T.A.R. Sicilia Catania Sez. II, Sent., 16-05-2011, n. 1234 Giurisdizione del giudice ordinario e del giudice amministrativo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

I ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe esponendo:

– di aver prestato la propria opera medico professionale presso le cliniche del Policlinico universitario di Messina, avendo stipulato con tale amministrazione diversi contratti d’opera;

– di avere chiesto, in base all’art. 19, comma 9 bis, del CCNL del comparto Università del 21 maggio 1996, all’Amministrazione l’immediata conversione dei rapporti di lavoro in essere con conseguente assunzione con contratto a tempo determinato per una durata di 3 anni;

– che l’Amministrazione, con le delibere impugnate, avrebbe assunto una posizione meramente interlocutoria.

Il ricorso è affidato al seguente motivo.

Violazione e mancata applicazione dell’articolo 19 comma 9bis del CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996 modificato il 17 luglio 1997. Violazione dell’articolo 97 della carta costituzionale. Eccesso di potere sotto il profilo della assoluta carenza di istruttoria. Disparità di trattamento. I ricorrenti, ancorchè in "pausa tecnica" alla data del 1 gennaio 1997, devono essere considerati in servizio a tale data, in quanto i rapporti di lavoro devono essere considerati momentaneamente sospesi e non interrotti. Sussisterebbero poi la necessità di fronteggiare gravi esigenze assistenziali, richiesta dal citato comma 9bis. Da tali argomentazioni discenderebbe il diritto dei ricorrenti alla conversione dei rapporti di lavoro.

Questa Sezione, con ordinanza 18 luglio 1998, n. 1792, ha accolto la domanda di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati, ritenendo che "…la mancata conclusione del procedimento finalizzato alla determinazione delle esigenze assistenziali di assoluta necessità non può protrarsi indefinitamente con palese danno delle ragioni dei ricorrenti e vulnus delle funzionalità delle strutture pubbliche…".

Con successiva ordinanza 9 novembre 1998, n. 2681, ha ordinato istruttoria.

Alla camera di consiglio del 9 marzo 1999 risulta essere stata rinunciata la domanda cautelare.

Con istanza depositata il 18 febbraio 2011 ricorrenti hanno chiesto di rinviare il presente ricorso ad altra udienza, così da poterlo trattare congiuntamente al ricorso registrato al n. 2060/1998, con cui avrebbero impugnato provvedimenti di diniego della trasformazione del proprio rapporto di lavoro diversi da quelli impugnati in questa sede.

All’udienza pubblica del 23 marzo 2011 la causa è stata trattata e trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

Il Collegio non ritiene necessario rinviare la trattazione del presente ricorso per una trattazione congiunta con quello registrato al n. 2060/1998, essendo il presente giudizio maturo per la decisione ed essendo il rapporto di pregiudizialità fra i due giudizi, su cui si basa l’istanza di rinvio, soltanto labialmente affermato.

Il ricorso è infondato.

I ricorrenti affermano che le delibere impugnate con l’odierno ricorso procrastinerebbero nei loro confronti l’applicazione dell’art. 19 del CCNL Comparto Università, che attribuirebbe loro un diritto soggettivo ad ottenere la conversione dei rapporti di opera medico – professionale, intercorsi con l’amministrazione nel corso del tempo, in rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato.

L’articolo 19 comma 9bis del CCNL Comparto Università del 21 maggio 1996 come introdotto con la contrattazione integrativa del 17 luglio 1997 prevede, per quanto di interesse per il presente giudizio, che "Le assunzioni a tempo determinato di cui al comma 6 possono essere effettuate anche in relazione a personale laureato medico ed odontoiatra e delle altre professionalità sanitarie (farmacisti, biologi, chimici, fisici e psicologi), per far fronte ad esigenze assistenziali di assoluta necessità, dalle sole amministrazioni ove già sussistano alla data del 1 gennaio 1997 rapporti di lavoro a termine con tali figure professionali. Tali assunzioni devono essere effettuate dando luogo alla trasformazione dei rapporti in essere alla data predetta e hanno durata massima di tre anni, non prorogabile…".

Da una lettura piana di tale comma si evince che le assunzioni devono essere effettuate trasformando i rapporti in essere alla data del 1 gennaio 1997; tale interpretazione appare confermata dalla sentenza del CGARS 23 luglio 2007, n. 668: "In realtà la norma dell’articolo 19 comma 9 bis si esprime in termini di possibilità, ma non al fine di individuare una situazione discrezionale, bensì con lo scopo di facultizzare le aziende sanitarie alla assunzione di personale nell’ambito delle ben note restrizioni stabilite dalle norme finanziarie e speciali. Il termine "possono" indica che esse sono autorizzate ad assumere. Quanto alla qualificazione della posizione giuridica soggettiva così determinata, invece, occorre avere riferimento al periodo finale del detto comma, dove si dispone che: "Tali assunzioni devono essere effettuate dando luogo alla trasformazione dei rapporti in essere alla data predetta…". Dall’insieme delle disposizioni si evince che il CCNL ha inteso dare forma giuridica definitiva a situazioni di fatto che vedevano il servizio sanitario espletato da personale non legato da un rapporto di lavoro pubblico, ma da rapporti professionali. L’intera norma rinvia, ad una situazione in essere al 1 gennaio 1997, prendendo tale data come momento discriminante per la ricognizione dei rapporti esistenti, ma anche come momento in cui le condizioni di assoluta necessità erano esistenti. In altri termini, le parti, nella sottoscrizione del contratto, hanno con chiarezza fatto riferimento a situazioni precarie esistenti ad una certa data e chiara è la loro volontà di appianarle con riferimento a quello stesso momento".

