Cass. Civ. sez. V – sentenza 29 settembre 2010 n. 20421. La Società che si adegua alla risposta di un interpello presentata dal consulente non può essere sanzionata: la Corte di Cassazione applica il principio di affidamento in materia tributaria.

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo
A seguito di istanza di rimborso IVA, assistita da polizza fideiussoria, per L. 2.200.000.000 presentata dalla Società GEOECO Italia s.r.l. il 2 maggio 2002 in relazione all’acquisto ad asta immobiliare, azionata nei confronti della I.A.GA.R. s.r.l., di 357 appartamenti facenti parte di un complesso turistico – alberghiero denominato (OMISSIS) nel comprensorio di (OMISSIS), l’Ufficio, previa richiesta della documentazione afferente il rimborso, contestò alla GEOECO svariate violazioni relative alla tenuta della contabilità, alla registrazione, documentazione e individuazione delle operazioni passive ed in particolare la omessa regolarizzazione di fattura relativa all’imposta del 10% applicata al trasferimento del complesso edilizio, al quale – non sussistendo la destinazione meramente abitative di case non di lusso – andava applicata l’IVA al 20%, applicando le relative sanzioni. L’Ufficio sospese altresì l’erogazione del rimborso in attesa della definizione delle pendenze in corso, salva prestazione di idonea garanzia temporalmente illimitata.
La Commissione Tributaria Regionale della Puglia – Sez. staccata di Poggia – accogliendo con sentenza 5 ottobre 2004 l’appello dell’Ufficio -, ha ritenuta corretta la sospensione del rimborso e la richiesta di garanzia, à sensi del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, stante il limitato importo del capitale sociale e la situazione debitoria esposta dalla Società(non potendosi tale garanzia ritenere un duplicato rispetto alla fideiussione che assiste la domanda di rimborso); la irregolarità della tenuta del libro giornale su un brogliaccio e non sul prescritto libro vidimato ovvero su supporti magnetici tempestivamente aggiornati; l’inattendibilità del libro dei verbali di assemblea, in cui erano stati trascritti verbali anteriori di data dopo altri redatti in data successiva; la sicura destinazione alberghiera del Residence acquistato, dedotta da vari riscontri(richiesta della GEOECO Italia s.r.l. al Comune di (OMISSIS) di autorizzazione per l’esercizio di attività turistico alberghiera, peraltro già esercitata dalla società I.A.GA.R – di cui veniva utilizzato lo stesso personale – e della Capitaneria di Porto di Manfredonia per l’utilizzo del tratto di spiaggia antistante; infrastrutture annesse al villaggio turistico (market, campo di calcetto, ristorante; mutamento dell’oggetto sociale, in data antecedente (28/9/99) alla richiesta di rimborso (2/5/2000), della GEOECO con previsione, fra l’altro, della gestione di strutture e servizi turistici, la prenotazione della clientela da parte della stessa società che aveva curato analogo servizio per la J.A.GA.R.) e quindi la natura strumentale all’attività d’impresa degli immobili in questione, che non potevano essere assimilati alle case di civile abitazione non di lusso di cui alla tabella A, parte terza n. 127 undecies allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, con conseguente obbligo per la cessionaria GEOCO Italia s.r.l. di regolarizzazione della fattura con l’aliquota IVA del 20%. La CTR escludeva inoltre che potesse trovare ingresso l’istanza di condono nel frattempo presentata dalla contribuente à sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9.
