T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 16-05-2011, n. 4201 Carriera inquadramento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso spedito per la notifica a mezzo posta il 04/03/09 e depositato il 27/03/09 G.M., ispettore del Corpo di polizia penitenziaria, ha chiesto la declaratoria del diritto ad essere adibito alle mansioni di cui all’inquadramento corrispondente alla qualifica di ispettore sostituto commissario di polizia penitenziaria a decorrere dal 01/01/2003 (data di assunzione della qualifica) e la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento del danno biologico subito e derivante dalla mancata assegnazione dell’incarico e dal mancato inquadramento nella categoria corrispondente alla qualifica di sostituto commissario, il tutto oltre accessori.

Il Ministero della Giustizia, costituitosi in giudizio con memoria depositata l’11/05/10, ha chiesto il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 14 aprile 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

Deve, preliminarmente, rilevarsi che, nel corso dell’udienza pubblica del 14 aprile 2011, il ricorrente si è opposto all’utilizzabilità, ai fini della decisione, della memoria prodotta in giudizio dalla difesa erariale in data 24 marzo 2011 in quanto presentata in violazione dei termini previsti dall’art. 73 d. lgs. n. 104/2010.

L’opposizione va accolta in quanto la memoria in esame avrebbe dovuto essere presentata, secondo quanto previsto dall’art. 73 d. lgs. n. 104/2010, fino a trenta giorni liberi prima della data fissata per l’udienza di discussione e, quindi, è da ritenersi tardiva e, come tale, inutilizzabile ai fini della decisione.

Nel merito, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

G.M., ispettore del Corpo di polizia penitenziaria, chiede la declaratoria del diritto ad essere adibito alle mansioni di cui all’inquadramento corrispondente alla qualifica di ispettore sostituto commissario di polizia penitenziaria a decorrere dal 01/01/2003 (data di assunzione della qualifica) e la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento del danno biologico derivante dalla mancata assegnazione dell’incarico e dal mancato inquadramento nella categoria corrispondente alla qualifica di sostituto commissario, il tutto oltre accessori.

A fondamento della domanda il ricorrente prospetta l’esistenza di una fattispecie causativa di danno riconducibile al "mobbing" (pag. 9 dell’atto introduttivo nella parte "in diritto") derivante dal trasferimento del lavoratore ad incarichi non coerenti con la qualifica rivestita o, addirittura, dalla mancata assegnazione di incarichi.

In ordine all’individuazione del "petitum" del presente giudizio il Tribunale ritiene che i fatti posti a fondamento della domanda, da considerare ai fini della valutazione della stessa, siano solo quelli indicati nell’atto introduttivo.

Non possono, infatti, trovare ingresso le circostanze esplicitate nella "memoria integrativa" depositata l’08/09/10 e riferibili a fatti tutti successivi al deposito del ricorso; le stesse, infatti, integrando (nella prospettazione di parte ricorrente) ulteriori episodi di "mobbing" concernenti un periodo del rapporto di lavoro successivo a quello indicato nell’atto introduttivo, integrano una vera e propria "domanda nuova" da ritenersi, però, inammissibile perché non notificata alla controparte ma formulata mediante mero deposito di comparsa illustrativa (TAR Lazio – Roma n. 279/10; TAR Lombardia – Milano n. 5298/09; TAR Campania – Napoli n. 6824/09).

Ciò premesso, le domande formulate nel ricorso sono infondate e debbono essere respinte.

Come già evidenziato il G. chiede la declaratoria del diritto ad essere adibito alle mansioni di cui all’inquadramento corrispondente alla qualifica di ispettore sostituto commissario di polizia penitenziaria a far data dal 01/01/2003 (data di assunzione della qualifica) e la condanna del Ministero della Giustizia al risarcimento del danno biologico subito in conseguenza del "mobbing" asseritamente posto in essere dall’amministrazione.

