T.A.R. Emilia-Romagna Bologna Sez. I, Sent., 17-05-2011, n. 462 Diritto straniero

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.Il ricorrente è titolare di un’impresa individuale che gestisce un centro di trasmissione dati nella sede operativa situata a Bologna, via Nani n. 5. In particolare tale impresa si propone come intermediario nella raccolta e nella trasmissione di scommesse per conto della società G.S. GmbH con sede a Innsbruck, Austria.

L’attività di intermediazione è priva di autonomia e rischio economico in relazione al contenuto delle scommesse, e viene esercitata mediante trasmissione via Internet delle proposte negoziali di giocate relative a eventi sportivi. L’accettazione e la gestione delle singole puntate spetta esclusivamente a G.S. GmbH.

La società G.S. GmbH ha ottenuto dal Governo del Tirolo l’autorizzazione a svolgere le attività di bookmaker e totalizzatore nella sede di Innsbruck. L’autorizzazione è stata rinnovata con provvedimento del 25/8/2010, prodotto in giudizio, che dà atto dell’affidabilità e della solvibilità richieste dalla legge del Titolo del 20 marzo 2002 (Tiroler Buchmacher- und Totalisateurgesetz, LGBl. Nr. 58/2002).

In data 3/7/2010 il ricorrente non intendendo sottrarsi al controllo delle forze di Pubblica Sicurezza ha chiesto alla Questura di Bologna il rilascio della licenza di pubblica sicurezza di cui all’art. 88 del RD 18 giugno 1931 n. 773 (TULPS). Tale richiesta era riferita espressamente all’attività di intermediazione svolta per conto di G.S. GmbH.

2.La risposta della Questura è stata però negativa.

L’unica ragione di diniego è la seguente "la licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri od Enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione od autorizzazione" e che il richiedente "non risulta in possesso di alcun nulla osta da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, né risulta essere soggetto incaricato da un dal concessionario o dal titolare di autorizzazione da parte di Ministeri od Enti".

Contro il provvedimento della Questura il ricorrente ha presentato impugnazione deducendone l’illegittimità.

Le censure sono così sintetizzabili: violazione dei principi comunitari in materia di diritto delle imprese come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia; violazione del principio di mutuo riconoscimento intracomunitario; travisamento dell’attività del ricorrente.

L’amministrazione intimata si è costituita in giudizio chiedendo la reiezione del ricorso.

L’istanza cautelare è stata accolta con ordinanza n. 54/2011 e a causa è stata trattenuta in decisione all’odierna udienza.

3. Va preliminarmente osservato che l’oggetto del presente giudizio non consiste nello stabilire se un soggetto residente in Italia (quale è l’odierno ricorrente) possa decidere di intraprendere un’attività di intermediazione nel settore delle scommesse (per conto di un allibratore straniero regolarmente abilitato nel suo Paese), senza preoccuparsi di ottenere l’autorizzazione di pubblica sicurezza prevista dal citato art. 88 T.U.L.P.S.

Non vi è dubbio infatti, che l’autorizzazione di P.S. di cui all’articolo 88 del T.U.L.P.S. è necessaria.

Il thema decidendum consiste, invece, nello stabilire se ad un soggetto residente in Italia (quale è l’odierno appellato) detta autorizzazione possa essere negata sol perché "non risulta in possesso di alcun nulla osta da parte dell’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato" qualora intenda gestire un centro di trasmissione dati proponendosi come intermediario nella raccolta e nella trasmissione di scommesse per conto di una società situata in altro stato appartenente alla Unione Europea, nella fattispecie in Austria, regolarmente autorizzata a svolgere le attività di bookmaker e totalizzatore nella sede di Innsbruck.

4. Ciò premesso il ricorso è fondato.

La giurisprudenza in passato aveva avuto modo di pronunciarsi concludendo nel senso della legittimità dell’ordine del Questore (sez. IV, n. 4905/2002; Sez. VI, n. 5898/2005) sulla base del previgente quadro normativo costituito, in passato, dalla sola legislazione italiana.

