T.A.R. Campania Napoli Sez. IV, Sent., 18-05-2011, n. 2713 Demolizione di costruzioni abusive Sanzioni amministrative e pecuniarie

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Il Comune di Napoli, con Ordinanza Commissariale prot. n.2879/U.O.A. del 25.11.1993, ordinava la demolizione di opere abusive ed, in particolare, di un vano interrato di circa mq. 50 ed altezza di circa mt.2,00 e di un manufatto di forma irregolare di circa mq. 100 in misto lapil cemento, con solaio di copertura in putrelle e tavelloni, sovrastante il detto vano, in quanto realizzate senza premesso di costruire in Napoli, Via S. Donato, n.106.

Le parti ricorrenti, con atto notificato in data 11.2.1994, impugnavano la suddetta ordinanza chiedendone l’annullamento per i seguenti motivi:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 della legge n. 47/1985 – Eccesso di potere.

2) Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Illogicità e manifesta carenza di motivazione.

3) Ulteriore eccesso di potere per mancata comparazione dell’interesse pubblico con l’interesse privato.

Si costituiva in giudizio il Comune di Napoli a mezzo dell’Avvocatura Comunale spiegando argomentazioni difensive.

La causa veniva chiamata all’udienza pubblica del 13.4.2011 e trattenuta in decisione.
Motivi della decisione

1) Il ricorso si palesa infondato.

Con il primo motivo di ricorso le parti ricorrenti hanno lamentato che gli interventi effettuati sarebbero rientrati, per tipologia, tra quelli previsti nell’art. 26 della legge n. 47/1985 ed, in ogni caso, tra le opere non soggette al previo rilascio di concessione edilizia bensì ad autorizzazione, con conseguente illegittimità della sanzione demolitoria comminata.

Il motivo è infondato.

Le opere abusive in questione, in quanto interventi di nuova costruzione o, comunque, in totale difformità, richiedevano la concessione edilizia ai sensi dell’art. 7 della legge n.47/85 e, pertanto, pienamente legittimo è il provvedimento gravato.

Non è difatti sostenibile che le stesse siano configurabili quali le opere interne alle costruzioni, ai sensi dell’art. 26 della legge n. 47/1985, né rientrano in altra tipologia realizzabile tramite semplice autorizzazione.

2) Infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

Secondo le parti ricorrenti l’atto sanzionatorio gravato sarebbe il risultato di una insufficiente istruttoria e risulterebbe affetto da vizio di motivazione.

Anche tali censure sono totalmente infondate.

Il provvedimento che ordina la demolizione delle opere abusive è basato su specifici atti di sopralluogo depositati in atti dall’Amministrazione e non contestati dai ricorrenti, che peraltro avevano già dato luogo a precedenti provvedimenti demolitori.

Inoltre, il provvedimento gravato esplica sufficientemente i presupposti in fatto (realizzazione delle opere, compiutamente descritte nell’atto sanzionatorio, in assenza di concessione edilizia) e le ragioni di diritto (previsione dell’art. 7 della legge n.47/85) che hanno giustificato l’adozione della misura di riduzione in pristino.

3) Infondato risulta essere, infine, anche il terzo motivo di ricorso incentrato sulla doglianza secondo cui l’Amministrazione non avrebbe congruamente valutato le ragioni di interesse pubblico deponenti per l’adozione di un provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi.

Come da giurisprudenza consolidata i provvedimenti che irrogano sanzioni previste dalla legge in materia edilizia non necessitano, difatti, di alcuna specifica motivazione in ordine all’interesse pubblico a disporre il ripristino della situazione conforme a legge (essendo controversa in giurisprudenza la sola ipotesi, non dedotta nel caso in esame, in cui tra l’illecito e la sanzione demolitoria sia decorso un notevole lasso di tempo TAR Veneto, Sez. II – sentenza 13 marzo 2008 n. 605; TAR Veneto, Sez. II – sentenza 26 febbraio 2008, n. 454;.TAR Lombardia – Milano, Sez. II – sentenza 8 novembre 2007 n. 6200), né il Comune ha discrezionalità nello stabilire le sanzioni derivanti dall’inosservanza della normativa urbanistica.

4) Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore dell’Amministrazione parte resistente, delle spese del presente procedimento, che liquida in complessivi euro 2.000,00 oltre IVA e CPA.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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