Entrambe le domande non meritano accoglimento non essendo stata raggiunta, all’esito del giudizio, la prova dell’affidamento di mansioni non coerenti con la qualifica rivestita dal ricorrente e, comunque, dell’esistenza di una condotta dell’amministrazione qualificabile come "mobbing".

Con riferimento a tale ultimo profilo va rilevato che, secondo il prevalente giurisprudenziale, per "mobbing", riconducibile alla violazione degli obblighi derivanti, per il datore di lavoro, dall’art. 2087 c.c., deve intendersi una condotta del datore stesso nei confronti del lavoratore protratta nel tempo e consistente in reiterati comportamenti ostili, che assumono la forma di discriminazione o di persecuzione psicologica e da cui consegue la mortificazione morale e l’emarginazione del dipendente nell’ambiente di lavoro, con effetti lesivi dell’equilibrio fisiopsichico e della personalità del medesimo.

In quest’ottica, è stato precisato che, ai fini della configurabilità della condotta lesiva del datore di lavoro, sono necessari: a) la molteplicità di comportamenti di carattere persecutorio posti in essere in modo sistematico e prolungato contro il dipendente con intento vessatorio; b) l’evento lesivo della salute o della personalità del dipendente; c) il nesso eziologico tra la condotta del datore o del dirigente e il pregiudizio all’integrità psicofisica del lavoratore; d) la prova dell’elemento soggettivo, cioè dell’intento persecutorio (in questo senso Corte Cost. n. 359/03; Cass. n. 7382/10; Cass. n. 3785/09; Cons. Stato sez. IV n. 1991/10; TAR Umbria n. 469/10; TAR Piemonte n. 2438/08).

È stato, pertanto, messo in risalto che il tratto strutturante del "mobbing" – tale da attrarre nell’area della fattispecie comportamenti che altrimenti sarebbero confinati nell’ordinaria dinamica, ancorché conflittuale, dei rapporti di lavoro – è proprio la sussistenza di una condotta volutamente prevaricatoria da parte del datore di lavoro volta a emarginare o estromettere il lavoratore dalla struttura organizzativa ove questi opera.

Ciò premesso, il Tribunale ritiene che nella fattispecie non sia ravvisabile quella pluralità di comportamenti sistematicamente caratterizzati dall’univoco intento di estromettere o emarginare il lavoratore dal contesto lavorativo che costituisce il presupposto necessario per la configurabilità del "mobbing".

Prima di passare all’esame dei singoli episodi posti dal ricorrente a fondamento della domanda, il Tribunale ritiene necessario evidenziare che l’arco temporale in cui si sono svolti i fatti, così come prospettati nell’atto introduttivo, va dal 4 marzo 2008 al novembre 2008.

In ordine ai fatti oggetto di causa va rilevato che il G. era originariamente distaccato presso l’Ufficio per il coordinamento delle Traduzioni e dei Piantonamenti ed è stato riassegnato alla Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi in accoglimento di una specifica istanza formulata dal predetto per motivi familiari (così risulta dalla stessa memoria del ricorrente depositata l’11 marzo 2011).

Con successivo ordine di servizio n. 320 del 4 marzo 2008 il responsabile della Direzione generale delle risorse materiali, dei beni e dei servizi ha disposto l’assegnazione del ricorrente presso l’ex Ufficio III della predetta direzione generale conferendo mandato al Direttore dell’ex Ufficio III a collocare specificamente il G. nell’ambito della predetta articolazione.

Il reggente dell’Ufficio III con provvedimento del 12 marzo 2008 ha assegnato provvisoriamente il personale ivi indicato, tra cui anche il G., alle postazioni di servizio ivi menzionate.

Pochi giorni dopo e, precisamente, in data 27 marzo 2010 il G. ha chiesto di essere distaccato presso l’Ufficio per l’attività ispettiva e del controllo del dipartimento – Nucleo investigativo centrale con sede presso la scuola di formazione in Roma, via di Brava.