Infatti il settore delle scommesse è, nel nostro ordinamento, oggetto di una complessa disciplina che trovava il suo fondamento in molteplici elementi di rilevanza pubblicistica, che vanno dalla tutela degli interessi finanziari dello Stato alle esigenze di ordine pubblico (cfr. Cass. pen. sez. III, 28 marzo 2007, n. 16928).

La disciplina amministrativa prevedeva che le attività di raccolta e di gestione delle scommesse fosse esercitabile solo da soggetti che avessero ottenuto al termine di una pubblica gara una delle concessioni, di cui lo Stato aveva fissato il numero complessivo. I medesimi soggetti avrebbero dovuto ottenere anche una autorizzazione di polizia disciplinata dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.).Assumeva un particolare rilievo la circostanza che al sistema di concessione faceva seguito un diverso sistema di autorizzazione, disciplinato dal R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S.), ed in particolare dall’art. 88, come modificato dalla L. 22 dicembre 2000, n. 388, art. 37, comma 4. Tale disposizione prevedeva che: "La licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di Ministeri o altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzazione e gestione delle scommesse, nonché a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione".

Il regime autorizzatorio trova, poi, nell’art. 11 del medesimo decreto, quest’ultima disposizione ancora vigente, una disciplina generale circa i requisiti soggettivi delle persone richiedenti, così che le autorizzazioni di polizia possono essere negate a chi ha riportato una condanna per delitto non colposo con pena superiore a tre anni di privazione della libertà personale (e non aveva ottenuto riabilitazione); a chi è stato sottoposto a misura di prevenzione personale, o è stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza; a chi ha riportato condanna per alcuni reati, specificamente indicati, tra cui reati contro la moralità pubblica e il buon costume o violazioni della normativa relativa, appunto, ai giochi d’azzardo.

Come emergeva dal testo del R.D. 18 giugno 1931, n. 773, art. 88, citato, l’autorizzazione di polizia o la licenza per l’esercizio delle scommesse poteva essere concessa solo ai soggetti che avessero ottenuto le previste concessioni, con la conseguenza che il mancato ottenimento della concessione inibiva l’ottenimento della autorizzazione di polizia (anche se, come si è anticipato, l’autorizzazione di polizia è finalizzata ad accertare la sussistenza di altri requisiti di affidabilità soggettiva rilevanti ai fini della tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico).

5. Il quadro normativo è completamente mutato alla luce della disciplina comunitaria ed in particolare delle sentenze della CEE che, come è noto, hanno efficacia vincolante erga omnes in tutti gli Stati membri.

Quali parametri per la valutazione delle norme nazionali e della legittimità del provvedimento impugnato devono essere utilizzati i principi dei Trattati europei nell’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza comunitaria. Sono prese in considerazione, in particolare, le seguenti pronunce: Corte di Giustizia Grande Sezione 6 marzo 2007 C338/04 (sentenza Placanica), Corte di Giustizia Grande Sezione 8 settembre 2009 C42/07 (sentenza Liga Portuguesa), Corte di Giustizia Sez. II 3 giugno 2010 C203/08 (sentenza Sporting Exchange), Corte di Giustizia Sez. II 3 giugno 2010 C258/08 (sentenza Ladbrokes), Corte di Giustizia Grande Sezione 8 settembre 2010 C316/07 (sentenza Stoo).

6. Nel merito va osservato che l’intermediazione nell’esercizio delle scommesse, compresa la gestione di un centro di trasmissione dati (v. sentenza Placanica punti 2324), appartiene al campo di applicazione dei principi del diritto comunitario. Precisamente si tratta di attività tutelate dall’art. 49 CE (art. 56 FUE) in quanto prestazioni di servizi e dall’art. 43 CE (art. 49 FUE) sotto il profilo della libertà di stabilimento. La nozione di stabilimento è assunta in senso ampio, ovvero come riferita a qualsiasi forma di presenza stabile in un altro Stato dell’Unione, non necessariamente tramite succursale ma anche sulla base di rapporti commerciali con un soggetto indipendente ivi insediato (v. sentenza Stoo punti 5660).

