Cass. civ. Sez. II, Sent., 14-09-2011, n. 18784 comunione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. – C.G. e R.F., deducendo di aver acquistato all’asta in sede di esecuzione immobiliare un edificio gravato da usufrutto per la quota di un mezzo a favore di T. L., chiesero lo scioglimento della comunione così formatasi con la stessa e l’assegnazione della quota della convenuta, offrendone il pagamento nella misura da determinare con consulenza estimativa.

La convenuta si costituì asserendo che l’immobile, costituito da una villetta su due piani, uno rialzato e l’altro seminterrato, abitata da lei e dal figlio disoccupato, era comodamente divisibile ai fini del godimento, e chiese, pertanto, disporne la divisione in natura.

In caso di ritenuta indivisibilità, chiese differirsi la divisione per un congruo tempo, ai sensi dell’art. 1111 c.c., comma 1, per consentirle di reperire altro alloggio.

2. – Il Tribunale di Voghera, ritenuta la indivisibilità dell’immobile anche ai fini del godimento, dichiarò sciolta la comunione di godimento tra le parti, assegnando l’intera piena proprietà dell’immobile agli attori in ragione delle loro quote, con assegnazione di un quarto ciascuno della quota di usufrutto di un mezzo già spettante alla T., dietro versamento alla convenuta della somma di Euro 17914,60. La T. propose appello avverso tale sentenza.

3. – La Corte d’appello di Milano, con sentenza depositata il 23 novembre 2004, respinse il gravame, condannando l’appellante alle spese del grado. Premesso che nella specie trovavano applicazione le norme sulla divisione ereditaria richiamate dall’art. 1116 cod. civ. e, dunque, dell’art. 720 cod. civ., osservò che la indagine svolta dal c.t.u. aveva accertato la non comoda divisibilità dell’immobile, essendo solo il piano rialzato abitabile, mentre il piano sottostante seminterrato era adibito a cantina e centrale termica e non era abitabile. Dunque, correttamente il primo giudice aveva dichiarato lo scioglimento della comunione.

Quanto all’attribuzione, rilevato che l’immobile era oggetto di due distinte comunioni, una delle quali tra i nudi proprietari ed una tra la titolare del diritto di usufrutto per la quota di un mezzo ed i titolari della piena proprietà per la quota di un mezzo, che questi congiuntamente avevano chiesto l’attribuzione, e che i principi di cui all’art. 720 cod. civ. si applicano anche allo scioglimento dei diritti di godimento, osservò la Corte di merito che il criterio dell’attribuzione per quota maggiore, nella specie, non poteva trovare applicazione essendo entrambe le parti titolari di quote di un mezzo. Tuttavia, appariva più consona all’interesse comune dei condividenti l’attribuzione dell’intero immobile indivisibile agli appellati, che avevano acquistato il bene all’asta in sede di esecuzione immobiliare e avevano fatto richiesta di attribuzione congiunta già in primo grado, previa offerta di corresponsione alla controparte della somma indicata dal c.t.u.

Rilevò, infine, la Corte che l’appellante non aveva mai contestato di dimorare in altro stabile già dal 14 febbraio 1996, anche se nello stesso comune, e che gli appellati avrebbero acquistato il bene per adibirlo a propria abitazione, sicchè rispondeva ad un criterio di buon senso l’attribuzione agli appellati della quota di usufrutto della T.. 4. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre T.L. sulla base di tre motivi. Resistono con controricorso C.G. e R.F..
Motivi della decisione

1. – Con il primo motivo di ricorso, si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia ex art. 360 c.p.c., n. 5, riguardo al criterio di attribuzione dell’immobile ritenuto non comodamente divisibile. La sentenza impugnata, nell’affermare che appariva più consono all’interesse dei condividenti l’attribuzione dell’intero immobile al C. e alla R., non avrebbe indicato quale fosse tale interesse e perchè esso sarebbe stato meglio soddisfatto con l’attribuzione agli appellati anzichè alla T.. Infatti, l’affermazione secondo la quale detta attribuzione trovava giustificazione nella circostanza che il C. e la R. avessero acquistato il bene all’asta in sede di esecuzione immobiliare sarebbe stata insufficiente, ed inoltre contraddittoria se correlata con l’inciso indicato nella parte successiva della sentenza in cui si legge che gli appellati avrebbero acquistato all’asta immobiliare il bene per adibirlo a propria abitazione.

Infatti, non sarebbero emersi elementi certi in tal senso, avendo, anzi, gli stessi piena consapevolezza della preesistenza del diritto di godimento in capo alla signora T., e non essendo stata accertata la necessità abitativa di C. e R., i quali si erano limitati a sostenere il proprio diritto in funzione della maggior quota. In realtà, costoro avrebbero effettuato l’acquisto esclusivamente per realizzare un buon investimento acquisendo un bene ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di mercato proprio per l’insistenza dell’usufrutto sullo stesso. Per contro, nessuna valenza la Corte avrebbe attribuito alla preesistenza del diritto di godimento della T. ed all’affidamento che su tale diritto l’attuale ricorrente aveva riposto in relazione alle proprie esigenze abitative, non essendo la stessa proprietaria di alcun bene immobile sul territorio nazionale ed essendo stata precaria la trascorsa disponibilità da parte sua di altro immobile, sicchè allo stato ella risiedeva nell’immobile per cui è causa.

2.1. – La doglianza è fondata nei termini di seguito precisati.

