Alla pubblica udienza del giorno 8 marzo 2011, il ricorso è stato discusso ed assunto in decisione.
Motivi della decisione

1. – L’appello è fondato in parte e merita accoglimento entro i termini di seguito precisati.

2. – In via preliminare, vanno esaminate le eccezioni di rito, già proposte in primo grado, con cui l’amministrazione ha lamentato, rispettivamente, l’inammissibilità per tardività del ricorso di primo grado, l’inammissibilità per difetto di interesse e di legittimazione dell’ANCE, l’inammissibilità per carenza di diretta ed immediata lesività del DM del 2 gennaio 2008 e l’inammissibilità del ricorso, stante l’attiva partecipazione della ricorrente ai lavori della commissione centrale.

2.1. – Le censure non sono fondate.

In merito al primo motivo, la tardività del ricorso viene sostenuta in relazione alla natura degli atti impugnati, in quanto, benché atti endoprocedimentali, sarebbero di natura vincolata ed idonei a imprimere un indirizzo ineluttabile alla determinazione conclusiva.

Tuttavia, la regola secondo la quale l’atto endoprocedimentale non è autonomamente impugnabile, giacché la lesione della sfera giuridica del suo destinatario è normalmente imputabile all’atto che conclude il procedimento, è di carattere generale. La possibilità di un’impugnazione anticipata è invece di carattere eccezionale, e riconosciuta solo in rapporto a fattispecie particolari, ossia ad atti di natura vincolata idonei a conformare in maniera netta la determinazione conclusiva oppure in ragione di atti interlocutori che comportino un arresto procedimentale (così da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 4 febbraio 2008, n. 296).

Tuttavia, nel caso in specie, non può che notarsi come, sebbene dotata di ampi poteri, la commissione consultiva centrale per il rilevamento del costo dei materiali da costruzione sia, di fatto e di diritto, un’articolazione interna del Ministero competente, unico soggetto al quale la normativa primaria di riferimento attribuisce il potere di provvedere, tramite decreto, alla determinazione dei costi de qua. Pertanto, stante la particolare connotazione strutturale, non emerge quel carattere eccezionale, dal quale dovrebbe sorgere la vincolatività dell’atto conclusivo del procedimento, a cui fa riferimento la parte appellante. In carenza di tale prova, assume quindi valore la disciplina generale, relativa all’impugnabilità del solo atto finale, a cui correttamente si è riferito il T.A.R. per respingere l’eccezione di primo grado, ora qui riproposta.

In merito al secondo motivo, l’inammissibilità per difetto di interesse e di legittimazione dell’ANCE viene dedotta in relazione alla carenza di titolarità di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo in capo alla stessa associazione, in quanto questo verrebbe ad esistere solo in relazione ad interessi di carattere collettivo, comuni all’intera categoria rappresentata, come un complesso unico.

Tuttavia, proprio la detta prospettazione, in linea di principio condivisibile, porta a considerare corretto il rigetto dell’eccezione operata dal T.A.R., proprio in rapporto alla circostanza che l’ANCE è associazione rappresentativa a livello nazionale delle imprese italiane operanti nel settore dell’edilizia pubblica e privata. Il suo scopo statutario è proprio quello di tutelare gli interessi delle imprese di costruzione, ed è quindi indubbio che la stessa sia legittimata ad agire in giudizio a tutela degli interessi dell’intera collettività dei soggetti di cui è ente esponenziale. Nella fattispecie, il decreto impugnato ha una valenza generale, andando ad incidere sulle posizioni soggettive degli appartenenti alla categoria, ed è quindi penalizzante per le imprese associate.

Ne deriva che correttamente il giudice di prime cure ha ritenuto come l’interesse collettivo di cui l’associazione è portatrice fondi sia l’interesse ad agire che la legittimazione dell’ANCE, trattandosi di interesse "unitario e non settoriale o suscettibile di determinare contrasti di interesse e divisioni all’interno della categoria rappresentata".

Il terzo motivo, riguardante l’inammissibilità per carenza di diretta ed immediata lesività del DM del 2 gennaio 2008, può parimenti essere respinto, essendo condivisibile la ricostruzione operata dal T.A.R. in merito alla natura conformativa del decreto impugnato in relazione all’intera categoria dei costruttori, tanto da ledere con immediatezza l’interesse collettivo rappresentato dall’associazione appellata.