La GEOECO Italia s.r.l. chiede la cassazione di tale sentenza sulla base di sette motivi., illustrati da memoria. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Col primo motivo, la ricorrente sostiene che la sentenza impugnata ha violato la L. 27 dicembre 2002, n. 289, artt. 9 e 16, L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10, commi 1 e 2, artt. 3, 53 e 97 Cost., per avere con motivazione viziata affermato l’inapplicabilità, nella specie, del condono tombale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 9 n. 10, in relazione alle sanzioni irrogate, anche se non definitive, per gli anni pregressi avendo la Direzione regionale delle Entrate della Puglia affermato, in risposta a quesito esplicitamente avanzato dal rappresentante e difensore della GEOCO che il condono di cui all’art. 9, era applicabile alle sanzioni, anche in presenza di lite già pendente, e non sussistendo, alla data di presentazione dell’istanza di condono, la preclusione derivante dalla notifica di "un processo verbale di constatazione con esito positivo" (di cui al n. 14 dello stesso articolo)ovvero di avvisi di accertamento à fini II.DD. e IVA, relativamente ai quali non fosse stata perfezionata la definizione à sensi della L. n. 289 del 2002, artt. 15 e 16, non essendo le sanzioni, di cui si è chiesta l’estinzione in pendenza del termine di impugnazione direttamente collegate a tributi; la CTR, ignorando la portata della risposta sull’Amministrazione Finanziaria al quesito proposto, ha invece erroneamente affermato che la contribuente avrebbe dovuto inoltrare l’istanza di condono à sensi dell’art. 16 stessa legge.
La ricorrente solleva quindi, in via subordinata. questione di legittimità costituzionale della L. n. 289 del 2002, art. 9, in relazione agli artt. 3, 53 e 97 Cost., per disparità di trattamento fra le sanzioni irrogate con provvedimento non definitivo per la pendenza dei termini di impugnazione e sanzioni irrogate in pendenza di lite, richiamando altresì il principio dell’affidamento, come tutelato dallo Statuto del contribuente e dalla giurisprudenza comunitaria, secondo il quale la contribuente, avendo utilizzato, senza contestazioni da parte dell’Amministrazione, la procedura di cui al cit. art. 9 per l’automatica estinzione delle sanzioni, non si è avvalsa nei termini della diversa procedura di cui all’art. 16 stessa legge.
Col secondo motivo, adducendo la violazione dell’art. 38 bis, comma 1, come modificato dalla L. n. 449 del 1997, art. 24, comma 22, e D.P.R. n. 633 del 1972, comma 6, nel testo applicabile ratione temporis; D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 23, nonchè difetto di motivazione della sentenza impugnata la ricorrente sostiene che la garanzia da prestarsi per eccedenza IVA richiesta con istanza di rimborso, è stata ampliata, rispetto alla durata biennale inizialmente prevista, alla durata pari al periodo mancante al termine di decadenza dell’accertamento (L. n. 449 del 1997, art. 24 comma 22), anche con riferimento a crediti relativi ad annualità precedenti maturati nel periodo di validità ella garanzia stessa, il che comporterebbe la persistente validità della fideiussione prestata ai sensi dell’art. 38 bis, comma 1, riguardando una ulteriore richiesta di garanzia (art. 38 bis, comma 6) soltanto somme indebitamente rimborsate, in base ad accertamento dell’Ufficio, mentre la CTR ha erroneamente duplicato il carico fideiussorio, non valutando che à sensi dell’art. 1957 c.c., la garanzia del fideiussore permaneva comunque dopo la scadenza dell’obbligazione principale, e, nella specie, per un intero quinquennio, in relazione ad una eccedenza detraibile tra l’altro mai contestata dall’Amministrazione.
Col terzo motivo, si sostiene la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 39; D.L. n. 357 del 1994, art. 7 comma 4 ter, conv. con L. n. 489 del 1994; L. n. 383 del 2001, art. 8; D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, comma 2; D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14; artt. 2214, 2215 e 2421 c.c.; D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 9; D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis; L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla affermata irregolarità della tenuta del libro giornale, che non poteva essere stampato in presenza dei verbalizzanti, in quanto regolarmente aggiornato invece su supporti magnetici nei termini di legge, à sensi del D.L. n. 357 del 1994, art. 7, comma 4 ter, dal Centro di Elaborazione Dati in Vieste ove i verbalizzanti non si sono mai recati, non sussistendo in capo alla Società, peraltro, alcun obbligo di stampa fra l’altro per libri quale il "giornale" per cui è stato eliminato l’obbligo di bollatura e la relativa sanzione, anche in relazione a periodi pregressi, dalla L. n. 383 del 2001; mentre, per quanto attiene il libro delle assemblee, i relativi verbali, seppure non riportati sul detto libro in ordine di data, erano stati però registrati presso l’Ufficio del Registro di Roma, per cui la loro data era certa. Dunque la irregolarità era inidonea a recar pregiudizio alle azioni di controllo e ad incidere sulla base imponibile e non era quindi sanzionabile à sensi dell’art. 10 dello Statuto del contribuente.