2.2. – La Corte di merito ha fornito una motivazione inadeguata dell’iter logico-giuridico seguito nell’esercizio del suo potere in ordine alla scelta del soggetto cui assegnare l’intero immobile in questione, giudicato non comodamente divisibile.

Essa ha apoditticamente affermato l’opportunità dell’attribuzione del bene al C. e alla R. facendo riferimento alla circostanza che costoro lo avevano acquistato all’asta facendo richiesta di assegnazione congiunta già nel giudizio di primo grado, e contraddittoriamente attribuendo valenza ad un elemento sfornito di alcun riscontro, e cioè che fosse loro intenzione adibire il bene a loro abitazione: contraddittoriamente, in quanto, per un verso, la circostanza che, pure, è posta sostanzialmente a base della decisione, viene descritta con l’adozione del modo condizionale (gli appellati avrebbero acquistato all’asta immobiliare il bene per adibirlo a propria abitazione), che conferma la inesistenza di alcuna prova al riguardo, situazione che, se mai, come rilevato dalla ricorrente, avrebbe dovuto suggerire, in assenza di elementi che inducessero ad optare decisamente per l’attribuzione del bene all’una o all’altra delle parti, l’acquisizione di dati ulteriori; per l’altro, appare quanto meno opinabile che l’acquisto all’asta in sede di esecuzione immobiliare di un immobile, effettuato nella piena consapevolezza che su di esso esista un diritto di godimento in capo ad altro soggetto, possa avere la funzione di garantire un’abitazione all’acquirente e non piuttosto dr assicurargli un investimento a condizioni favorevoli.

Nè, del resto, il giudice di secondo grado ha attribuito alcun rilievo, ai fini della propria decisione, alla circostanza della preesistenza del diritto di godimento sull’immobile spettante alla T..

2.3. – La statuizione in ordine all’attribuzione dell’intero immobile risulta, in definitiva, assunta dalla Corte territoriale immotivatamente.

3. – Con la seconda censura si lamenta omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia, con riferimento ai motivi di doglianza della T. circa l’estinzione dell’usufrutto operata dalla sentenza di primo grado in violazione dell’art. 1014 cod. civ..

Il giudice di secondo grado avrebbe omesso di esaminare la censura contenuta nell’atto di appello in merito alla inosservanza del principio di tassatività delle cause di estinzione dell’usufrutto indicate nella richiamata disposizione codicistica, tra le quali non è prevista la possibilità della liquidazione coatta del valore della quota di godimento da parte del nudo proprietario.

4.1. – La doglianza è fondata, nei termini e con le precisazioni che seguono.

4.2. – Invero, la Corte territoriale non si è in alcun modo pronunciata sulla questione sollevata dall’appellante, attuale ricorrente, in ordine alla legittimità della estinzione del diritto di godimento in capo alla T. – al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 1014 cod. civ. – quale conseguenza dell’acquisto del bene immobile gravato da quota di usufrutto a favore della stessa e della liquidazione del valore della relativa quota da parte degli acquirenti: liquidazione operata con la sentenza di primo grado.

4.3. – In proposito, pur ribadendosi l’orientamento della giurisprudenza di questa Corte secondo il quale la decisione del giudice di secondo grado che non esamini e non decida un motivo di censura della sentenza del giudice di primo grado è impugnabile per cassazione non già per omessa o insufficiente motivazione su di un punto decisivo della controversia, bensì per omessa pronuncia su un motivo di gravame, con la conseguenza che, se il vizio è denunciato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 o 5 anzichè dell’art. 360 c.p.c., n. 4 in relazione all’art. 112 c.p.c., il ricorso si rivela inammissibile (v., tra le altre, Cass., sentt. n. 26598 del 2009), si rileva, tuttavia, che, nella specie, il motivo di ricorso, pur sotto l’apparente deduzione di omessa motivazione, peraltro non corroborata dalla specifica indicazione, in rubrica, dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, consiste nella sostanziale denunzia di omessa pronuncia (v., per una ipotesi di individuazione di censura di omessa pronuncia in presenza di una apparente deduzione di vizio di motivazione, Cass., sent. n. 4201 del 2006).

5. – Resta assorbito dall’accoglimento dei primi due motivi del ricorso l’esame della terza doglianza, con la quale si denuncia violazione o falsa applicazione di norme di diritto ex art. 360 c.p.c., n. 3, riguardo alla condanna della T. alle spese processuali, in applicazione del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., per la ritenuta mancanza dei relativi, presupposti di legge.

6. – In definitiva, devono essere accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo. La sentenza impugnata va, pertanto, cassata in relazione ai motivi accolti, e la causa rinviata ad un diverso giudice, che viene individuato in altra sezione della Corte d’appello di Milano – al quale viene altresì demandato il regolamento delle spese del presente giudizio – che riesaminerà la questione della attribuzione dell’immobile di cui si tratta, e, in particolare, motiverà la propria decisione al riguardo tenendo conto dei rilievi svolti sub 2.2., ed inoltre si pronuncerà sulla doglianza della T. attinente alla questione della sostanziale estinzione dell’usufrutto in capo alla stessa per effetto della liquidazione, disposta con la sentenza di primo grado, del valore della quota di godimento ad opera degli acquirenti della nuda proprietà.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso, assorbito il terzo. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti, e rinvia, anche per le spese del presente giudizio, ad altra sezione della Corte d’appello di Milano.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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