T.A.R. Lazio Roma Sez. II quater, Sent., 17-05-2011, n. 4272 Concessione per nuove costruzioni

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con il ricorso in esame si impugna, chiedendone l’annullamento, il provvedimento del Comune di Grottaferrata n. 249 del 5.1.2009, con cui si esprimeva parere sfavorevole ai sensi dell’art. 32 della legge 47/85 e art. 39 della legge 724/94 alla sanatoria di un fabbricato abusivamente nel 1975 realizzato su terreno di proprietà del Condominio ricorrente sito in Via Montiglioni s.c., con accesso da via sentiero del bosco 33, distinto in catasto al Fg. 2, part. 1346 parte.

Il parere è stato reso in senso sfavorevole in quanto "il manufatto si presenta in struttura precaria e fatiscente, inidonea ad essere resa agibile se non con interventi radicali, oltre a non essere compatibile, allo stato attuale, con i valori ambientali dell’ambito di appartenenza".

Il ricorso è affidato ai seguenti motivi:

1) Violazione dell’art. 32 legge n. 47/85 e 146 del dlov 42/2004;

2) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, difetto di motivazione;

e 3) Violazione dell’ 3 della L. 241/1990;

Il Comune, pur avendo ricevuto la documentazione completa in data 13.1.2003, ha atteso ben 5 anni prima di pronunciarsi sull’istanza di sanatoria, quando ormai era decorso il termine di 120 gg di cui all’art. 32 della legge 47/85 e dell’art. 146 dlvo 24/2004.

Sostanzialmente il fabbricato, di 112 mq, realizzato in cemento prefabbricato e chiuso su tutti i lati e tetto con lastre prefabbricate, è stato costruito nel 1975 e rientra nell’ambito di applicazione della legge di sanatoria in quanto è stato eseguito il rustico e completata la copertura (cfr. dichiarazione 25.2.1986 la costruzione risulta completa solo come tamponature e coperture, mancano le opere esterne e interne di rifinitura, comprese le tramezzature). E’ stato utilizzato come abitazione provvisoria del custode e, a chiusura cantiere, assegnato al portiere e al giardiniere ed adibito ad usi sociali. Non ha potuto essere ristrutturato nel corso degli anni in attesa della definizione della pratica di sanatoria. Ciò ha determinato lo stato di fatiscenza che ha indotto il Comune a pronunciarsi sfavorevolmente sullo stato di sanatoria, senza però indicare gli interventi necessari per armonizzare la costruzione con i valori paesistici tutelati. Peraltro insiste in un’area completamente edificata a villini di tipologia affine.

Erroneamente il Comune ha reso parere sfavorevole, sulla base del carattere precario della struttura, senza tener conto del fatto che il sopralluogo è avvenuto dopo un lungo periodo di tempo (circa 20 anni) che se fosse stato effettuato tempestivamente avrebbe potuto accertare una diversa consistenza dell’immobile. Manca l’indicazione del termine e dell’autorità cui ricorrere nonché delle ragioni ostative all’accoglimento dell’istanza, non essendo valido il richiamo al parere reso dall’esperto in data 14.11.2008 in quanto non è stato né allegato né reso disponibile.

Si è costituito il Comune intimato, con memoria scritta chiedendo il rigetto del ricorso in quanto infondato, atteso che l’atto impugnato si fonda non sullo stato di vetustà dell’immobile, ma sul carattere di precarietà dello stesso, sussistente sin dall’epoca della costruzione com’è confermato dalla stessa tipologia di interventi indicati nella relazione tecnica versata in atti (necessità di applicare una rete elettrosaldata sulle facciate e di intervenire mediante bagnatura delle superfici di intonaco di malta e cemento, nonché realizzare nuovo tetto in legno, con tegole alla romana).

All’udienza pubblica del 24.3.2011 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

Il primo motivo di ricorso, ove si lamenta la violazione del termine di cui all’art. 32 della legge 47/85 con conseguente formazione del silenzio assenso è infondato.

L’ambito applicativo dell’istituto invocato da parte ricorrente è circoscritto solo alle opere eseguite in aree non sottoposte a vincolo paesaggistico -ambientale, per le quali invece il legislatore ha ribadito la necessità del previo espresso parere favorevole da parte dell’organo preposto alla tutela paesistica come condizione per il provvedimento comunale di sanatoria e pertanto, come ribadito da costante orientamento giurisprudenziale, il decorso di detto termine assume perciò rilievo solo al fine di consentire all’interessato un potere di reazione giurisdizionale ma non consente di attribuire al mancato rilascio del parere favorevole da parte dell’autorità preposta alla tutela del vincolo il valore di silenzio – assenso sulla domanda di condono edilizio ai sensi dell’art. 32 della citata legge n. 47 del 1985 (cfr. di recente Cons. Stato, sez. IV, 31 marzo 2009, n. 2024).

