T.A.R. Lazio Roma Sez. III quater, Sent., 17-05-2011, n. 4283 Atti amministrativi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con ricorso notificato in data 10 giugno 2010 e depositato il successivo 8 luglio la sig.ra G.F. ha impugnato la determina del dirigente del Settore Servizi Sociali del Comune di Viterbo n. 5 del 4 gennaio 2010, che ha disposto la revoca dell’assegnazione dell’alloggio, nonché della nota ATER del 13 gennaio 2010 n. 155 di diffida al rilascio dell’immobile

Espone, in fatto, che alla morte del marito invalido, assegnatario di un immobile dell’A.T.E.R., ha chiesto di subentrare insieme alla figlia anch’ella invalida, ma le è stato negato sul rilievo che l’alloggio era destinato ad un nucleo familiare con due persone invalide.

Avverso il provvedimento di revoca ha proposto ricorso dapprima dinanzi al Tribunale di Viterbo e, a seguito della declinatoria di difetto di giurisdizione di detto giudice, ha riassunto il gravame dinanzi al giudice amministrativo deducendo:

a) Violazione ed erronea applicazione artt. 12 (subentro) e 13 (decadenza) della L. reg. Lazio n. 12 del 1999 – Nullità della revoca dell’assegnazione e della diffida al rilascio dell’immobile.

Illegittimamente l’A.T.E.R. ha disposto la revoca dell’assegnazione dell’immobile sul presupposto che lo stesso era stato dato per un nucleo familiare con due invalidi e uno dei due era morto. Tale motivo di revoca non è però previsto dalla legge, né risulta dall’atto di assegnazione.

b) Violazione ed erronea applicazione artt. 3, 7, 8 e 10 bis L. n. 241 del 1990 – Nullità della revoca dell’assegnazione e/o sua disapplicazione e mancato avviso inizio del procedimento.

La revoca è illegittima perché non preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento o dal preavviso di rigetto.

3. L’Azienda Territoriale per l’Edilizia Residenziale Pubblica (A.T.E.R.) della Provincia di Viterbo non si è costituita in giudizio.

4. Il Comune di Viterbo non si è costituito in giudizio.

5. Con ordinanza n. 3474 del 2 agosto 2010 è stata accolta l’istanza cautelare di sospensiva.

6. All’udienza del 20 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione

1. Per ragioni di ordine logico deve essere esaminato con precedenza rispetto ad ogni altra doglianza il secondo motivo di ricorso volto a denunciare l’omessa comunicazione di avvio del procedimento che avrebbe portato alla revoca dell’assegnazione dell’alloggio, atteso che il suo accoglimento precluderebbe a questo giudice l’esame degli ulteriori motivi di gravame (Cons.Stato, VI Sez., 26 ottobre 2006 n. 6413; 14 gennaio 2003 n. 98; 17 settembre 2001 n. 4877; 1 settembre 2000 n. 4649; T.A.R. Latina 9 novembre 2004 n. 1154; T.A.R. Bologna 10 settembre 2004 n. 3311; T.A.R. Catanzaro 9 aprile 2001 n. 595). Verificandosi questa evenienza, infatti, la necessità per il giudicante di ritenere concluso il proprio sindacato dopo la positiva definizione della censura ora esaminata va rinvenuta nel fatto che un esame degli ulteriori motivi di ricorso, individuando profili di legittimità o di illegittimità del provvedimento impugnato, finirebbe per vanificare l’obbligo, incombente jussu iudicis sull’Amministrazione, di reiterare il procedimento consentendo, questa volta, al privato interessato di parteciparvi per tentare, con le proprie argomentazioni, di indurre l’Amministrazione a mutare avviso.

Il motivo è fondato.

La ratio della disposizione garantista dettata dall’art. 7 L.7 agosto 1990 n.241 è proprio quella di assicurare al privato la partecipazione al procedimento che si conclude con un provvedimento che incide negativamente sulla propria sfera giuridica (Trib.sup.acque pubb. 10 marzo 1998 n.23; T.A.R. Napoli 10 febbraio 1998 n.475; T.R.G.A. Trento 12 gennaio 1998 n.6); detta partecipazione è, quindi, tanto più necessaria quando il provvedimento si inserisce in un assetto di interessi già formatosi e cristallizzatosi proprio in virtù di un atto autorizzatorio o concessorio dell’Amministrazione.