Col quarto motivo si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8, del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis, della L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3, dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia della sentenza impugnata, nonchè per difetto di motivazione della stessa, che non ha spiegato – nonostante le eccezioni della contribuente cessionaria degli immobili – perchè la cessionaria dovesse rispondere di una irregolare fattura emessa dall’Ufficio Esecuzioni Immobiliari del Tribunale di Lucera. L’obbligo di regolarizzazione imposto al cessionario dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 6, comma 8, non riguarderebbe peraltro il pagamento del tributo, essendo estranea alla sfera di responsabilità dello stesso la non corretta qualificazione giuridica degli elementi evidenziati in fattura dal cedente, ma la evidenziazione contabile dell’operazione per consentire al Fisco di esercitare i poteri di controllo, così supplendo alla carenza informativa del contribuente – cedente, la quale nella specie era la sola chiamata a rispondere di fronte all’Erario, quale soggetto passivo IVA, della valutazione di un complesso edilizio che corrispondeva, nella relativa documentazione urbanistica – a quello indicato in fattura (vendita di case di abitazione non di lusso). Ma anche a voler ammettere che il cessionario, oltre all’obbligo di regolarizzazione formale della fattura, fosse tenuto anche al pagamento dell’IVA al 20%, nessun danno poteva derivare all’Erario da tale pagamento, che sarebbe stato comunque annotato sul registro acquisti, neutralizzando così l’effetto economico derivante dall’operazione, che comunque il Fisco era in grado di controllare nei confronti del cedente fin dal momento della emissione della fattura, onde non poteva essere sanzionata l’omessa regolarizzazione della stessa.
Col quinto motivo si deduce violazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 16, e della tabella A parte 3^ nn. 127 – undecies allegata stesso D.P.R.; dell’art. 2697 c.c.; del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 5, nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine alla interpretazione, incentrata sull’elemento soggettivo, data al n. 127 – undecies della tabella allegata al D.P.R. n. 633 del 1972, avendo la CTR ritenuto la destinazione alberghiera degli immobili compravenduti, sebbene il complesso – già della I.A.GA.R – fosse stato in sede di asta suddiviso e in parte (109 unità su un totale di 654, di cui 566 dichiarate abitabili, il tutto costituito in condominio: pg.8 PVC in ric. pg. 88) venduto ad altri acquirenti (con l’aliquota, non contestata, del 10%) con caratteristiche urbanistiche di "case non di lusso", solo successivamente trasformate dall’acquirente in struttura turistico – alberghiera, non ponendo la normativa IVA alcuna condizione in ordine all’utilizzo concreto di un’unità immobiliare dopo il suo acquisto, allorchè l’immobile stesso, al momento dell’acquisizione, sia obiettivamente e strutturalmente idoneo all’uso abitativo e come tale a fruire dell’aliquota agevolata. La qualifica giuridica di immobile "abitativo" non dipende infatti, secondo la ricorrente, dal concreto utilizzo che di esso viene svolto, ma dalle oggettive caratteristiche con il quale lo stesso viene realizzato e alle quali, poi, consegue la corrispondente qualifica urbanistico/catastale alla quale si correla il regime fiscale cui la compravendita viene assoggettata. Nè corrisponde al vero l’affermazione secondo la quale l’attività della GEOCO era soltanto quella di gestione di attività turistico alberghiere, avendo la società per oggetto anche la costruzione la vendita e la permuta per conto proprio o di terzi di immobili. Peraltro la GEOCO aveva versato, all’atto dell’Asta a titolo di deposito cauzionale l’intera somma relativa all’IVA al 20%, restituitagli dal custode giudiziario, perchè il Tribunale di Lucera aveva ritenuto di dover applicare l’aliquota agevolata. Dunque nessun comportamento doloso o colposo è ravvisabile nella condotta del cessionario.
