Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 03-05-2011) 16-05-2011, n. 19081 Ricorso straordinario per errore materiale o di fatto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza 25.5.10 la Corte d’Appello di Bari confermava la condanna emessa il 2.5.01 dal Tribunale della stessa sede nei confronti di D.V.A. per il delitto p. e p. ex art. 629 c.p., commi 1 e 2 in relazione all’art. 628 c.p., comma 3, n. 1, consistito nel costringere C.A. – dietro minaccia e violenza – a far sì che il D. facesse rifornimento di benzina presso il distributore di carburanti (dove lavorava il C. medesimo) senza pagarne il corrispettivo, reato aggravato dall’essere stato commesso da più persone riunite.

Tramite il proprio difensore il D. ricorreva contro la sentenza, di cui chiedeva l’annullamento per i motivi qui di seguito riassunti nei limiti prescritti dall’art. 173 disp. att. c.p.p., comma 1:

a) ai sensi della disciplina previgente alla L. n. 251l del 2005, il reato (risalente al 13.8.95), tenuto conto dell’attenuante dell’art. 62 c.p., n. 4 già concessa in prime cure con criterio di prevalenza, si era estinto per prescrizione alla data del 13.8.10;

b) il decreto che dispone il giudizio era nullo per violazione dell’art. 429 c.p.p., lett. c), mancando in esso una chiara e precisa descrizione del fatto, atteso che la condotta estorsiva era addebitato collettivamente a tutti e tre i soggetti poi imputati, senza distinguere l’azione in concreto ascritta al D.;

inoltre, essendo stati gli altri due coimputati separatamente giudicati, il capo di imputazione si sarebbe dovuto riformulare;

c) erronea dichiarazione di contumacia dell’imputato e sua mancata traduzione per l’udienza dibattimentale del 2.5.01, in cui era stata emessa la sentenza di primo grado, nonostante che il D. fosse, all’epoca, detenuto nel carcere di Turi (come da certificato del casellario giudiziale e provvedimento di cumulo pene che allegava al ricorso); tale situazione, riferita nei motivi d’appello dal suo difensore, era stata tralasciata dalla Corte territoriale, che invece ben avrebbe potuto effettuare gli opportuni accertamenti in proposito;

d) vizio di motivazione nella parte in cui l’impugnata sentenza aveva ravvisato il reato di estorsione nonostante che la violenza si fosse risolta in una semplice spinta e che l’equivoca minaccia ("prendila come un inizio di tangente") fosse da ritenersi, alla luce del comportamento successivo tenuto dal coimputato M. nei confronti del L. (titolare del distributore di carburanti), un’iniziativa meramente faceta e goliardica, visto anche l’ammontare irrisorio della benzina non pagata; d’altronde, lo stesso C. aveva negato di aver subito minacce o violenze (a tal fine allegava uno stralcio della sua deposizione dibattimentale);

e) insussistenza del delitto di estorsione per difetto del requisito dell’ingiusto profitto, poichè altre volte il D. aveva fatto rifornimento senza pagare dicendo che avrebbe adempiuto in seguito (come aveva poi fatto); dunque, il suo era un abituale modus operandi (rifornirsi di benzina e pagare in un secondo momento) giustificato dal rapporto di parentela con il L.;

f) proprio l’erogazione "a credito" della benzina, escludendo l’ingiusto profitto, implicava la qualificazione del fatto come violenza privata e non già come estorsione, reato – quest’ultimo – di cui mancava anche il dolo specifico; g) era stata omessa la conversione della pena detentiva in quella pecuniaria.
Motivi della decisione

1- Il ricorso è inammissibile perchè manifestamente infondato (v. infra), il che preliminarmente comporta il rigetto del motivo che precede sub a), che tralascia il noto principio – ormai consolidatosi a partire da Cass. S.U. n. 32 del 22.11.2000, dep. 21.12.2000 – per cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione, anche se per manifesta infondatezza dei relativi motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 c.p.p. (cfr. ad es. Cass. Sez. 1 n. 24688 del 4.6.2008, dep. 18.6.2008; Cass. Sez. 4, n. 18641 del 20.1.2004, dep. 22.4.2004, e numerosissime altre).

Del pari è inammissibile il ricorso per Cassazione proposto unicamente per far valere la prescrizione maturata dopo la decisione impugnata e prima della presentazione dell’atto di gravame (come avvenuto nel caso di specie), in quanto esula dai casi in rapporto ai quali può essere proposto a norma dell’art. 606 c.p.p. (cfr., ad es., Cass. S.U. n. 33542 del 27.6.2001, dep. 11.9.2001).

2- La doglianza che precede sub b) è preclusa ex art. 606 c.p.p., u.c., perchè concernente motivi non fatti valere in appello.

