T.A.R. Lombardia Milano Sez. IV, Sent., 17-05-2011, n. 1250 Decisione amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente è una società proprietaria di un immobile in Milano via della Guastalla, 2. In base alla L.R. 13/2009 (c.d. piano casa regionale) ha presentato al Comune una richiesta di autorizzazione paesistica per la realizzazione di un progetto di sopraelevazione in deroga. Il Comune, con il provvedimento impugnato, ha dichiarato inammissibile la domanda in quanto la presenza di un vincolo paesaggistico farebbe scattare la preclusione prevista dall’art. 5 della L.R. 16 luglio 2009 n. 13, secondo il quale il piano casa non sarebbe applicabile agli edifici e relativi ambiti di particolare interesse storico, all’uopo vincolati.

Contro il suddetto atto la ricorrente solleva i seguenti motivi di ricorso.

I) Eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e diritto. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 l. 241/90 e della DGR n. 8/10567 del 18.11.2009. Eccesso di potere per contraddittorietà ed illogicità manifeste nonché per perplessità.

Secondo la ricorrente l’esclusione prevista dalla legge per gli immobili vincolati non si applicherebbe all’immobile di sua proprietà in quanto il vincolo non avrebbe i caratteri previsti dalla legge regionale per escludere il c.d. piano casa,e, quindi, non sarebbe vincolato ai fini della legge medesima. Il vincolo paesistico insistente sull’area avrebbe per oggetto una bellezza d’insieme e non una bellezza individua e nella descrizione del vincolo non si farebbe menzione dell’immobile in questione.

II) Eccesso di potere in quanto il provvedimento afferma che la domanda sarebbe stata presentata ai sensi dell’art. 3 della L.R. 12/2009 mentre sarebbe stata presentata ai sensi dell’art. 2 della medesima legge.

III) Violazione dell’art. 5 c. 3 lett. b L.R. 13/2009 e violazione dell’art. 1 L.R. 13/2009 in quanto mancherebbero i requisiti richiesti dalla legge per applicare il vincolo escludente, cioè la specificità del vincolo relativo all’edificio, il particolare rilievo del medesimo e la motivazione specifica.

IV) Violazione della DGR n. 8/10567 del 18.11.2009 in quanto le prescrizioni contenute nel vincolo non sarebbero preclusive dell’edificazione.

V) Violazione dell’art. 2 L. 241/90 e art. 146 del D. Lgs. 42/2004; violazione degli artt. 2 e 6 L.R. 13/2009 in quanto sussistono termini perentori previsti dalla legge per l’esame delle domande, in considerazione del carattere eccezionale della legge regionale.

VI) Violazione degli artt. 136 e 146 D. Lgs. 42/2004 e dell’art. 3 L. 241/90 ad opera del provvedimento di vincolo qualora ritenuto idoneo ad escludere l’applicazione del c.d. piano casa regionale.

VII) Violazione dell’obbligo di motivazione da parte del provvedimento di vincolo in quanto la giunta regionale non avrebbe specificato le ragioni di estendere il vincolo all’edificio della ricorrente.

VIII) Illegittimità derivata dl provvedimento di diniego impugnato per illegittimità del vincolo apposto.

Con successivo ricorso per motivi aggiunti la ricorrente ha sollevato i seguenti motivi di ricorso.

IX) Eccesso di potere per contraddittorietà con la circolare del Comune di Milano 1 marzo 2010 e difetto di motivazione in quanto tale circolare non indicherebbe tra i casi di esclusione del piano casa la presenza di un vincolo paesistico.