Anche il secondo motivo, con cui si lamenta che il Comune non abbia valutato la possibilità di impartire prescrizioni e condizioni (quali la realizzazione di copertura con tegole etc.) rilasciando un parere favorevole (alla sanatoria della costruzione) condizionato al rispetto delle indicazioni circa i requisiti per un idoneo inserimento dell’opera nell’ambiente, é infondato.

La possibilità invocata dal ricorrente concerne infatti l’autorizzazione, in via preventiva, di progetti ancora non realizzati che, nella parte in cui non siano ritenuti compatibili con il vincolo esistente, possono essere modificati in modo da realizzare una costruzione che, una volta ultimata, non si ponga in contrasto con i valori paesaggistici dell’ambiente circostante, ma non può, invece, essere invocata nella diversa fattispecie in esame, nella quale si deve valutare la compatibilità dell’opera – così come essa si presenta alla data fissata dalla legge ai fini della sanatoria dell’opera abusiva e non più modificabile trattandosi di costruzione abusiva – con il vincolo esistente. Altrimenti ragionando, infatti, ove si ammettesse la praticabilità di un parere favorevole "condizionato" si finirebbe per consentire, in pratica, l’elusione del termine di ultimazione del manufatto, il cui rispetto costituisce invece il presupposto di ammissibilità alla procedura di sanatoria ed alla conseguente, ove necessaria, valutazione di compatibilità ambientale della costruzione; sicchè la concessione in sanatoria deve essere fondata soltanto sulla valutazione dello stato di fatto originario e quindi della compatibilità o del possibile contrasto con i valori paesistici al momento della costruzione, per come essa si presenta e non come potrebbe essere qualora fossero realizzate determinate modifiche, strutturali o meno, che ne consentirebbero l’inserimento nell’ambiente circostante.

Nel caso di specie, come si evince dalle fotografie depositate, il manufatto in contestazione, realizzato per uso temporaneo (adibito a locale per il custode) con materiale evidentemente destinato a divenire fatiscente, si presenta lesionato nelle parti strutturali, per cedimento dei muri perimetrali, e nella copertura, sicchè non si tratta di sanare un intervento abusivo da completare solo nelle parti non essenziali, quanto di rifare quel che resta di una struttura che appare altrimenti destinata al crollo, sicchè non sussiste neppure alcuno spazio per l’Amministrazione di fornire indicazioni circa le modalità per un corretto inserimento nella zona tutelata di un abuso avente tali caratteristiche. Al riguardo è stato infatti ripetutamente affermato che lo stato di fatiscenza di immobile abusivo, le precarie condizioni statiche e di conservazione del manufatto costituiscono di per sé una situazione di incompatibilità con il vincolo ambientale, sicchè non occorre una particolare motivazione per supportare il parere negativo ex art. 32 della legge n. 47/1985 e il conseguente diniego di condono; l’obbligo di motivazione circa l’interesse pubblico attuale alla disposta rimozione delle opere abusive è, in ogni caso, da ritenersi compiutamente assolto tramite il richiamo alle esigenze di tutela paesaggistica (sul punto, cfr. di recente, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 14 marzo 2011, n. 2279, TAR Lazio, Roma, sez. II, 4 dicembre 2009, n. 12554, T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 26 ottobre 2010, n. 33017 nel senso che trattasi di indici idonei a motivare, alla stregua dei noti principi di ragionevolezza, proporzionalità e sussidiarietà, un intervento autoritativo e demolitorio dei competenti uffici comunali).

Ne consegue perciò la reiezione anche del terzo motivo di ricorso, con cui si deduce carenza di motivazione del provvedimento impugnato, atteso che le ragioni che hanno indotto l’autorità paesistica subdelegata a pronunciarsi in senso sfavorevole alla sanatoria del manufatto in contestazione sono chiaramente evidenziate nell’atto impugnato, in cui viene riportato ampio e significativo stralcio di tale parere.

Per quanto attiene all’omessa indicazione del termine e dell’autorità cui ricorrere, va infine rilevato che tale mancanza non determina l’illegittimità dell’atto impugnato, rilevando piuttosto ai fini dell’eventuale rimessione in termini in caso di ricorso tardivo, nella specie non verificatasi.

Disattesa anche quest’ultima doglianza il ricorso va respinto in quanto infondato.

Sussistono tuttavia giusti motivi per compensare integralmente tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) respinge il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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