Con ordine di servizio n. 5535 del 15/05/08 il Ministero, acquisita la disponibilità del ricorrente, lo ha distaccato presso l’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti Internazionali e con successivo del 21/05/08 presso la Scuola di formazione in Roma, via di Brava.

Con istanza del 30/09/08 il G. ha chiesto di rientrare presso la sede di appartenenza e tale rientro è stato disposto con ordine di servizio n. 5632 del 24/10/08.

Con successivo ordine di servizio n. 334 del 13/11/08 l’esponente è stato destinato a prestare servizio presso l’Ufficio armamento, casermaggio, vestiario, automobilistico, navale e delle telecomunicazione mentre con successiva disposizione di servizio n. 78 del 20/11/2010 al predetto è stata affidata la gestione e la responsabilità del "focal point SIGP" della sezione armamento concernente la procedura informatizzata di gestione dell’armamento.

Con disposizione di servizio n. 13 del 09/12/08 al G. sono state attribuite le funzioni di viceresponsabile della sezione armamento; con successiva disposizione di servizio n. 88 del 19/05/09 al predetto è conferita la funzione di responsabile del settore armamento.

Così ricostruita, in fatto, l’articolata vicenda menzionata nell’atto introduttivo il Tribunale rileva che nella fattispecie non risultano configurabili i presupposti per l’esistenza del "mobbing" denunciato dal ricorrente.

In quest’ottica va rilevato che il periodo menzionato nel ricorso attiene ad un lasso di tempo che va dal 4 marzo 2008 al novembre 2008 ed è, per la sua brevità, già di per sé non univocamente indicativo della volontà persecutoria dell’amministrazione anche in ragione dei comportamenti in concreto tenuti da quest’ultima.

L’esclusione, poi, di una volontà illecita dell’amministrazione datrice di lavoro è, poi, desumibile da una serie di circostanze quali, innanzi tutto, il fatto che il Ministero è venuto incontro alle esigenze del ricorrente disponendone, su richiesta formulata dal predetto per motivi familiari, il rientro presso la Direzione generale delle risorse materiali dei beni e dei servizi.

Nello stesso senso va riguardata l’attribuzione al G., nel periodo di riferimento, di una certa quantità di ore di straordinario mensili e del beneficio dell’orario di lavoro in entrata flessibile.

Inoltre, l’amministrazione con nota del 23 gennaio 2008 ha anche ritenuto il G. meritevole del punteggio massimo di "ottimo" con 32 punti per il 2007 e, in più occasioni, ne ha riconosciuto anche formalmente l’elevata professionalità come si evince dalla nota del 14/01/08 redatta dall’Ufficio per il Coordinamento delle Traduzione e dei Piantonamenti (ove il ricorrente viene definito come "dipendente di provata capacità professionale e di sicura affidabilità") nonché dalle note prot. n. 11088 del 22/12/10 (in cui il ricorrente è individuato quale membro della commissione consultiva di studio istituita con P.C.D. del 21/07/09) e prot. n. GDAP – 03257032010 del 03/08/2010 (con cui è stato comunicato il conferimento della ricompensa della "lode").

Non provata, poi, è la lamentata carenza di mezzi necessari per l’espletamento dei compiti istituzionali.

Ed, infatti, contrariamente a quanto dedotto nell’atto introduttivo, a seguito di richiesta del ricorrente formulata il 12 marzo 2008, il Ministero della Giustizia il giorno dopo (ovvero il 13/03/08: di veda l’allegato 4 alla documentazione presentata dall’amministrazione in data 9 dicembre 2010) ha consegnato al G. il computer necessario per l’espletamento dell’attività istituzionale.

Anche il distacco presso la scuola di formazione in via di Brava, denunciato come ulteriore prova dell’intento persecutorio, non appare, in concreto, penalizzante per il G. che nella stessa istanza del 27 marzo 2008 aveva richiesto di essere trasferito in altro Ufficio situato nella medesima sede con ciò dimostrando di essere disponibile a raggiungere la stessa.