La difesa comunale sostiene che la norma regionale dovrebbe essere interpretata in senso restrittivo in quanto permette l’edificabilità anche in mancanza di un indice di edificabilità residuo. In secondo luogo l’immobile non sarebbe modificabile in quanto, essendo l’area edificata soggetta a vincolo paesaggistico d’insieme, qualsiasi modifica di un immobile presente nell’area comporterebbe modifica del paesaggio e quindi inciderebbe sul vincolo. In terzo luogo l’elencazione degli immobili di pregio contenuti nel provvedimento di vincolo sarebbe soltanto esemplificativa e quindi non escluderebbe la possibilità di applicare le caratteristiche specifiche del vincolo anche ad altri immobili. In quarto luogo l’art. 5 c. 3 della L.R. 13/2009 fa riferimento non solo ai singoli edifici ma anche ai relativi ambiti e quindi si estenderebbe anche agli edifici innominati. In quinto luogo la circolare del Comune di Milano correttamente stabilirebbe che è escluso il piano casa in ogni caso in cui il vincolo paesistico è posto a tutela dell’edificato. In sesto luogo nessuna rilevanza avrebbe il parere regionale riferito ai Comuni il cui territorio è interamente vincolato – che ammette il piano casa nonostante il vincolo – in quanto questo non sarebbe il caso del Comune di Milano. Con riferimento ai motivi di impugnazione riferiti al vincolo paesaggistico sostiene che non sussisterebbe il vizio di mancata comunicazione di avvio del procedimento in quanto la proposta di apposizione del vincolo vale come comunicazione di avvio del procedimento.

All’udienza del 28 marzo 2011 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

Il primo motivo di ricorso è fondato in quanto l’immobile di proprietà della ricorrente, pur essendo vincolato, non è soggetto ad un vincolo che debba ritenersi ostativo all’ammissibilità dell’applicazione delle disposizioni del c.d. piano casa regionale.

L’art. 5 della Legge Regionale 16 luglio 2009, n. 13 (Azioni straordinarie per lo sviluppo e la qualificazione del patrimonio edilizio ed urbanistico della Lombardia) stabilisce, al comma 3 che: le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 non si applicano: b) con riferimento ad edifici e relativi ambiti di particolare rilievo storico, architettonico e paesaggistico, specificamente vincolati in relazione a tali caratteri.

La norma contiene un rinvio alla disciplina vincolistica di carattere storico, architettonico e paesaggistico relativa ad edifici e relativi ambiti.

Essa individua la natura del vincolo e l’oggetto del medesimo, costituito dagli "edifici e relativi ambiti", senza indicare la fonte da cui il vincolo promana.

Ciò significa in primo luogo che il legislatore regionale, ai fini urbanistici che rientrano nei suoi poteri, ha ritenuto di ammettere interventi edilizi in deroga ai limiti della pianificazione urbanistica senza tenere conto, con particolare riferimento ai vincoli paesistici, della classificazione dei medesimi, a seconda della fonte, in vincoli derivanti dalla legge o da provvedimento amministrativo.

Ne consegue che è rilevante ai fini dell’applicazione delle norme in questione esclusivamente il fatto che il vincolo, da qualunque fonte provenga, contenga riferimenti espressi all’edificio ed al "relativo ambito".

In secondo luogo la norma fa riferimento al contenuto del vincolo, che deve avere per oggetto un edificio e l’area vincolata a tutela del medesimo.

Deve quindi escludersi l’interpretazione ampia fornita dal Comune secondo il quale per "relativo ambito" si deve intendere qualsiasi area interessata da un vincolo paesaggistico nel quale rientri almeno un immobile. Tale interpretazione infatti finirebbe per far coincidere l’area esclusa dal c.d. piano casa con quella interessata da qualsiasi vincolo paesistico, eliminando quella parte della norma in cui il legislatore regionale ha inteso dare rilievo al contenuto del vincolo.

Né d’altra parte può invocarsi il carattere eccezionale della legge in quanto in primo luogo l’interpretazione prospettata non è estensiva ma letterale ed in secondo luogo anche un’interpretazione sistematica della L.R. 13/2009, che tenga conto dell’intenzione del legislatore, conduce al medesimo risultato. Infatti lo scopo del legislatore è stato quello di porre in essere misure eccezionali e temporalmente limitate che permettessero il rilancio dell’economia, ritenendo tale scopo prevalente rispetto a quello dell’ordinato sviluppo del territorio, presidiato dagli indici edilizi. Ciò comporta che non si giustifica un’interpretazione restrittiva che ne limiti gli effetti per cui è stata introdotta.

