Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-05-2011) 16-05-2011, n. 19089

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 3 dicembre 2010, la Corte di appello di Catania,in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Catania, in data 7/4/2010, qualificato il fatto come ricettazione anzichè riciclaggio, rideterminava in anni due di reclusione ed Euro 600,00 di multa ciascuno, la pena inflitta a R.F. e M. C.R. per ricettazione di diverse centinaia di metri di fili di rame sottratti alla Telecom.

La Corte territoriale respingeva le censure in rito mosse con l’atto d’appello, in punto di mancata accettazione della richiesta di patteggiamento e della richiesta subordinata di rito abbreviato condizionato. Nel merito respingeva la richiesta di qualificare il fatto come furto, provvedendo a derubricare l’originaria contestazione di riciclaggio in quella di ricettazione ed alla conseguente rideterminazione della pena inflitta. Avverso tale sentenza propongono ricorso entrambi gli imputati per mezzo dei rispettivi difensori di fiducia.

R.F.:

Solleva due motivi di ricorso con i quali deduce violazione della legge penale e vizio della motivazione.

Quanto al primo motivo si duole del rigetto delle richieste relative all’ammissibilità del patteggiamento e della richiesta di giudizio abbreviato ed eccepisce che, a norma dell’art. 444 c.p.p., comma 2, quando vi sia l’accordo delle parti si può applicare la pena a richiesta anche in assenza di una richiesta iniziale. Si riporta, pertanto, alla proposta avanzata dalle parti, esplicitata nel verbale d’udienza del 3 marzo 2010. Si duole, inoltre, della mancata accettazione della richiesta di patteggiamento condizionato.

Quanto al secondo motivo si duole della determinazione della pena e della mancata concessione delle attenuanti generiche prevalenti.

M.C.R.:

Deduce violazione di legge e vizio della motivazione, dolendosi della mancata qualificazione del fatto come furto e del rigetto delle deduzioni difensive volte a provare che gli imputati avevano direttamente asportato da una linea elettrica della Telecom il materiale trovato in loro possesso.
Motivi della decisione

Il ricorso di R.F. è infondato, quello di M. C.R. è inammissibile.

R.F.:

Per quanto riguarda il motivo circa l’ammissibilità dell’istanza di patteggiamento, le censure sono infondate.

A norma dell’art. 448 c.p.p. quando si procede all’udienza dibattimentale nel giudizio immediato, l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado può rinnovare la richiesta di patteggiamento qualora sia stata respinta dal Gip. Rinnovare non vuoi dire proporre una nuova richiesta, ma ripresentare la stessa richiesta già respinta. Poichè nel caso di specie l’originaria richiesta era stata respinta dal Gip in quanto priva di un elemento fondamentale, qual’è la quantificazione della pena proposta, non può considerarsi rinnovazione la presentazione di una domanda di applicazione di una pena determinata sulla quale è stato raggiunto il consenso del P.M., trattandosi di domanda proposta per la prima volta e, quindi, inammissibile. Nè argomenti in senso contrario possono dedursi dall’art. 444 c.p.p., comma 2, che prevede che il consenso del Pubblico Ministero possa essere formulato dopo la presentazione della domanda.

Pertanto esattamente il Tribunale e la Corte d’Appello hanno qualificato come inammissibile la domanda di applicazione della pena a richiesta, formulata per la prima volta all’udienza del 3/3/2010.

Ugualmente incensurabile è la diniego della richiesta di rito abbreviato condizionato, avendo i giudici di merito adeguatamente motivato in ordine alle ragioni che rendevano non necessaria l’integrazione probatoria richiesta dagli imputati.

Quanto alle doglianze in punto di mancata concessione delle generiche prevalenti, la censura è manifestamente infondata in quanto l’art. 69 c.p., comma 4, espressamente vieta il giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva qualificata, ex art. 99 c.p., comma 4. Così come sono infondate le censure in punto di dosimetria della pena, essendo stata determinata nella misura del minimo edittale.

M.C.R.:

Il ricorso è inammissibile in quanto basato su motivi non consentiti nel giudizio di legittimità. Si tratta, all’evidenza, di motivi del tutto generici, e che, in ogni caso, per l’assoluta aspecificità, non permettono alcuna seria e concreta valutazione delle censure.

Viceversa, il ricorrente ha del tutto ignorato le ragioni poste a base del provvedimento impugnato così incorrendo nel vizio di aspecificità conducente, a norma dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. c), all’inammissibilità dell’impugnazione (Cass., sez. 6, n. 35656, 6 luglio 2004, Magno).

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.

Rigetta il ricorso di R.F. e dichiara inammissibile il ricorso di M.C.R..

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè il M. anche al versamento della somma di Euro mille alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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