Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-04-2011) 17-05-2011, n. 19289

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

e che ha concluso per l’accoglimento del ricorso nell’interesse del M..
Svolgimento del processo

Hanno proposto ricorso per cassazione C.G. e M. L., il primo per mezzo del proprio difensore, il secondo personalmente, avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma del 21.9.2010, che confermò la sentenza di condanna pronunciata dal locale Tribunale il 22.1.2010, nei confronti di entrambi per il reato di rapina, e inoltre nei confronti del M. per reati in materia di armi.

Il difensore del C. deduce il difetto di motivazione della sentenza ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e), in ordine ai criteri seguiti in concreto per la determinazione della pena alla stregua dei criteri direttivi fissati dall’art. 133 c.p., lamentando in sostanza che la misura della pena sarebbe eccessiva a fronte della concessione delle attenuanti generiche e del riconoscimento dell’attenuante ex art. 62 c.p., n. 6, considerando il leale comportamento processuale dell’imputato e le sue precarie condizioni di salute.

Il M., a sua volta lamenta la mancata risposta della Corte territoriale alle doglianze avanzate con l’atto di appello, in particolare con riferimento alla richiesta di assoluzione perchè il fatto non costituisce reato in ordine all’imputazione in materia di armi sub D); deduce, con gli altri motivi, il difetto di motivazione della sentenza in ordine alla determinazione del trattamento sanzionatorio e alla comparazione delle circostanze di segno opposto, lamentando comunque che la pena base sulla quale operare l’aumento per continuazione avrebbe dovuto essere individuata dai giudici territoriali, alla stregua dell’art. 628 c.p., comma 1 non del comma 3 dello stesso articolo.
Motivi della decisione

1. Il ricorso del C. è manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha dato adeguatamente conto della valutazione della congruità della pena inflitta all’imputato, giustamente ritenuta alquanto modesta rispetto alla gravità del reato di rapina, commesso con armi ai danni di un supermercato, non apparendo peraltro rilevante l’incidenza, sulla gravità dei fatti, delle condizioni di salute del ricorrente, che potranno in ogni caso ricevere adeguata considerazione in ambiente penitenziario, mentre le altre circostanze favorevoli agli imputati si sono già tradotte in specifiche cause di attenuazione della pena.

Va notato, poi, che come esattamente notano i giudici di appello, la pena base per il reato di rapina è stata stabilita nei confronti del C. (come del resto anche nei confronti del M.) ben al di sotto del minimo previsto per la fattispecie aggravata di cui all’art. 628 c.p., comma 3, e, quindi, con l’implicito riconoscimento (e, comunque, con il medesimo effetto pratico) della prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti. Dalla lettura del dispositivo della sentenza di primo grado, risulta anzi chiaramente che il Tribunale ha tenuto conto solo delle attenuanti, "come se" il reato di rapina fosse stato contestato in forma non circostanziata.

2. Analoghe considerazioni valgono per il M., relativamente al delitto di rapina; risulta invece completamente omessa, nella motivazione della sentenza impugnata, la considerazione del motivo di appello del M. concernente la responsabilità dell’imputato per i reati in materia di armi di cui al capo D), il relativo capo di condanna essendo stato a suo tempo impugnato dalla difesa sotto il profilo dell’elemento psicologico del reato, in considerazione della particolare natura delle armi in questione (si trattava di una pistola a gas e di una pistola lanciarazzi), e dell’atteggiamento collaborativo tenuto nel corso delle indagini dall’imputato, che avrebbe spontaneamente rivelato ai militari operanti di essere in possesso delle due armi indicando il luogo in cui erano custodite. In parte qua, la sentenza deve essere pertanto annullata.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso del C. va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità, la sentenza impugnata va invece annullata nei confronti di M.L. limitatamente al reato sub D) con rinvio ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto e per l’eventuale rideterminazione della pena, con il rigetto, nel resto, del ricorso.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso del C. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle Ammende.

Annulla con rinvio la sentenza impugnata nei confronti di M. L. limitatamente al reato sub D) e dispone trasmettersi gli atti ad altra sezione della Corte di Appello di Roma per nuovo giudizio sul punto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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