Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 11-02-2011) 16-05-2011, n. 19056

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Avverso la sentenza indicata in epigrafe, che ha confermato la sentenza del Tribunale cittadino del 10.05.2007, di condanna di C.A., per il reato di estorsione continuata in danno di G. e Ce., alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 500,00 di multa, ritenuta la continuazione e riconosciute le attenuanti generiche e quella dell’art. 62 c.p., n. 6, ricorre la difesa dell’imputato, deducendo la violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per aver errato nella qualificazione della minaccia necessaria alla sussistenza del delitto di estorsione e per illogicità della motivazione in punto di sussistenza del dolo del reato.

In ordine al primo motivo il ricorrente richiama integralmente il ricorso per saltum avanzato avverso la sentenza di primo grado, ove era diffusamente spiegato perchè le minacce non potevano essere ritenute adeguate ad integrare la fattispecie di cui all’art. 629 c.p.. La sentenza fa riferimento ad una minaccia ambientale ma non circoscrive tale concetto con elementi certi e precisi di costrizione. La minaccia ambientale, infatti, è supposta del tutto astrattamente dalla Corte di merito. In ordine al dolo sembra strano che non si sia dato rilievo alle affermazioni del B. secondo la quale l’attività di C. e G. richiedeva un impegno dell’organizzazione maggiore che per gli altri autotrasportatori.
Motivi della decisione

2. Il ricorso è manifestamente infondato.

2.1 Il ricorrente, infatti, nel lamentare che il giudice d’appello non avrebbe preso in considerazione le censure articolate nel relativo atto di gravame, (ricorso per cassazione per saltum) non specifica quali aspetti della vicenda, devoluti alla cognizione del detto giudice, sarebbero stati ignorati.

2.2 Ma è insegnamento costante e ripetuto di questa Corte che l’onere della indicazione specifica dei motivi di ricorso non può essere assolto con il semplice rinvio alle doglianze formulate nel pregresso atto di impugnazione, senza indicarne il contenutola pure in modo sintetico ma esaustivo, al fine di consentire l’autonoma individuazione delle questioni che si assumono irrisolte o travisate e sulle quali si sollecita il sindacato di legittimità. 2.3 L’atto di ricorso deve cioè essere autosufficiente, nel senso che deve contenere la precisa prospettazione della ragioni di diritto e degli elementi di fatto da sottoporre a verifica. Requisito indispensabile dei motivi di impugnazione è la loro specificità, consistente nella precisa e determinata indicazione dei punti di fatto e delle questioni di diritto da sottoporre al giudice del gravame. Conseguentemente, la mancanza di tali requisiti rende l’atto di impugnazione inidoneo ad introdurre il nuovo grado di giudizio ed a produrre effetti diversi dalla dichiarazione di inammissibilità.

Nè può servire a sanare l’assoluta genericità dell’atto di ricorso la tardiva, rispetto ai termini di decadenza dell’impugnazione, produzione, con la memoria di cui in premessa, dell’atto di appello.

SS.UU. n. 21 del 1995 Rv. 199903, rv 212610.

Del tutto infondata è anche la censura di genericità del concetto della minaccia ambientale. La Corte di merito, infatti ha ben indicato i presupposti di fatto che rendevano inutile spendere molteplici parole per indurre i due autostraportatori a pagare la tangente all’imputato, caporeparto della multinazionale dei trasporti Zust Ambrosetti. Si legge infatti alla sesta pagina della sentenza che: "Non bisogna dimenticare che il C. non è il titolare dell’azienda, ma un semplice dipendente dotato di una autonomia decisionale nella scelta degli autotrasportatori che lo rende di fatto il vero dominus della facoltà di scelta dei soggetti con cui contrattare e affidare i viaggi: le parti lese sanno bene che non accedendo alle richieste delle percentuali esse non lavoreranno più per la ditta o quanto meno avranno termini e condizioni di pagamento peggiori, e dunque sanno che se vogliono continuare, debbono pagare la persona che può dare o togliere lavoro a suo piacimento…. Ed ancora, alla pagina 9 "…. Si deve a questo proposito ribadire con forza quello che ha detto il primo giudice: le minacce vi sono state, anche se non informa esplicita, come del resto il rapporto di lavoro tra le parti rendeva non necessario: gli autotrasportatori sapevano benissimo che, per continuare a lavorare per la Zust Ambrosetti, dovevano sottostare alla richiesta del dipendente infedele, e ben sapevano, senza bisogno di parole l’autonomia del C. nella scelta dei soggetti terzi per la esecuzione dei trasporti, li rendeva succubi di una eventuale ed in ogni momento possibile diversa decisione del caporeparto Z.".

Il ricorso, per i motivi su indicati, deve essere dichiarato inammissibile.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, il ricorrente che lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè – ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di mille Euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di mille Euro alla cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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