Col sesto motivo si deduce violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 16, e della tabella A) parte 3^, n. 127 quinquies stesso D.P.R., dell’art. 2697 c.c., del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, n. 4, nonchè omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine ad un punto decisivo della controversia, costituito dal rilievo sanzionatorio riferibile all’acquisto – e all’autofatturazione con IVA al 10% da parte della contribuente – delle opere di urbanizzazione secondaria, ritenute dalla CTR, accorpate dalla CTR in un unico contesto, mentre la decisione circa le opere di urbanizzazione avrebbe dovuto essere assunta separatamente.
Col settimo motivo, si deduce infine violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53, comma 1, del D.Lgs. n. 471 del 1997; D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26; L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 3; D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, comma 5 bis, oltre a vizio di motivazione della sentenza impugnata in ordine al rilievo sanzionatorio riferito alla omessa regolarizzazione al 20% di fatture emesse per lavori di manutenzione degli immobili acquistati, rilievi non contestati dall’Ufficio appellante e quindi coperti da giudicato.
Il primo motivo di ricorso è fondato.
La L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9, n. 14, lett. a), consente la "definizione automatica per gli anni pregressi" semprechè alla data di entrata in vigore della legge non sia stato notificato processo verbale di constatazione con esito positivo, ovvero avviso di accertamento ai fini .. dell’imposta sul valore aggiunto, nonchè invito al contraddittorio …, relativamente ai quali non è stata perfezionata la definizione à sensi degli artt. 15 e 16 della stessa legge, riferendosi l’art. 15 ad avvisi di accertamento per cui sia ancora pendente il termine di impugnazione e l’art. 16 alle liti fiscali già pendenti. A fronte della dizione non chiarissima dell’art. 9 n. 14, la GEOCO, che aveva già impugnato, al momento dell’entrata in vigore della L. n. 289 del 2002, l’avviso di irrogazione di sanzioni, , chiese a mezzo del proprio difensore e rappresentante Dott. C.M., in data 12 maggio 2003, un parere (trascritto interamente in memoria) all’Agenzia delle Entrate – Direzione Generale della Puglia, la quale affermò che "la definizione à sensi dell’art. 9 comporta l’estinzione di tutte le sanzioni amministrative tributarie non interessate da provvedimento definitivo al 1 gennaio 2003…" dovendosi ritenere pertanto "estinte anche le sanzioni non collegate a tributo" come nella specie. A tale parere, confermato da una successiva Circolare ministeriale (n. 28/E del 12/5/2003, analoga a Circolari precedenti n. 17/E e 28/E) fece quindi riferimento la Geoeco, sempre a mezzo del Dott. C., per sollecitare il rimborso IVA richiesto.
