Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-09-2011, n. 18887

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

F., Ri. e C.R. quali eredi di C.N. ricorrono per cassazione avverso il decreto della corte d’ appello di Catanzaro del 15 aprile 2009 con il quale è stata accolta la domanda di condanna al pagamento dell’equo indennizzo per l’irragionevole durata di una causa instaurata dal dante causa il 23 novembre 1995 davanti al pretore di Lagonegro, decisa con sentenza dell’11 luglio 2006, ed è stata liquidata la somma di Euro 4.000,00.

Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Motivi della decisione

I ricorrenti lamentano che la corte territoriale abbia violato la L. n. 89 del 2001, art. 2, e segg., e abbia pronunciato sulla base di argomentazione illogica e insufficiente.

Trattandosi di ricorso per cassazione proposto nei confronti di provvedimento pubblicato dopo il 2 marzo 2006 e prima del 4 luglio 2009, deve trovare applicazione art. 366-bis c.p.c., inserito dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, art. 6 (abrogato dalla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 47, lett. d), applicabile, per espressa previsione dell’art. 58 della stessa legge alle controversie nelle quali il provvedimento impugnato è stato pubblicato o depositato dopo il 4 luglio 2009), a tenore del quale "Nei casi previsti dall’art. 360, comma 1, nn. 1), 2), 3) e 4), l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità, con la formulazione di un quesito di diritto. Nel caso previsto dall’art. 360, comma 1, n. 5), l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione". Secondo il costante orientamento di questa Corte la norma, che risponde all’esigenza di soddisfare l’interesse del ricorrente ad una decisione della lite diverse da quella cui è pervenuta la sentenza impugnata, ed al tempo stesso, di enucleare, collaborando alla funzione nomofilattica, il principio di diritto applicabile alla fattispecie, costituisce il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio generale, e non può consistere in un’enunciazione di carattere generale e astratto, priva di qualunque indicazione sul tipo della controversia e sulla sua riconducibilità alla fattispecie in esame, nè in una mera richiesta di accoglimento del motivo o nell’interpello della corte di legittimità in ordine alla fondatezza della censura, ma deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e porre la corte in condizioni di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regola iuris, che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; inoltre, la formulazione della censura dell’art. 360 c.p.c., ex n. 5, deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, con la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e all’incidenza rispetto alla decisione, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità.

Nella specie il motivo di ricorso non si conclude con la formulazione del quesito di diritto nè con la sintesi delle ragioni poste a base del vizio di motivazione e pertanto il ricorso è inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.

La corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese che liquida in Euro 950,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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