Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 19-04-2011) 17-05-2011, n. 19287

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Ha proposto ricorso per cassazione D.A. per mezzo del proprio difensore, avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino del 16.9.2009, che confermò la sentenza di condanna pronunciata nei suoi confronti dal Tribunale di Alessandria il 16.12.2008. Deduce la difesa il vizio di inosservanza o erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione della sentenza in ordine alla conferma del giudizio di responsabilità del ricorrente per i reati di cui ai capi A) B) C) D) E)F) G) I), L), M) ed O).

Seguendo l’ordine dei motivi, per la rapina di cui al capo M, la difesa rileva che dalle circostanze genericamente denunciate dalla persona offesa parrebbe doversi escludere che l’imputato avesse usato violenza per impossessarsi del telefono della vittima, peraltro successivamente restituito alla stessa. Mancherebbe comunque, nella condotta dell’imputato, l’elemento soggettivo legato all’ingiusto profitto e sarebbero comunque ravvisabili le circostanze attenuanti di cui all’art. 62 c.p., nn. 4 e 6.

Quanto al delitto di furto dell’autovettura BMW tg. (OMISSIS) di cui al capo A), il contenuto delle intercettazioni telefoniche citate dalla Corte territoriale sarebbe troppo generico e in parte addirittura incomprensibile, per poterne trarre indicazioni di prova a carico del ricorrente. Le chiavi dell’autovettura sarebbero poi state ritrovate in luogo non di esclusiva pertinenza dell’imputato, temporaneamente ospitato presso l’abitazione dove gli oggetti erano stati rinvenuti, insieme ad altre persone.

Analoghe argomentazioni la difesa svolge con riferimento al reato di ricettazione di cui al capo B), per ribadire l’impossibilità di stabilire un collegamento tra l’attribuibilità del possesso della merce ricettata e il luogo in cui essa era custodita.

In ordine ai reati di furto di cui ai capi C) D), E), F) G) I) ed L), sarebbe illogico il criterio seguito dalla Corte territoriale nell’individuazione del ricorrente, basato esclusivamente sulle presunte analogie del modus operandi dell’autore materiale, con le modalità del furto di cui al capo A), tanto più considerando che nemmeno per quest’ultimo reato sarebbe stata raggiunta la prova della colpevolezza del ricorrente.

Del tutto arbitrario sarebbe, infine, il collegamento tra il ricorrente e l’autore del furto presso l’abitazione di M. A., oggetto dell’imputazione sub B), sulla sola base della localizzazione nella adiacenze dell’immobile delle celle agganciate dal telefonino cellulare dello stesso ricorrente in coincidenza con il furto. Il tenore delle conversazioni intercettate nessun contributo potrebbe poi portare all’ipotesi accusatoria.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Per quel che riguarda la rapina contestata al capo M), corrisponde ad una valutazione del tutto apodittica la tesi difensiva dell’accidentalità del gesto lesivo commesso dall’imputato ai danni della vittima, e comunque è del tutto congrua la motivazione della Corte territoriale sul punto, nella parte in cui sottolinea, al contrario, l’intenzionalità dell’aggressione; le attenuanti di cui all’art. 62, nn. 4 e 6 non erano state sollecitate con l’atto di appello, e in ogni caso nella quantificazione del danno dovrebbe tenersi conto anche del pregiudizio "fisico" subito dalla persona offesa, riguardo al quale nulla deduce il ricorrente; relativamente agli altri reati, il giudice di appello considera non soltanto la presenza delle loro tracce nell’abitazione occupata non in via esclusiva dall’imputato, ma anche gli antefatti delle indagini, promosse a seguito di una segnalazione inoltrata ai carabinieri dalla proprietaria dell’appartamento, preoccupata che l’imputato potesse coinvolgere il figlio in una sistematica attività delittuosa nel campo dei reati contro il patrimonio, e considera inoltre le ammissioni dell’imputato, che non aveva negato di avere avuto più volte la disponibilità di autovetture e altri beni di provenienza furtiva, contestando piuttosto di essere stato l’autore diretto dei furti, ma alla stregua di una deduzione difensiva correttamente disattesa dalla corte territoriale sulla base delle emergenze probatorie in atti, oltre che problematica in punto di interesse, considerata la maggior gravità del delitto di ricettazione alternativamente configurabile.

Alla stregua delle precedenti considerazioni, il ricorso va pertanto dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1000,00 alla Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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