Da ultimo si ritiene che la legge in questione, più che eccezionale, deve meglio qualificarsi come legge speciale e temporanea, idonea a dettare una regola che, benché derogatoria della disciplina ordinaria, si pone come regola generale per i casi e nei tempi in essa previsti, e quindi non si presta all’applicazione del divieto di interpretazione estensiva. Tale conclusione è corroborata dall’ulteriore potere dei Comuni di escludere l’applicazione del piano casa in parti di territorio ritenute meritevoli, spettando quindi all’amministrazione il compito di limitare gli effetti della legge a tutela di altri interessi pubblici.

Ritornando all’esegesi dell’art. 5 della L.R. 13/2009, specificando ulteriormente il contenuto del vincolo, la norma stabilisce che gli edifici in questione debbono essere "specificamente vincolati in relazione a tali caratteri". Con tale locuzione la norma fa riferimento all’espressa considerazione nel vincolo dei profili di tutela che attengono al singolo edificio.

Da ciò consegue in primo luogo che i profili dell’edificio che non formano oggetto di tutela non sono impeditivi dell’applicazione delle disposizioni edilizie in deroga (ad es. le opere interne che non incidono sul vincolo).

In secondo luogo qualunque vincolo che contenga uno specifico riferimento all’immobile può rientrare nelle esclusioni stabilite dalla norma.

In questo ambito rientrano non solo i vincoli paesistici individui ma anche i vincoli d’insieme, purchè l’inserimento nel vincolo sia accompagnato dall’individuazione specifica del bene, nel senso che il valore estetico d’insieme sia strettamente ed esplicitamente connesso all’immobile in questione.

E’ comunque concessa ai Comuni la possibilità -nel termine perentorio del 15.10.2009- di individuare le parti del territorio dove alcune disposizioni non trovano applicazione, per le peculiarità storiche, paesaggisticoambientali ed urbanistiche, con la conseguenza che per tali zone rimane invariata la disciplina urbanistica vigente; occorre, tuttavia, una specifica motivazione sulle peculiarità sopra indicate, in base alle quali la necessità di conservare la disciplina comunale prevale sulla finalità della legge (TAR LombardiaMilano, Sez. II, 03.02.2010 n. 265).

Laddove tale potestà non sia stata esercitata, come nel caso in decisione, toccherà poi all’autorità competente alla gestione del vincolo verificare che il progetto non comporti un vulnus al vincolo stesso o sia in contrasto con le prescrizioni d’uso che, dopo le recenti riforme (in particolare il D. Lgs. 63/2008), lo accompagnano.

Venendo al caso concreto, dalla lettura del vincolo gravante sull’area risulta che il palazzo in questione non è considerato in modo specifico, mentre l’interpretazione in merito all’impatto del progetto sulla bellezza d’insieme deve ovviamente essere riservato all’autorità tecnicamente competente alla gestione del vincolo.

In definitiva il primo motivo di ricorso va accolto in quanto l’immobile della ricorrente non rientra in un vincolo che lo considera in modo specifico e quindi idoneo ad escludere a priori l’applicabilità del c.d. piano casa.

Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per carenza di interesse in quanto l’amministrazione ha dichiarato inammissibile la domanda ai sensi dell’art. 5 della legge regionale, senza che la sussunzione del progetto nell’art. 2 o 3 della L.R. 13/2009 abbia prodotto effetti sulla motivazione della decisione. Il corretto inquadramento giuridico del progetto costituisce attività amministrativa successiva alla valutazione dell’ammissibilità dell’istanza, che dovrà essere svolta in sede di riesame del provvedimento di inammissibilità, rispetto alla quale vige per il giudice il divieto di conoscere di attività amministrativa non ancora esercitata (art. 34 c. 2 del Codice del processo amministrativo).