7. Per quanto riguarda le valutazioni sul fatto rimesse ai giudici nazionali (v. sentenza Stoo punto 64) non sembra che nel caso in esame vi siano elementi particolari che consentano di escludere la rilevanza comunitaria della fattispecie. L’attività della società del ricorrente rientra, infatti, agevolmente nello schema transfrontaliero di raccolta e registrazione delle intenzioni degli scommettitori residenti in Italia con successiva trasmissione a un’impresa avente sede in un altro Stato e da quest’ultimo autorizzata all’esercizio delle scommesse.

La previsione di un monopolio pubblico a livello nazionale sull’esercizio delle scommesse, anche nella versione italiana basata su un sistema limitato di concessioni/autorizzazioni integrato da una licenza di pubblica sicurezza e rafforzato da sanzioni penali per i soggetti non titolati, comporta restrizioni alla libertà di stabilimento e alla libera prestazione dei servizi (v. sentenza Placanica punto 42; sentenza Stoo punto 68).

Il monopolio statale sulle scommesse può tuttavia risultare compatibile con i principi del diritto comunitario quando sia fondato su motivi imperativi di interesse generale (v. sentenza Placanica punto 46; sentenza Liga Portuguesa punto 56; sentenza Ladbrokes punto 18, sentenza Sporting Exchange punto 25, sentenza Stoo punto 69). I suddetti motivi possono variare da Stato a Stato, in conseguenza delle diverse priorità di carattere etico e di protezione sociale, ma sono comunque subordinati ai canoni di proporzionalità e non discriminazione.

8. Al fine di stabilire la compatibilità delle norme nazionali con il diritto comunitario vengono in rilievo due obiettivi di pubblico interesse: la limitazione delle occasioni di gioco e la lotta alla criminalità (v. sentenza Placanica punto 52).

8.1. L’obiettivo della limitazione delle occasioni di gioco è utile quale esimente comunitaria solo se è perseguito in modo coerente e sistematico. Nel caso dell’ordinamento italiano questa condizione però non si realizza, in quanto il legislatore italiano ha in realtà adottato da tempo una politica espansiva nel settore dei giochi d’azzardo allo scopo di incrementare le entrate fiscali (v. sentenza Placanica punto 54). Questa situazione è evidente anche dal semplice riepilogo delle principali forme di gioco previste dalla normativa nazionale con i rispettivi anni di attivazione: lotto (1863), lotterie nazionali (1932), scommesse ippiche (1942), totocalcio (1946), totip (1948), tris (1958), totogol (1994), lotterie istantanee gratta e vinci (1994), superenalotto (1997), scommesse sportive (1998), bingo (2000), big match (2004), newslot – apparecchi e videoterminali di gioco (2004), big race (2005), win for life (2009). Non si può quindi sostenere che siano perseguite effettivamente la prevenzione dell’incitamento al gioco e la lotta alla dipendenza dallo stesso (v. sentenza Stoo punto 99). Non cambia la situazione il fatto che i proventi del gioco siano destinati al finanziamento di attività senza fini di lucro o di interesse generale, in quanto i vantaggi per l’erario non costituiscono di per sé una causa che legittimi da sola l’introduzione di restrizioni alla libera prestazione dei servizi (v. sentenza Ladbrokes punto 28; sentenza Stoo punto 104).

8.2. Maggiore peso ha invece nella normativa italiana la lotta alla criminalità che gestisce il gioco clandestino (v. sentenza Placanica punto 56, dove si evidenzia che secondo un’indagine conoscitiva del Governo italiano circa la metà del fatturato totale del settore dei giochi d’azzardo in Italia deriverebbe da attività illegali). Spetta peraltro ai giudici nazionali la valutazione circa l’idoneità dei limiti introdotti dalle norme interne a prevenire l’esercizio delle scommesse per fini criminali o fraudolenti (v. sentenza Placanica punto 58).