I ricorrenti, alla data del 1 gennaio 1997, secondo quanto dedotto in ricorso, non erano titolari di un contratto di lavoro; assumono tuttavia di avere diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro secondo quanto previsto dall’articolo 19 citato, in quanto i diversi contratti stipulati con l’amministrazione configurerebbero un rapporto di lavoro sostanzialmente unitario; ne conseguirebbe che essi si sarebbero trovati, alla data del 1 gennaio 1997, in costanza di rapporto di lavoro, in quanto in "pausa tecnica" fra due periodi contrattuali (ricorso, pag. 5).

L’assunto non è condivisibile.

Diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, secondo cui la semplice reiterazione dei contratti stipulati con l’amministrazione configuri, ex se, un rapporto di lavoro unitario, nel caso di ripetute assunzioni a termine, l’unicità del rapporto di lavoro deve essere accertata dal giudice, in esito ad apposita domanda giudiziale (TAR Abruzzo – Pescara, 1 aprile 1996, n. 278); la stessa giurisprudenza citata dai ricorrenti si riferisce ad ipotesi in cui l’unicità del rapporto di lavoro costituiva oggetto del giudizio: "…è inoltre evidente, nel caso di ripetute assunzione a termine, per le quali sia stata affermata la unicità del rapporto per effetto della mancata apposizione per iscritto del termine, che gli intervalli non lavorati debbono intendersi come sospensione consensuale del rapporto…" (Cass. civ., Sez. Lavoro, 2 settembre 1995, n. 9278).

I ricorrenti censurano quindi presunti profili di disparità di trattamento e di illegittimità della disposizione contrattuale di cui si tratta, in quanto essa "…realizzerebbe una assoluta disparità di trattamento tra "contrattisti", discriminandoli senza alcuna ragione valida sol perché non favoriti aleatoriamente dalla turnazione contrattuale…" (ricorso, pag. 6).

Sul punto, il Collegio preliminarmente rileva che è consentito al giudice amministrativo, investito dell’impugnazione di un atto amministrativo recettivo di disposizioni contenute in un contratto collettivo nazionale di lavoro, valutare incidenter tantum la validità di quest’ultimo, atteso che i principi di imparzialità e buon andamento, atteggiandosi a veri e propri principi di ordine pubblico, costituiscono canone per la verifica della validità dei contratti collettivi, comunque assoggettati al limite del rispetto delle norme imperative, dell’ordine pubblico e del buon costume, secondo quanto dispone l’articolo 1418 cod. civ. (TAR Toscana, Sez. I, 2 febbraio 2009, n. 183; TAR Sicilia – Catania, Sez. II, 25 febbraio 2011, n. 428).

Nel merito tuttavia, il Collegio non ritiene sussistere le dedotte situazioni di discriminazione e di eccesso di potere; la norma contrattuale stabilisce infatti che le "…assunzioni devono essere effettuate dando luogo alla trasformazione dei rapporti in essere alla data predetta…", con ciò differenziando le situazioni sulla base della sussistenza in essere di un contratto alla data del 1 gennaio 1997; e che la data del 1 gennaio 1997 non sia casuale risulta dalla condivisibile interpretazione del citato comma 9bis data dal CGARS: "…Dall’insieme delle disposizioni si evince che il CCNL ha inteso dare forma giuridica definitiva a situazioni di fatto che vedevano il servizio sanitario espletato da personale non legato da un rapporto di lavoro pubblico, ma da rapporti professionali. L’intera norma rinvia, ad una situazione in essere al 1 gennaio 1997, prendendo tale data come momento discriminante per la ricognizione dei rapporti esistenti, ma anche come momento in cui le condizioni di assoluta necessità erano esistenti. In altri termini, le parti, nella sottoscrizione del contratto, hanno con chiarezza fatto riferimento a situazioni precarie esistenti ad una certa data e chiara è la loro volontà di appianarle con riferimento a quello stesso momento…" (decisione 668/2007, citata).

La data del 1 gennaio 1997, non risulta quindi casualmente stabilita, essendo il momento in cui le parti hanno concordato che sussistessero le condizioni che costituiscono presupposto per la stipula del contratto, così rispondendo ad una valutazione delle parti che non appare essere manifestamente irragionevole, ricorrendo la figura della irragionevolezza quando essa sia rilevabile ictu oculi (sul punto, TAR Lazio – Roma, Sez. I, 20 settembre 2010, n. 32353); inoltre, i ricorrenti non hanno provato l’esistenza di situazioni di disparità di trattamento, essendosi limitati ad enunciarne l’astratta possibilità (sul punto, Consiglio Stato, Sez. V, 11 gennaio 2011, n. 79).

Il ricorso deve dunque essere rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione staccata di Catania (Sezione II interna), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida, in via equitativa, in complessivi euro 2.000,00 (duemila/00), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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