Inoltre, è appena il caso di notare che in caso di concorso di persone non è indispensabile, ai fini dell’art. 429 c.p.p., lett. c), che nel capo di imputazione siano dettagliatamente descritte le singole azioni attribuite a ciascun concorrente. Men che meno è richiesta la riformulazione del capo d’accusa sol perchè altri coimputati siano stati separatamente giudicati, trattandosi di contingenza processuale ininfluente sull’accadimento storico oggetto del processo.

3 – Il motivo che precede sub e) trascura che, per costante giurisprudenza di questa Corte Suprema, si può legittimamente procedere in contumacia dell’imputato detenuto per altra causa allorquando tale condizione non risulti dagli atti, sia sconosciuta al giudice e l’imputato, pur potendo, non si sia attivato, con un minimo di diligenza, per comunicarla.

Infatti, l’impossibilità oggettiva a comparire, per essere rilevante, implica l’irresistibilità dell’ostacolo e la prova che l’interessato abbia tenuto un comportamento adeguato all’intenzione di superarlo (Cass. Sez. 4, n. 40292 del 12.10.06, dep. 7.12.06), rv.

235418; Cass. Sez. 5, n. 2119 del 4.2.97, dep. 6.2.97, rv. 207004;

Cass. n. 7850/92, rv. 191016).

Nel caso di specie, nè l’imputato nè il suo difensore avevano comunicato al Tribunale l’asserito stato di detenzione in concomitanza con l’udienza del 2.5.01. 4- I motivi che precedono sub d), sub e) e sub f) si collocano al di fuori del novero di quelli spendibili ex art. 606 c.p.p., perchè in essi sostanzialmente si svolgono mere censure sulla valutazione operata in punto di fatto dai giudici del gravame, che con motivazione esauriente, logica e scevra da contraddizioni hanno accertato l’uso di violenza e minaccia nei confronti del C., l’assenza di qualsivoglia intento scherzoso e la volontà di non versare il corrispettivo del carburante illecitamente preteso, che effettivamente non fu poi mai pagato (come riferito dal teste L., secondo quel che si legge nell’impugnata sentenza).

In breve, i giudici del merito hanno accertato, con motivazione immune da vizi logico-giuridici, che il D. non pagò neanche in seguito la benzina presa e che egli non aveva alcun intento – o consueto modus operandi – di rifornirsi a credito.

Ne consegue la volontaria e consapevole realizzazione, da parte sua, di un ingiusto profitto con altrui danno patrimoniale.

Ciò conferma la configurabilità del delitto di cui all’art. 629 c.p. anzichè di quello p. e p. ex art. 610 c.p..

Nè le argomentazioni svolte in ricorso circa l’interpretazione delle testimonianze del L. e del C. integrano una denuncia di travisamento della prova potenzialmente rilevante ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, pregiudizialmente inibita dal rilievo – ormai largamente prevalente nella giurisprudenza di questa Corte -che la deduzione del vizio di travisamento della prova, in ipotesi di doppia pronuncia conforme (come avvenuto nel caso di specie), è consentita solo ove il giudice di appello, per rispondere alle censure contenute nell’atto di impugnazione, abbia richiamato atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice, ostandovi altrimenti il limite del devoluto, che non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità (cfr. ad es. Cass. Sez. 2, n. 24667 del 15.6.2007, dep. 21.6.2007; Cass. Sez 2 n. 5223 del 24.1.2007, dep. 7.2.2007; Cass. Sez. 2, n. 42353 del 12.12.2006, dep. 22.12.2006, e numerose altre).

A ciò si aggiunga che, nel dedurre un travisamento della prova, la parte deve necessariamente trascriverla integratalmente od allegare in copia il documento in cui essa è consacrata (il che non è avvenuto nel caso di specie, essendosi il ricorrente limitato alla produzione d’un mero stralcio del verbale d’udienza) altresì evidenziando l’esatto passaggio in cui si annida il vizio:

diversamente, il ricorso non è autosufficiente (cfr., da ultimo, Cass. Sez F n. 32362 del 19.8.10, dep. 26.8.10).

5. Quanto alla richiesta di conversione della pena detentiva in quella pecuniaria – v motivo che precede sub g) -, si trattava di istanza generica e incompatibile (cfr. L. n. 689 del 1981, art. 53, comma 1) con l’entità della pena irrogata (anni tre e mesi sei di reclusione e L. 2.000.000 di multa), il che esimeva i giudici d’appello dal rispondervi (come statuito da costante giurisprudenza di questa S.C.).

6- All’inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che stimasi equo quantificare in Euro 1.000,00 alla luce dei profili di colpa ravvisati nell’impugnazione, secondo i principi affermati dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 186/2000.
P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Sezione Seconda Penale, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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