Il terzo motivo deve intendersi accolto in sede di esame del primo motivo ove sono stati analizzati i requisiti del vincolo escludente.

Il quarto motivo è infondato in quanto non si desume dal contenuto prescrittivi del vincolo l’applicabilità della c.d. legge sulla casa ma solo dal suo contenuto accertativi del valore estetico dei beni ad esso soggetto.

Il quinto motivo è fondato nella parte in cui la ricorrente chiede che sia fissato un termine per l’esame dell’istanza.

In primo luogo occorre premettere che l’accoglimento della domanda di annullamento con effetto retroattivo permette di escludere l’effetto della scadenza di termini di legge e di valutare in sede di decisione di merito la richiesta di fissare una tempistica procedimentale di riesame che sia il più possibile conforme alla previsione di termini perentori per l’applicazione della legge stabiliti dal legislatore.

A tal fine sovviene l’art. 34 del Cod. proc. Amm., secondo il quale "in caso di accoglimento del ricorso il giudice, nei limiti della domanda: e) dispone le misure idonee ad assicurare l’attuazione del giudicato e delle pronunce non sospese, compresa la nomina di un commissario ad acta, che può avvenire anche in sede di cognizione con effetto dalla scadenza di un termine assegnato per l’ottemperanza".

La norma fonda quindi un autonomo potere del giudice di fissare in sede di cognizione un termine per l’ottemperanza alla decisione di accoglimento che, nel caso di interessi pretensivi, comporta l’obbligo dell’amministrazione di riesaminare l’istanza del privato.

A fondamento di tale norma si pongono sia il principio della pienezza della tutela (art. 1 del Codice) che quello della concentrazione (art. 7 del Codice), che non giustificano più la vecchia concezione bifasica del giudizio di cognizione, che, sulla scorta della concezione del giudicato a formazione progressiva, riservava alla sede dell’ottemperanza la cognizione di ogni aspetto dell’azione amministrativa che non fosse contenuto nel provvedimento impugnato.

Ora, di regola, è la fase della cognizione che deve contenere le disposizioni necessarie per soddisfare la pretesa attorea che, nel caso in questione, consiste nel riesame entro tempi certi e ragionevoli della propria istanza.

A tal fine il Collegio ritiene congruo fissare un termine di 30 giorni al Comune per l’esame del progetto respinto.

I successivi motivi contenuti nel ricorso sono assorbiti in quanto proposti per il caso in cui il Collegio avesse ritenuto che sussistesse un vincolo ostativo all’applicazione della L.R. 13/2009 (pag. 12 del ricorso).

Da ultimo è fondato anche il ricorso per motivi aggiunti.

Effettivamente anche il Comune nella circolare indicata aveva stabilito che "per stabilire se il vincolo possiede la caratterizzazione indicata (cioè quella richiesta per l’esclusione dal c.d. piano casa) si devono consultare (i criteri di gestione del vincolo, ove già adottati, o) il testo della motivazione della sua imposizione". Una corretta applicazione della circolare avrebbe quindi condotto ad un esame del contenuto del vincolo, dal quale non si desume alcun accertamento di particolare valore estetico dell’immobile in questione, invece di una decisione fondata esclusivamente sull’esistenza del vincolo medesimo.

Resta comunque nella circolare il riferimento non corretto ai criteri di gestione del vincolo, che comporta una difficile sovrapposizione di aspetti urbanistici e paesistici che occorre tenere per quanto possibile distinti, come sopra evidenziato.

In definitiva il ricorso principale e quello per motivi aggiunti vanno accolti con conseguente annullamento del provvedimento in data 27.9.2010, Sport. Unico Ed., 742506/2010.

Stante la novità della questione sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle pese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione e per l’effetto annulla il provvedimento in data 27.9.2010, Sport. Unico Ed., 742506/2010.

Ordina all’Amministrazione di riesaminare l’istanza entro 30 giorni dalla comunicazione o dalla notificazione della presente sentenza.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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