Con il quarto motivo si sostiene l’inammissibilità del ricorso a causa della partecipazione dell’ANCE ai lavori della commissione consultiva predetta. In tal modo questa avrebbe partecipato alla formazione dell’atto, facendo così venir meno ogni potestà impugnatoria.

La ricostruzione operata non può essere condivisa, atteso che, come sopra evidenziato, la commissione non ha alcuna attribuzione decisoria, limitandosi ad esprimere un parere circa le variazioni dei prezzi dei materiali da costruzione e ciò in disparte alla considerazione, pure rilevante, che il provvedimento si è formato nonostante il dissenso della stessa associazione.

3. – Venendo al merito della questione, la decisione del T.A.R. è censurata con il quinto motivo di diritto, articolato in due diversi doglianze.

In primo luogo, il Ministero appellante lamenta come sia stata ritenuta la riconosciuta parziale fondatezza nel merito del ricorso in rapporto ai casi in cui la commissione non ha considerato valutabile l’aumento di prezzo desumibile da due soli indici di riferimento. Tale ragione non può essere condivisa in quanto la commissione, seppur agevolata dal rilevamento dei dati provenienti dalle fonti utilizzate (Provveditorati – SIIT, ISTAT, Unioncamere) non è però tenuta a rispettare tali attestazioni, mantenendo invece un potere residuale di carattere istruttorio, che nel concreto è stato esercitato tenendo in considerazione anche altri elementi.

3.1. – La censura deve essere disattesa.

Dalla norma in esame, appare che i criteri di operatività del meccanismo di adeguamento del corrispettivo contrattuale sono direttamente derivanti dall’accertamento di due diversi parametri, e quindi da un lato lo scostamento percentuale in aumento superiore al 10% e dall’altro l’esistenza di circostanze eccezionali.

Trattandosi di presupposti differenziati, anche il profilo istruttorio deve essere valutato singolarmente e, in relazione al metro valutativo dell’aumento, è del tutto condivisibile l’affermazione del T.A.R. che ha notato come solo per la voce "ferro" (n. 1 della Tabella), l’amministrazione abbia effettivamente fatto uso del suo potere istruttorio, come dimostrano i verbali.

Negli altri casi, in relazione agli altri casi espressamente indicati dal giudice di prime cure, che si è fondato sulla lettura del verbale del 28 novembre 2007, non può negarsi che il criterio utilizzato sia stato unicamente quello fondato sull’esistenza di una concordia tra le fonti disponibili. Mentre non vi sono elementi per condividere l’affermazione della difesa appellante che vi sia stato in concreto un ulteriore accertamento diretto ad evidenziare la sussistenza di altri elementi a supporto della decisione.

Va peraltro chiarito che la decisione della commissione di utilizzare tale meccanismo, ossia quello di fare perno su tre diversi indici di carattere oggettivo, non appare di per sé censurabile, trattandosi di un modo di organizzazione della discrezionalità, e come tale idoneo a vincolare in positivo le scelte dello stesso organo consultivo.

Tuttavia, tale criterio è idoneo ad assumere un valore di vincolo decisionale ragionevole qualora sia integralmente rispettato, ossia quando si verifichi la concordanza dei dati tra le diverse fonti. Nel caso invece in cui questo non accade, ed in particolar modo quando sia mancata l’acquisizione agli atti di uno degli indici prescelti, il criterio appare monco, sia in relazione all’autovincolo impostosi dalla commissione, sia in rapporto alla sua esclusività ed assolutezza, dato che in tal modo la decisione sull’esistenza del presupposto dell’aumento verrebbe a derivare non da un concreto accertamento in fatto, ma in relazione all’evento esterno della mancata acquisizione del dato rilevante.

È quindi corretta l’affermazione del T.A.R. che ha giudicato tale modus operando, ossia il mancato ulteriore approfondimento istruttorio nel caso di carenza degli indici rilevati, come indizio di un vizio del procedimento, tale da determinare l’illegittimità del provvedimento gravato in parte qua.

Per tale ragione, la analitiche osservazione del giudice di prime cure in rapporto alla carenza istruttoria in relazione alle voci singolarmente indicate (e precisamente: "rete elettrosaldata", voce n. 2 della tabella riepilogativa; "lamiere zincate", voce n. 5; "ferro profilato", voce n. 3; "lamiere in ferro", voce n. 4; "tubazioni in materiale plastico", voce n. 17; "pietrame in scampoli", voce n. 28) vanno pienamente condivise.

La doglianze del Ministero va quindi respinta.

4. – In secondo luogo, il Ministero evidenzia come sia stato erroneamente censurato il criterio di valutazione dell’eccezionalità delle circostanze, non ritenendo corretta l’applicazione fattane dalla commissione di valutazione. Viene evidenziato cioè come abbia errato il T.A.R. nel ritenere che fosse necessario acclarare il parametro sulla base della sua oggettività ed imprevedibilità, senza fare riferimento alle cause che lo hanno determinato, anche in relazione alla loro rilevanza mediatica. È inoltre errato il modus di valutazione dell’eccezionalità, basato sui principi di cui agli artt. 1467 e 1667 del codice civile, in quanto sottovaluta l’impatto dell’azione autoritativa dell’amministrazione, sottoponendola alle regole paritarie del diritto comune.

4.1. – L’assunto è fondato.

Occorre evidenziare come l’eccezionalità a cui fa riferimento la norma non appare sic et simpliciter riconducibile, come ha fatto il giudice di prime cure, ad una mera valutazione della sua oggettività "in rapporto a dati di natura obiettiva -quali la frequenza, le dimensioni, l’intensità dell’evento- suscettibili di misurazione e quindi tali da consentire classificazioni almeno di ordine statistico".

Va infatti ricordato che la norma fonte della disciplina si qualifica in senso derogatorio degli ordinari criteri per l’eventuale revisione dei prezzi dell’appalto, rimanendo collegata ad una considerazione degli effetti, anno per anno, degli aumenti considerabili. Inoltre, il requisito dell’eccezionalità ha, come sopra evidenziato, un suo autonomo valore nell’ambito della decisione ministeriale, tanto da doversi considerare, anche concettualmente, distinto dalla mera considerazione numerica del valore dell’aumento.

In quest’ottica, il criterio utilizzato dalla commissione, seppure suscettibile di miglioramento, non pare erroneo nella parte in cui, facendo riferimento a fatti notori, ha introdotto un sistema di selezione delle fattispecie idonee a condurre all’aumento del prezzo che ben si concilia con la logica che permea la norma fonte.

In questo senso, il giudice di prime cure ben aveva colto il senso della disciplina quando ha affermato che "dev’essere invece disatteso l’ulteriore profilo di censura per cui l’eccezionalità consisterebbe nella semplice variazione di prezzo per una percentuale superiore al 10%. Infatti, ad avviso del Collegio, non è sempre la misura dello scostamento in se stessa a concretare l’eccezionalità richiesta dalla legge, rilevando invece al riguardo il coacervo degli elementi e parametri suddetti, ivi compresa la prevedibilità o meno della variazione, ben potendo, in particolari momenti o congiunture economiche, risultare non "eccezionale" anche una variazione di prezzo superiore al 10%".

Tuttavia, a valle di tale condivisibile affermazione, il T.A.R. ha praticamente sostituito il criterio discrezionale scelto dall’amministrazione con uno diverso, estrapolato dalla giurisprudenza civile, che non si attaglia alla particolare fattispecie in esame, non contribuendo a quella selezione di elementi rilevanti che è invece la ratio del presupposto normativo dell’eccezionalità.

Sotto questo profilo, l’appello del Ministero va accolto, dovendosi censurare entro i limiti indicati l’annullamento operato dal T.A.R. sul criterio prescelto dalla commissione per la valutazione dell’eccezionalità.

5. – L’appello va quindi accolto in parte, nei limiti sopra indicati. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalla novità della questione e dalla parziale reciproca soccombenza.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, così provvede:

1. Accoglie in parte l’appello n. 3638 del 2009, nei limiti di cui in motivazione;

2. Compensa integralmente tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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