Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-02-2011) 16-05-2011, n. 19058

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe che, ha confermato la sentenza del Tribunale di Civitavecchia, del 14.01.2010, nella dichiarazione di penale responsabilità di H.M. per il reato di rapina aggravata e porto di coltello, riducendo la pena nella misura di anni quattro e mesi otto di reclusione ed Euro 500,00 di multa, ricorre H.M., chiedendo l’annullamento della sentenza e deducendo:

– con il primo motivo, che non era stato concesso al difensore d’ufficio, sostituto del difensore di fiducia, che ne aveva fatto specifica richiesta, nel corso dell’istruttoria dibattimentale, il termine a difesa e che sullo specifico punto, costituente il settimo motivo di appello, la motivazione della Corte territoriale appariva illogica e contraddittoria;

– con il secondo motivo, deducendo l’illogicità della motivazione che respinge i motivi 3, 5 e 6 dell’appello perchè non conforme al reale svolgimento dei fatti;

– con il terzo motivo lamenta l’illogicità della motivazione relativa alla valutazione della prova del riconoscimento del teste M.R.;

– con il quarto motivo lamenta l’illogicità della motivazione nel punto in cui ritiene possibile che l’imputato abbia cinto con braccio, da tergo la vittima, brandendo un coltello e, contemporaneamente, abbia afferrato il denaro dal cassetto.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 In ordine al primo motivo va rilevato che la motivazione della Corte di merito, in punto di termine a difesa, è esaustiva e conforme all’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte di legittimità e non merita censure: questa Corte, infatti, ha già ritenuto con giurisprudenza datata e ripetuta, che la mancata concessione del termine a difesa, previsto dall’art. 108 c.p.p. determina, invero, una nullità generale a regime intermedio, per cui la relativa questione doveva essere eccepita, a pena di decadenza, entro il termine di cui all’art. 182 c.p.p., comma 2 e quindi, al più tardi, immediatamente dopo il provvedimento reiettivo della richiesta, mentre è stata dedotta per la prima volta con i motivi di ricorso, rv.221.905, rv.236.643; rv 246777.

Il motivo di ricorso è, pertanto, manifestamente infondato.

2.2 Anche gli ulteriori motivi di ricorso sono manifestamente infondati non solo perchè generici, riferendosi ad atti del processo non meglio individuati e neanche allegati, ma soprattutto perchè tentano di ottenere dalla Corte di legittimità una ricostruzione del fatto sulla base di un diverso apprezzamento degli elementi di prova, senza riuscire a evidenziare profili di contraddittorietà o di incongruità logica del provvedimento impugnato ma limitandosi a dedurre che i giudici del merito avrebbero errato ad affermare la sua responsabilità penale ed assumendo che tale errore sarebbe stato determinato da una non corretta valutazione del materiale probatorio, a suo avviso, dovrebbe avere una più corretta e comunque diversa interpretazione.

Il ricorso deve, pertanto, essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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