Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 29-04-2011) 16-05-2011, n. 19071

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con sentenza del 31 maggio 2010, la Corte di appello di Firenze in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale della medesima città il 21 aprile 2008 nei confronti di B.P., ha rideterminato la somma liquidata in favore della parte civile S S.p.A. a titolo di provvisionale, l’importo di Euro 3.000,00 confermando la condanna del predetto ad anni due e mesi sei di reclusione ed Euro 1.000,00 di multa quale imputato del delitto di ricettazione al medesimo ascritta.

Propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, il quale deduce, nel primo motivo la prescrizione del reato intervenuta in grado di appello. In particolare, sottolinea il ricorrente, i giudici dell’appello avrebbero rigettato la eccezione di prescrizione formulata già in quel grado sulla base di un assunto erroneo:

infatti, datano la consumazione nel luglio del 2000 in rapporto alla più volte citata fattura Astromoda per la merce acquistata da B.I., riferendosi alla data del 7 luglio 2000, in realtà evocata in altra parte della sentenza in relazione all’acquisto di alcuni campioni acquistati dall’imputato dal R. A., presidente della SASH. Dunque, vi sarebbe incertezza sulla data di consumazione del reato, istantaneo, con la conseguenza che deve nella specie trovare applicazione il principio del favor rei. Si deduce, poi, vizio di motivazione, in quanto non si tiene conto che le risultanze processuali avrebbero asseverato la possibilità di acquisti di merce anche a stock e non solo in via esclusiva attraverso il franchising. Sarebbe inoltre indimostrata la circostanza che la merce di cui alla fattura emessa nei confronti della B. fosse ricettata, posto che la persona dell’imputato non era ignota all’acquirente, mentre i rapporti intrattenuti col D. M. – anch’essi valorizzati, come la fattura di cui sopra, in chiave di accusa – erano del tutto leciti. Si contestano, infine, le considerazioni svolte dai giudici a quibus per escludere l’applicabilità della attenuante di cui al secondo comma dell’art. 648 cod. pen., visto il modesto importo della merce venduta alla B. e l’assenza di prova circa ulteriori acquisizioni dell’imputato.

Il ricorso è manifestamente infondato. Quanto alla dedotta prescrizione, infatti, i giudici del merito hanno collocato i fatti in un periodo immediatamente precedente al luglio del 2000, sulla base di una ricostruzione complessiva della vicenda che si colloca in linea anche con i dati offerti dalla sentenza di primo grado e, dunque, a prescindere dal riferimento soggettivo a chi quella specifica fattura del 7 luglio 2000 si riferisse. Una ricostruzione che, in assenza di affidabili elementi circa una significativa retrodatazione dei fatti, peraltro neppure puntualmente dedotta dal ricorrente, deve ritenersi appagante ai fini della determinazione del dies a quo circa il computo del termine prescrizionale, conseguentemente non spirato alla data della pronuncia della sentenza di appello. I restanti motivi sono, poi, palesemente inammissibili, in quanto circoscritti ad un riesame del merito non consentito in questa sede, oppure fondati su mere asserzioni, quali quelle in forza delle quali si contesta la mancata applicazione della attenuante di cui al capoverso dell’art. 648 cod. pen..

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima equo determinare in Euro 1000,00 alla luce dei principi affermati dalla Corte Suprema di Cassazione nella sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro mille in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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