Sotto questo profilo è necessario distinguere tra concessione/autorizzazione all’esercizio delle scommesse e licenza di pubblica sicurezza. I controlli collegati al rilascio della suddetta licenza contribuiscono precisamente a evitare che l’esercizio delle scommesse finisca nelle mani di soggetti implicati in attività criminali o fraudolente (v. sentenza Placanica punto 65). Di conseguenza si può ritenere che l’ordinamento italiano incorra in contraddizione e violi l’art. 49 CE (art. 56 FUE) sulla libera prestazione dei servizi quando nega ai soggetti che svolgono attività di intermediazione la possibilità di ottenere la licenza di pubblica sicurezza. In questo modo, infatti, lo Stato non si preoccupa di impedire l’esercizio delle scommesse da parte di soggetti implicati in attività criminali o fraudolente ma trasforma in reato l’attività svolta senza la licenza, così evidenziando che lo scopo perseguito è in primo luogo la tutela del monopolio pubblico.

È vero che la licenza di pubblica sicurezza esaurisce solo una parte dei controlli necessari, in quanto presuppone una concessione/autorizzazione all’esercizio delle scommesse, ma questo secondo titolo esiste in capo al soggetto estero che cura l’accettazione e la gestione delle singole puntate. Il carattere territoriale del titolo non impedisce allo stesso di avere rilievo in tutto il territorio dell’Unione. Come evidenziato nelle conclusioni presentate il 16 maggio 2006 dall’avvocato generale Dámaso RuizJarabo Colomer nella causa Placanica, lo Stato che ignori gli esami effettuati e le garanzie prestate in altri paesi membri viola l’obbligo posto dall’art. 10 par. 2 CE (art. 4 par. 3 UE) di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli obiettivi dell’Unione (v. conclusioni Placanica par. 128). Pur in mancanza di una specifica normativa di armonizzazione europea nel settore delle scommesse, il mutuo riconoscimento delle concessioni/autorizzazioni è in definitiva un corollario del principio di leale cooperazione che deve guidare le relazioni intracomunitarie.

9. Le eccezioni al mutuo riconoscimento sono ammissibili solo in casi particolarissimi. Nel settore delle scommesse si è ritenuto che una di tali eccezioni intervenga nel caso di soggetti che operano in un altro Stato membro esclusivamente attraverso Internet, senza un intermediario, in quanto l’assenza di un contatto diretto tra il consumatore e l’operatore potrebbe incrementare significativamente il rischio di frodi (v. sentenza Liga Portuguesa punto 70; sentenza Sporting Exchange punto 34; sentenza Ladbrokes punto 55). Prendendo atto di questo orientamento occorre comunque sottolineare che anche all’operatore straniero presente solo via Internet va riconosciuta la facoltà di provare la propria affidabilità secondo gli standard dei paesi in cui opera. Ma ancora prima si deve evidenziare che nel presente ricorso il rischio di frodi è limitato proprio per il fatto che l’operatore straniero si appoggia a un intermediario italiano disposto a sottoporsi ai controlli per il rilascio della licenza di pubblica sicurezza.

10. Dunque il rilascio di tale licenza diventa il punto di equilibrio tra le legittime esigenze di protezione dei consumatori e il principio di leale cooperazione intracomunitaria. Questo rende evidente l’irragionevolezza della normativa nazionale, che impone una misura sproporzionata (il diniego di licenza all’intermediario italiano e la conseguente inibizione dello stabilimento per l’operatore estero) quando potrebbe raggiungere l’obiettivo desiderato (protezione degli scommettitori) esattamente con la soluzione opposta, meno impattante sulle libertà di stabilimento e di prestazione dei servizi, ossia rilasciando la licenza ed esercitando in tale sede tutti i controlli ritenuti opportuni.