Detto principio è applicabile sia nel caso in cui il potere esercitato dall’Amministrazione è di natura discrezionale sia nel caso in cui si tratta, invece, di un potere vincolato dall’esistenza di determinati presupposti che inevitabilmente conducono l’Amministrazione ad adottare un certo provvedimento (Cons.Stato, IV Sez., 7 novembre 2001 n.5718; 12 marzo 2001 n.1381; V Sez., 23 aprile 1998 n.474; C.si 1 ottobre 1996 n.269; T.A.R. Napoli 7 giugno 2001 n.2607; T.A.R. Lazio, II Sez., 8 gennaio 1998 n.4). Poiché, in quest’ultima ipotesi, è proprio l’esistenza di determinati presupposti che obbliga l’Amministrazione, senza alcuno spazio per valutazioni di ordine discrezionale, ad esercitare un certo potere e ad adottare un determinato provvedimento, l’inserimento del privato nel procedimento deve essere consentito tutte le volte in cui questi potrebbe, con le proprie argomentazioni, indurre l’Amministrazione a riconoscere l’inesistenza di quei presupposti.

Non esiste infatti alcun principio di ordine logico o giuridico che possa impedire al privato, futuro destinatario di un atto asseritamente vincolato, di rappresentare all’Amministrazione l’inesistenza, in fatto, dei presupposti ipotizzati dalla norma e quindi di chiederle di verificarne l’esistenza anche sulla base degli elementi di conoscenza che è in grado di offrire, esercitando preventivamente sul piano amministrativo quella difesa delle proprie ragioni che altrimenti sarebbe costretto a svolgere con istanza di identico contenuto, ma rivolta al giudice in sede giudiziaria (T.A.R. Bari, I Sez., 15 gennaio 2000 n.102).

La partecipazione al procedimento, di cui il previo avviso costituisce il necessario presupposto, svolge dunque, nella sostanza, una funzione conoscitiva a vantaggio di ambedue le parti, pubblica e privata, atteso che consente all’interessato un’anticipata tutela delle proprie ragioni e permette all’Amministrazione di ridurre i margini di errori, giacché le consente di conoscere, prima dell’adozione del provvedimento, i vizi in cui incorrerebbe adottandolo.

E’ ben vero che la comunicazione di avvio del procedimento è necessaria solo quando, in relazione alle ragioni che giustificano l’adozione del provvedimento o ad altro profilo, la stessa sia idonea ad apportare una qualche utilità all’azione amministrativa affinché questa, sul piano del merito e della legittimità, riceva arricchimento dalla partecipazione del destinatario del provvedimento (T.A.R. Lazio, III Sez., 15 marzo 2011 n. 2352). Nel caso in esame però tale utilità non può essere messa in dubbio, atteso che la ricorrente avrebbe rappresentato l’impossibilità di alloggiare nell’abitazione sita in via S. Rita, essendo l’appartamento ubicato in piano alto e non avendo lo stabile un ascensore, con la conseguenza che la figlia – ultratrentenne affetta da grave ritardo mentale, tetraparesi spastica di grado grave, epilessia, grave disartria, tutto esito di paralisi cerebrale infantile – non avrebbe potuto più uscire di casa, non essendo la madre, ultrasettantenne, in grado di accompagnarla se non servendosi della sedia a rotelle.

La partecipazione al procedimento avrebbe dato dunque alla ricorrente la possibilità di rappresentare il gravissimo stato di salute della figlia (quale risulta dal verbale della A.U.S.L. di Viterbo e dalla nota della stessa Azienda del 25 gennaio 2010) e di contestare il presupposto, in fatto e in diritto, su cui si fonda la revoca dell’assegnazione, e cioè che l’alloggio in questione presupporrebbe la necessaria presenza, nel nucleo familiare, di due invalidi, e cioé l’assegnatario (marito della ricorrente, invalido) e la figlia di questi.

Il Collegio deve anche escludere che nel caso in esame sussistano le ragioni di particolare urgenza che legittimano l’omissione dell’avviso dell’inizio del procedimento (Cons.Stato, VI Sez., 23 marzo 1998 n.358; Trib.sup.acque pubb. 30 aprile 1998 n. 38). E ciò perché l’Amministrazione, che ritenga esistenti i presupposti di celerità che legittimano l’omissione della comunicazione dell’avvio del procedimento, deve dare contezza, nel provvedimento finale, dell’urgenza atteso che le ragioni della speditezza devono essere poste a raffronto con le esigenze di tutela del contraddittorio, soprattutto nel caso in cui il provvedimento da adottare consista nel ritiro o nella modificazione, nella sostanza, di un atto favorevole di cui erano destinatari soggetti in obiettivo, gravissimo stato di bisogno, con conseguente venir meno di un effetto positivo per i destinatari, sul quale essi avevano fatto legittimo affidamento (T.A.R. Sardegna 8 giugno 1995 n.1068).

Nel caso in esame manca nei provvedimenti impugnati l’individuazione delle ragioni di urgenza ed indifferibilità che avrebbero potuto giustificare l’omesso previo avviso dell’inizio del procedimento.

Per le ragioni che precedono il ricorso deve essere accolto.

Quanto alle spese di giudizio, in considerazione della natura della controversia può disporsene l’integrale compensazione fra le parti costituite.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza Quater)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.

Compensa integralmente tra le parti in causa le spese e gli onorari del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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