Cass. civ. Sez. I, Sent., 15-09-2011, n. 18846 Indennità di espropriazione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1 – M.R. conveniva davanti alla Corte di appello di Milano il Comune di Cadorago, proponendo opposizione avverso la stima definitiva pronunciata dalla competente Commissione Provinciale Espropri in relazione all’indennità di espropriazione – pari a L. 226.888.200 – di un’area di sua proprietà sita in (OMISSIS). Veniva in particolare dedotto che la reale superficie del terreno non corrispondeva a quella catastale, pari a mq 4.200, essendo effettivamente il fondo esteso per mq 5.276,55, aggiungendosi che, non essendosi addivenuti alla cessione bonaria a causa del comportamento dell’ente territoriale, che aveva preteso di addebitargli l’intero costo delle pur concordate nuove indagini di natura tecnica, non era applicabile la decurtazione nella misura del 40 per cento.

1.1 – Il Comune, costituitosi, eccepiva l’inammissibilità dell’opposizione in considerazione della pendenza di un giudizio amministrativo concernente la legittimità della procedura espropriativa, dava atto dell’errore, già rettificato, concernente il deposito della suddetta somma a titolo di indennità di occupazione e non già di espropriazione, e contestava la fondatezza dell’opposizione.

La corte territoriale, espletata consulenza tecnica d’ufficio, dalla quale era emerso che la superficie effettiva era superiore di mq 109 rispetto a quella risultante dal catasto, non potendosi tener conto dell’area confinante che lo stesso M. aveva incluso nel fondo espropriato, sostenendo di a-verla usucapita, determinava in Euro 120.219,00 l’indennità di espropriazione, ritenendo che non sussistessero gli estremi per escludere la contestata decurtazione.

Veniva altresì esclusa la ricorrenza dei presupposti per la richiesta rivalutazione monetaria e venivano interamente compensate le spese processuali.

1.2 – Avverso tale decisione il M. propone ricorso, chiedendone la cassazione sulla base di tre motivi, illustrati con memoria. Resiste con controricorso il Comune di Cadorago.
Motivi della decisione

2- Il M. denuncia – sotto tre distinti profili (omessa motivazione; contraddittoria motivazione; violazione di legge), che, in considerazione della loro intima connessione, possono essere congiuntamente esaminati – la riduzione dalla somma determinata a titolo di indennità di espropriazione, la cui determinazione non viene nel resto contestata, nella misura del 40 per cento.

2.1 – Nella decisione impugnata la questione proposta dal ricorrente, vale a dire la ricorrenza di valide ragioni per escludere la decurtazione nella misura del 40 per cento, risulta adeguatamente e correttamente risolta.

E’ stato in proposito rilevato che "la ragione sostanziale del mancato accordo fra le parti, che ha determinato l’impossibilità di addivenire alla cessione bonaria dell’area, è stata la pretesa, risultata infondata, del M. di ottenere l’indennità di espropriazione relativamente ad un’area della quale il medesimo non risultava essere formalmente proprietario e non oggetto dell’espropriazione disposta a suo carico". Solo a causa di tale inassecondabile richiesta, ritenuta del tutto infondata dalla corte di appello con argomentazioni che non vengono censurate in questa sede, l’offerta, secondo la ricostruzione operata dal giudice del merito, venne rifiutata, e non già perchè "del tutto inadeguata o irrisoria o semplicemente simbolica". 2.2 – Sulla base di tale ricostruzione, risulta adeguatamente motivato, nonchè conforme ai criteri normativi all’epoca vigenti, così come interpretati da questa Corte di legittimità, il giudizio inerente alla congruità e alla validità dell’offerta, tutti requisiti non ostativi all’operata decurtazione.

2.3 – Tanto premesso, ritiene tuttavìa la Corte che non possa prescindersi – non essendosi formato il giudicato in merito alle concrete modalità di applicazione della L. n. 359 del 1992, art. 5 bis – dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 348/07, nel frattempo intervenuta, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di tale norma, commi 1 e 2, attesa l’efficacia di una tale pronuncia dei giudizi, come quello in esame, in cui sia ancora in discussione la determinazione di detta indennità, la quale non potrebbe certamente essere regolata da norme dichiarate incostituzionali.

Torna quindi nuovamente applicabile, per la determinazione dell’indennizzo, il criterio generale del valore venale del bene, già previsto dalla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 39, che costituisce l’unico ancora rinvenibile nell’ordinamento, non essendo stato abrogato dal T.U. approvato con D.P.R. n. 327 del 2001, art. 58, in quanto detta norma fa espressamente salvo "quanto previsto dall’art. 57, comma 11, (oltre che dall’art. 57 bis) il quale esclude l’applicazione del T.U. relativamente ai progetti per i quali, come è accaduto nel caso in esame, "alla data di entrate in vigore dello stesso decreto sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza dell’opera, ribadendo che continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data, fra cui, pertanto, quella contenuta nella Legge Generale n. 2359 del 1865, art. 39.

Deve inoltre precisarsi che nella fattispecie non opera nemmeno lo "ius superveniens" costituito dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89, che prevede la riduzione del 25% dell’ indennità allorchè l’espropriazione sìa finalizzata ad interventi di riforma economico – sociale, prevedendo la norma intertemporale di cui al successivo comma 90 la retroattività della nuova disciplina di determinazione dell’indennità di esproprio limitatamente ai "procedimenti espropriativi in corso e non anche ai giudizi in corso (Cass., Sez. Un., 28 ottobre 2009, n. 22756).

La richiesta indennità di esproprio – ed in tal senso va accolto il ricorso – deve pertanto calcolarsi con riferimento al valore pieno dell’area espropriata, secondo la previsione del richiamato L. n. 2359 del 1865, art. 39. 2.4 – L’impugnata sentenza deve essere quindi cassata in relazione all’aspetto testè evidenziato. Non essendo necessari ulteriori acquisizioni, in quanto dalla sentenza impugnata emergono gli elementi di fatto necessari per la determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione, ricorrono certamente le condizioni per una decisione nel merito, ai sensi dell’ art. 384 c.p.c. Deve, pertanto, assumersi il dato relativo al valore del terreno, senza alcuna decurtazione ai sensi dell’abrogato art. 5 bis della L. n. 359 del 1992, pari ad Euro 400.574,30 (mq 4309 x il valore a mq, non contestato, di L. 180.000). Deve pertanto ordinarsi il deposito di tale importo nelle forme di legge, previa detrazione delle somme già versate, con gli interessi di legge dal decreto di esproprio fino al versamento.

Il rigetto delle tesi sostenute dal ricorrente e la riforma della decisione impugnata solo in base allo ius superveniens consigliano l’integrale compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte, pronunciando sul ricorso, determina l’indennità di espropriazione in complessivi Euro 400.574,30, ordinandone il deposito nelle forme di legge, detratte le somme già versate, con gli interessi di legge dal decreto di esproprio fino al versamento.

Compensa interamente fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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