Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-09-2011, n. 18865

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza del 1 giugno del 2004 il Tribunale di Sondrio, pronunciando sull’opposizione proposta con atto 10 marzo 2003 da B.M. avverso l’ingiunzione chiesta ed ottenuta nei suoi confronti dalla Banca Popolare di Sondrio s.c. a.r.l, ha revocato il decreto ingiuntivo, ed ha condannato l’opponente al pagamento in favore dell’attrice della somma di Euro 33.095,03 e di yen giapponesi 15.200 oltre accessori. Ha altresì respinto la riconvenzionale proposta dall’opponente per ottenere la condanna della banca intimante al risarcimento dei danni derivati da responsabilità, da accertarsi a mente dell’art. 28 del Reg. CONSOB n. 11522/1998 quale intermediario finanziario, indicato nella misura di Euro 346.798,38.

La decisione è stata impugnata in via principale dal soccombente B. ed in via incidentale dalla Banca Popolare di Sondrio innanzi Corte d’appello di Milano che, con sentenza n. 2843 depositata il 30 ottobre 2007, respinto il gravame del B., lo ha condannato al pagamento della maggior somma, rideterminata in yen 15.200.000 oltre accessori.

Avverso la statuizione il B. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a quattro mezzi.

L’intimata ha resistito con controricorso, entrambe le parti hanno depositato memoria difensiva ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Il P.G. ha rassegnato le sue conclusioni chiedendo disporsi l’inammissibilità del ricorso.

Il collegio ha disposto farsi luogo a motivazione semplificata.
Motivi della decisione

Il ricorrente denuncia:

1.- violazione dell’art. 31 Reg. CONSOB n. 1. L’errore ascritto al giudicante si anniderebbe nella qualificazione a lui attribuita di operatore qualificato ascrivibile in via esclusiva a persona giuridica. L’erroneo convincimento del giudice del merito si basa sulla lettera da esso ricorrente inviata alla banca il 27.9.2001, ritenuta equivalente ad una dichiarazione di esperienza nel settore degli investimenti che rappresenterebbe di contro mera lettera d’intenti;

2.- violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e degli artt. 28 e 29 del citato Reg. CONSOB. La Corte del merito avrebbe omesso l’indagine circa il comportamento tenuto dalla banca sull’erroneo presupposto della non applicabilità degli obblighi specifici sanciti dal t.u.f. e dal regolamento intermediari a tutela degli investitori, che impongono il rispetto dei doveri di professionalità diligenza e correttezza nella fase d’esecuzione del contratto d’intermediazione finanziaria;

3.- violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 21 e degli artt. 27, 28, 29, 30 e 31 del citato Reg. CONSOB. del quadro normativo indicato, analogo vizio.

Il motivo evidenzia la violazione da parte della banca degli obblighi posti dalle disposizioni richiamate, non espone, tuttavia, l’errore che s’intenderebbe ascrivere alla Corte distrettuale;

4.- ancora violazione delle disposizioni rubricate al terzo motivo e correlato vizio di motivazione.

La Corte d’appello avrebbe erroneamente desunto dalla sua mancata dichiarazione in ordine alla sua propensione al rischio la giusta causa delle omissioni ascrivibili all’intermediario finanziario.

La resistente deduce in replica l’inammissibilità per omessa formulazione dei quesiti di diritto.

Occorre rilevare che le censure esposte nei primi tre motivi, all’esito della loro illustrazione, non si sono tradotte nel quesito di diritto che, secondo quanto prescritto dall’art. 366 bis c.p.c., deve tendere all’enunciazione del principio di diritto ovvero a "dicta" giurisprudenziali sulla questione addotta che, sollecitando la funzione nomofilattica di questa Corte, individui la regula juris applicabile al caso concreto.

Il quarto motivo, che censura il tessuto motivazionale della sentenza impugnata, non illustra a sua volta la sintesi conclusiva del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, nè le ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione, secondo quanto prescrive il disposto dell’art. 366 bis c.p.c. La riscontrata omissione determina l’inammissibilità del ricorso. Ne discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

La Corte:

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidandole in 10.000,00 oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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