Per altro, la scarsa significatività del lasso di tempo indicato nel ricorso ai fini della prova dell’esistenza del "mobbing" è confermata dal fatto che nel periodo in cui ha prestato servizio presso l’Ufficio Studi, Ricerche, Legislazione e Rapporti Internazionali il ricorrente ha usufruito di giorni 25 di congedo straordinario per malattia (come risulta dai tabulati depositati dal Ministero) ed altri giorni di congedo ordinario.

L’assenza, legittima, dal servizio può, pertanto, avere legittimamente precluso l’assegnazione di mansioni di specifico gradimento del ricorrente.

Per altro, la peculiare situazione lavorativa del ricorrente nel breve periodo di riferimento può essere anche ragionevolmente dovuta all’individuazione dello stesso come possibile partecipante ad una missione militare in Kosovo.

Tale ultima circostanza risulta dall’istanza di trasferimento del 27 marzo 2008 (ove il G. specifica che è stato "già selezionato dall’amministrazione per missione in Kosovo con prova della lingua inglese") e dall’annotazione redatta dal ricorrente in calce alla mail del 03/10/08 (documento n. 10 allegato all’atto introduttivo) ove si dà atto che lo stesso si trova in situazione di "assenza di un formale incarico per la futura missione del Kosovo".

Assolutamente non indicativa, per la sua sporadicità, è la mancata concessione di parte delle ferie richieste la cui illegittimità non risulta ex actis né è stata dall’interessato fatta valere attraverso la formale impugnazione del diniego.

Irrilevante, poi, è il mancato riconoscimento dell’indennità di reperibilità in conseguenza dell’obbligo di tenere acceso il telefono cellulare in dotazione al ricorrente; la motivazione del diniego, presente nella nota del 10/10/07 (allegato n. 15 all’atto introduttivo), non risulta illegittima (lo stesso ricorrente ne prospetta la mera opinabilità: pag. 8 del ricorso), in quanto distingue correttamente la reperibilità ex art. 18 l. n. 395/90 (soggetta a retribuzione aggiuntiva) dalla necessità dell’utilizzo dell’apparecchio telefonico di servizio.

Nello stesso senso va riguardata la situazione di sovraffollamento della stanza in uso al ricorrente che, lungi dal costituire estrinsecazione dell’intento persecutorio, risulta frutto di una generale disorganizzazione dell’ente gravante in eguale misura su tutti gli occupanti della stessa (in questo senso depongono le lamentele dei colleghi del Giovannnoni).

Da quanto fin qui evidenziato non emerge, per il periodo di riferimento, una volontaria e colpevole e, comunque, riconducibile a volontà persecutoria mancata assegnazione – nei confronti del ricorrente – di funzioni coerenti con la qualifica di sostituto commissario da questi rivestita che, comunque, rientra nell’ambito di quella, più generale, di "ispettore" (in questo senso si esprime l’art. 8 d. lgs. n. 193/03).

Debbono, sul punto, essere richiamati gli ordini di servizio n. 78 del 20/11/2010 (avente ad oggetto l’affidamento della gestione e della responsabilità del "focal point SIGP" della sezione armamento concernente, in particolare, la procedura informatizzata di gestione dell’armamento), n. 13 del 09/12/08 (di attribuzione delle funzioni di viceresponsabile della sezione armamento) e n. 88 del 19/05/09 (di riconoscimento della funzione di responsabile del settore armamento) quali strumenti, coerenti con la qualifica rivestita dal ricorrente, di valorizzazione della professionalità posseduta da quest’ultimo.

Per questi motivi il ricorso è infondato e deve essere respinto.

La peculiarità della fattispecie oggetto di causa giustifica, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/10 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

1) respinge il ricorso;

2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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