L’Amministrazione controricorrente, oltre a supportare, sulla base di altra contraria Circolare dell’Amministrazione (12 /E del 21 febbraio 2003, precedente a quelle sopra indicate), la affermazione della CTR secondo la quale il c.d. condono tombale" di cui all’art. 9 (in relazione al quale la GEOCO ha corrisposto le somme previste) si riferisce esclusivamente a procedimenti per cui non sia pendente una lite, dovendosi in caso contrario, comunque attivare la procedura di cui al cit. art.16, ha sostenuto, specie nel corso della discussione dibattimentale, che il parere in questione non fu reso "ad personam" (cioè alla Società contribuente)à sensi della L. n. 212 del 2000, art. 11, ma a persona che non si era qualificata come rappresentante della GEOECO. La tesi non può essere condivisa, perchè gli atti processuali di merito fanno costante riferimento – quale difensore e rappresentante per procura dell’Amministratore della Società Girolamo Notarangelo -al Dott. C.M., il quale nel quesito proposto faceva esplicito riferimento all’applicabilità del cit. art. 9 a casi si sanzioni non collegate a tributo, in pendenza di lite (come nella specie)e della risposta ottenuta si era servito per sollecitare a nome della GEOECO, facendo espresso riferimento al quesito, l’intervento del Garante del contribuente ai fini dell’ottenimento del rimborso IVA richiesto dalla Società. Il collegamento dunque fra l’attività del Dr. C. e la Società nettamente riscontrabile negli atti di causa (così come reiteratamente affermato dalla ricorrente nel ricorso e in memoria), non consente al Collegio di aderire alla formalistica argomentazione della difesa erariale secondo cui il quesito di cui al cit. art. 11 doveva essere presentato direttamente dalla Società e non da persona che seppur delegata a rappresentarla, di tale delega o procura non aveva fatto menzione. Una tale restrittiva lettura del dettato garantistico del cit. 11 ("Ciascun contribuente può inoltrare per i iscritto all’Amministrazione Finanziaria … circostanziate e specifiche istanze di interpello … La risposta dell’Amministrazione., vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente … Qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità della risposta, anche se desunta à sensi del periodo precedente, è nullo"), in presenza del menzionato stretto collegamento dell’attività del Dr. C. con la Società, sia in campo contabile(trattandosi di commercialista) che nella rappresentanza anche in giudizio, comporterebbe infatti il disconoscimento della portata sostanziale di tutela dell’affidamento contenuta nell’art. 11, il quale (Cass. 19479/2009) nel disciplinare il caso in cui il contribuente si sia adeguato ad un esplicito responso dell’Amministrazione finanziaria motivatamente espresso in esito alla particolare procedura dell’interpello, prevede la nullità degli atti impositivi che siano in contrasto con l’esito dell’interpello.
Nè all’applicazione del condono, nella particolare fattispecie in esame, che non si riferisce alle sole sanzioni in materia di IVA, ma relative ad altre svariate violazioni, per lo più formali, contestate, può contrapporsi la inapplicabilità del condono in materia di IVA, anche con riferimento alle sanzioni applicate secondo il regime tributario dei singoli stati membri, affermata dalla Corte di Giustizia della Comunità Europee con la sentenza 17 luglio 2008, in C-132/2006 – cui si è allineata la sentenza n. 20068/2009 di questa Corte, seguita dalla recentissima pronuncia delle Sezioni Unite n. 3674/2010 begin_of_the_skype_highlighting end_of_the_skype_highlighting.
Infatti in tali caso si trattava di sanzioni applicate unitamente all’imposta dovuta, per cui motivatamente le misure sanzionatorie sono state ritenute di carattere dissuasivo, oltrechè repressivo, perchè rivolte a determinare il corretto adempimento dell’obbligo comunitario. Nel caso di specie le sanzioni applicate, per la parte relativa all’IVA, appaiono piuttosto rivolte a dissuadere la contribuente dal richiedere: un rimborso che le compete, senza che l’Amministrazione si sia attivata nel richiedere il pagamento della differenza d’aliquota contestata. Difetta cioè, nella specie, il presupposto della "rinuncia all’accertamento", che rende il condono incompatibile con la normativa comunitaria, così come sancito dalla CGE con la sentenza 17 luglio 2008 in C-132/06, à sensi delle indicazioni interpretative fornite dalla S.U. in Cass.2676/2010, intese a valorizzare; il principio dell’affidamento.
Il primo motivo di ricorso deve essere dunque accolto con assorbimento degli altri motivi, incluso il secondo motivo, essendo la sospensione del rimborso richiesto connessa alla definizione; della procedura sanzionatoria.
Consegue la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata, dovendosi, in punto di merito, dichiarare estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere.
I profili processuali della vicenda comportano la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara estinto il giudizio per cessazione della materia del contendere.
Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

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