11. Un’altra eccezione al mutuo riconoscimento è stata individuata nella facoltà di subordinare il diritto di stabilimento al rilascio di una concessione/autorizzazione nello Stato in cui il gestore straniero intende operare (v. sentenza Stoo punto 116). Questo profilo incrocia il problema del numero chiuso dei titoli nell’ordinamento italiano. In altri termini è necessario stabilire se sia legittimo in base ai parametri comunitari mantenere un sistema a numero chiuso purché venga assegnata tramite procedure aperte una quantità adeguata di nuove concessioni/autorizzazioni e sia previsto che alle gare possono partecipare anche operatori aventi sede in altri Stati dell’Unione. Questa opzione interpretativa (che prende avvio dalle considerazioni del punto 63 della sentenza Placanica) è stata fatta propria dall’art. 38 del DL 4 luglio 2006 n. 223, il quale ha tra l’altro previsto lo svolgimento di numerose gare per l’assegnazione di punti di vendita per la commercializzazione di prodotti di gioco pubblici (gare aperte agli operatori di altri Stati membri qualora in possesso dei requisiti di affidabilità previsti dalla normativa italiana).

Tuttavia anche detta normativa è in contrasto con la giurisprudenza comunitaria sopravvenuta. Precisamente si osserva che la giurisprudenza comunitaria attribuisce agli Stati la possibilità di scegliere tra il monopolio pubblico sulle scommesse e un regime di concorrenza tra gli operatori presenti sul mercato (sia pure entro un quadro di autorizzazioni, controlli e sanzioni). Tuttavia il riconoscimento di questa discrezionalità è sempre accompagnato dall’avvertenza che la scelta non deve essere sproporzionata rispetto allo scopo perseguito. Lo scopo adeguato secondo il diritto comunitario è la tutela del consumatore, non l’incremento delle entrate fiscali. Dunque può essere considerata legittima la concessione di diritti esclusivi a un organismo pubblico o privato sulle cui attività lo Stato sia in grado di esercitare un controllo tale da consentirgli di padroneggiare i rischi connessi al gioco d’azzardo, nonché di perseguire la prevenzione dell’incitamento a spese eccessive e la lotta alla dipendenza dal gioco, più efficacemente di quanto avverrebbe in presenza di un regime a carattere non esclusivo (v. sentenza Stoo punto 81).

Se però lo Stato non persegue effettivamente la prevenzione dell’incitamento a spese eccessive e la lotta alla dipendenza dal gioco, e per contro esistono strumenti, quali il rilascio all’intermediario della licenza di pubblica sicurezza, che consentono di limitare efficacemente le interferenze della criminalità e di garantire allo stesso tempo i consumatori, non vi sono ragioni per cui la libertà di prestazione dei servizi e la libertà di stabilimento non possano esplicarsi nel loro ambito naturale, che è la concorrenza nel mercato. Parimenti non vi sono ragioni per limitare il mutuo riconoscimento delle verifiche effettuate dagli altri Stati dell’Unione. Sotto questi profili le norme italiane non risultano compatibili con i principi del diritto comunitario.

12. Al giudizio di non compatibilità delle norme interne consegue l’obbligo di disapplicazione (v. sentenza Placanica punto 36).

13. Ebbene, nel caso di specie, il provvedimento impugnato ha respinto l’istanza di autorizzazione di P.S. di cui all’articolo 88 del T.U.L.P.S. non per motivi di ordine pubblico, ma per il fatto che la raccolta diretta delle scommesse è consentita esclusivamente ai soggetti concessionari o autorizzati dall’amministrazione.

Esso, pertanto, risulta illegittimo perché in contrasto con i principi comunitari sopra richiamati.

14. In conclusione il ricorso deve essere accolto, con il conseguente annullamento degli atti impugnati.

15. La complessità di alcune questioni interpretative consente l’integrale compensazione delle spese tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’ Emilia Romagna (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento in epigrafe indicato.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *