Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 31-03-2011) 13-05-2011, n. 18873 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a Gabriele, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 2.7.2010 la Corte di appello di Salerno rigettava la richiesta avanzata nell’interesse di D.N. A. intesa ad ottenere l’applicazione della disciplina della continuazione ex art. 671 c.p.p. tra i reati di rapina aggravata e violazioni legge armi commessi l'(OMISSIS) e giudicati con sentenza della Corte di appello di Potenza in data 22.10.1998 e quello di associazione per delinquere di stampo mafioso commesso fino al (OMISSIS) e giudicato con sentenza della Corte d’appello di Potenza in data 12.5.2004. La Corte d’appello di Salerno non riconosceva l’unicità del disegno criminoso tra i suddetti delitti, in quanto emergeva dagli atti che la rapina in questione – in danno del titolare di un distributore di carburanti che si era rifiutato di dare del denaro a S.G., altro componente dell’associazione – era stata eseguita in conseguenza di un evento estemporaneo, non riconducibile al momento in cui D.N. era entrato a far parte dell’associazione, momento che, tra l’altro, risaliva a diversi anni prima.

Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di D.N.A., chiedendo l’annullamento della stessa per difetto di motivazione.

La corte d’appello di Salerno non aveva tenuto conto che il condannato aveva fatto parte di un’associazione dedita, oltre che al traffico di sostanze stupefacenti, anche alla commissione di estorsioni e di rapine e che nella rapina di cui trattasi gli autori avevano tenuto comportamenti tipici degli associati, come quello di andare a mangiare una pizza subito dopo aver commesso la rapina.

Dalla sentenza che aveva condannato D.N. per il delitto associativo emergeva che gli attentati, le rapine e i danneggiamenti commessi dai sodali della c.d. associazione Scarcia erano il frutto del programma criminoso dell’associazione, e quindi aveva errato la Corte d’appello di Salerno a ritenere la rapina in danno del titolare del distributore di benzina determinata da esigenze contingenti.

Anche ad ammettere che la rapina sia stata commessa in quanto il benzinaio si era ribellato all’atto estorsivo, comunque la rapina rientrava nei reati tipici dell’associazione, già deliberati nelle linee generali al momento della costituzione della stessa associazione.

L’ordinanza impugnata illogicamente aveva messo in rilievo che la rapina fosse stata commessa nell’ultimo periodo in cui aveva operato l’associazione, perchè ai fini della continuazione doveva aversi riguardo solo al fatto che la commissione della rapina rientrava nel periodo in cui l’associazione era ancora operativa.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

L’ordinanza della Corte di appello di Salerno appare adeguatamente motivata ed ha rigettato l’istanza di applicazione della disciplina del reato continuato alla stregua di principi sempre ribaditi da questa Corte.

E’ stato, infatti, più volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte che, in tema di rapporti tra reato associativo e reati fine, è configurabile la continuazione tra il reato associativo e i reati fine esclusivamente qualora questi ultimi siano stati programmati nelle linee essenziali sin dal momento della costituzione del sodalizio criminoso. La Corte distrettuale, con puntuale motivazione, ha precisato, con argomenti in fatto non sindacabili in questa sede, che la rapina commessa l'(OMISSIS) non poteva essere stata programmata, neppure nelle linee essenziali, anni prima nel momento della costituzione dell’organizzazione criminosa, essendo sorta la decisione di compierla in conseguenza di un evento estemporaneo, costituito dal rifiuto del titolare di un distributore di carburanti di consegnare ad altro componente dell’associazione il denaro che questi gli aveva chiesto. Ai fini della configurabilità della continuazione dei reati – venuto meno con la riforma del 1974 il requisito dell’omogeneità delle violazioni – ha acquistato rilevanza decisiva l’identità del disegno criminoso, inteso come ideazione e volizione di uno scopo unitario che esalta un programma complessivo, nel quale si collocano le singole azioni, commesse poi, di volta in volta, con singole determinazioni. Ciò implica che lo scopo sia sufficientemente specifico, che la rappresentazione dell’agente ricomprenda tutta la serie degli illeciti facenti parte del programma, concepito nelle sue linee generali ed essenziali, che il programma criminoso sia cioè prefigurato fin dalla consumazione del primo reato. L’associazione è contraddistinta dall’accordo programmatico per la commissione di una serie indeterminata di delitti, non necessariamente compresi, fin dall’inizio, in uno specifico e determinato disegno criminoso; per aversi reato continuato, invece, non è sufficiente un generico piano di attività delinquenziale, ma occorre che tutte le azioni ed omissioni siano comprese, fin dal primo momento e nei loro elementi essenziali ed individualizzanti, nell’originario disegno criminoso; deve sussistere, in sostanza, uno stesso momento genetico-ideativo che accomuna il delitto associativo a quelli eseguiti in sua realizzazione (cfr. Sez. 6 sent. n. 3650 del 26.9.1997, Rv. 208717;

Sez. 1 sent. n. 12639 del 28.3.2006, Rv. 234100; Sez. 1 sent. n. 8451 del 21.1.2009, Rv. 24.31 99). La Corte di appello di Salerno ha indicato, con motivazione immune da vizi logico giuridici, le ragioni per le quali, in base a dati obiettivi, la rapina di cui trattasi non poteva essere stata concepita, neppure nei suoi elementi essenziali, nello stesso periodo in cui il ricorrente era entrato a far parte dell’associazione criminosa, e quindi il presente ricorso, con il quale sono stati dedotti solo motivi in fatto, deve essere dichiarato inammissibile.

Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di prova circa l’assenza di colpa nella proposizione dell’impugnazione (Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 2000), al versamento della somma alla Cassa delle Ammende indicata nel dispositivo, ritenuta congrua da questa Corte.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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