Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-02-2011) 17-05-2011, n. 19339

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

che chiede l’accoglimento dei motivi di ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza in data 14-12-2009 il Giudice Monocratico del Tribunale di Sondrio confermava la sentenza emessa dal Giudice di Pace di Tirano, in data 29-5-2009, nei confronti degli imputati O. M. e B.L., che erano stati rispettivamente condannati, la O. per reato di cui all’art. 582 c.p., comma 2 ed il B. per il reato di cui all’art. 581 c.p. alla pena della multa come da dispositivo. Il Giudice di appello aveva altresì confermato le statuizioni civili.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso l’imputata, O., deducendo:

1- Con il primo motivo, la mancanza, contraddittorietà ed illogicità manifesta della sentenza, avendo il Giudice posto alla base della decisione elementi che non si ritenevano dal ricorrente essere corrispondenti alla contestazione.

A riguardo censurava la sentenza per avere dato rilievo probatorio alle sole dichiarazioni della persona offesa, senza rendere specifica motivazione, evidenziando che era stata esclusa la veridicità delle dichiarazioni della minore, Po.Al., che si riteneva condizionata dall’affetto verso la madre.

La ricorrente rilevava anche come fosse stata attribuita valenza al referto medico attestante le lesioni subite dal B., mentre inspiegabilmente si era ritenuto come non provato il nesso di causalità tra le lesioni riportate dalla bambina ed il comportamento del B..

Per tali elementi la ricorrente deduceva la carenza ed illogicità della motivazione, nonchè la contraddittorietà della stessa, fondata su elementi incompatibili con altre risultanze delle quali non si era fatto alcun cenno. (v. fl. 6 motivi di ricorso).

In fatto la ricorrente evidenziava altresì che le lesioni subite dal B. ad opera della stessa O., erano il frutto di un comportamento "involontario" dell’imputata, perchè al momento dell’evento la stessa era stata presa per il collo dal B., e, nell’atto istintivo di liberarsi, aveva inavvertitamente colpito l’aggressore.

Tale versione era stata confermata dalla deposizione della minore, Po.Al., presente alla aggressione.

La ricorrente rilevava altresì che il Giudice di merito aveva trascurato di valutare la deposizione resa dal Maresciallo S., intervenuto immediatamente dopo la lite, (avendo il teste affermato di non ricordare che il B. gli avesse mostrato segni di percosse) – veniva in tal senso censurata la valutazione resa dal Giudice che aveva tenuto conto a carico della imputata del referto medico attestante le lesioni subite dal B., ritenendo che la tesi accusatoria sarebbe stata riscontrata anche dalla deposizione di P.M.S. (che aveva notato il B. mentre si portava un fazzoletto sul viso, e si lamentava per il colpo ricevuto dall’imputata).

La valutazione di tali dati processuali era stata dunque ritenuta quale prova a carico della O., secondo la ricorrente con illogica motivazione(avendo il giudice ritenuto che le lesioni attestate dal referto fossero compatibili con la dinamica delittuosa descritta dal B.).

Diversamente la ricorrente rilevava che il referto non fosse elemento adeguato a costituire il fondamento del giudizio di responsabilità per le lesioni, anche sotto l’aspetto dell’elemento psicologico del reato, (contestato ai sensi dell’art. 582 c.p., comma 2) – (v. fl. 9 del ricorso), onde la sentenza si censurava anche per la carenza della motivazione.

Peraltro, censurando la motivazione, la ricorrente evidenziava che erano state riscontrate lesioni consistenti in una "contusione facciale" mentre – se si fosse verificato che l’imputata avesse dato un pugno sul viso al B. egli avrebbe riportato lesioni lacero- contuse.

Pertanto la ricorrente riteneva che anche il referto medico delle lesioni fosse compatibile con la versione della stessa O., secondo la quale la donna aveva solo involontariamente cagionato le lesioni nel tentativo di liberarsi dal gesto del B..

In relazione a tali elementi la ricorrente riteneva di censurare la motivazione anche per la parziale valutazione delle deposizioni testimoniali.

-2- Con altro motivo la ricorrente deduceva la illogicità della motivazione nel punto in cui riteneva non attendibile la deposizione resa dalla minore, Po.Al., evidenziando che le due versioni – ossia quella dell’imputata O. e quella del B., erano contrastanti – e che quella del B. era priva di riscontri, a differenza di quella resa dall’imputata.

A sostegno della censura di carenza e illogicità della motivazione la ricorrente menzionava una parte della deposizione resa dalla teste P., dalla quale risultava che la teste era arrivata nella sua abitazione, e la bambina aveva detto piangendo: "Zia vieni che il G. picchia la mamma" – (v. fl. 14 del ricorso).

In tal senso la ricorrente rilevava che il Giudice di appello non aveva posto a confronto le prove in modo completo, evidenziando che era emerso che la minore aveva cercato l’aiuto di terzi per la propria madre, e che tale condotta fosse tale da avvalorare la tesi prospettata dall’imputata.

La ricorrente evidenziava altresì un preteso contrasto tra giudicati – pur riconoscendo che i giudizi non riguardavano il medesimo fatto – rilevando che dopo la querela del 7-12-2004 (dalla quale aveva tratto origine il presente procedimento).

Era stata presentata una integrazione di querela, sempre nei confronti del B., per minacce aggravate e violenza privata perpetrate nei confronti dei figli della O. ( P.A. e Po.Al.).

La ricorrente rilevava che per tali ultimi reati (giudicati separatamente dal Tribunale), il B. era stato condannato con sentenza del 14-5-2007, confermata dalla Corte di Appello di Milano, passata in giudicato l’11 febbraio 2010.

In relazione a tali fatti la ricorrente evidenziava che le deposizioni dei figli erano state considerate attendibili, nell’altro procedimento in precedenza menzionato.

(NB Non vale il confronto tra le risultanze di due diversi procedimenti per inficiare la valutazione compiuta dal giudice di appello circa l’attendibilità della minore Al. nel presente procedimento).

Con ulteriori motivi depositati in data 27.1.2011, la difesa della O. deduce: 1 – ai sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) la erronea applicazione degli artt. 190, 192, 597 e 598 c.p.p. e dell’art. 168 disp. att. c.p.p..

Al riguardo censurava come mancante, contraddittoria ed erronea la motivazione nel senso della omessa valutazione da parte del giudice di appello delle deduzioni difensive nel merito, ritenendo che il Giudice del gravame si fosse sottratto al compito di verifica delle risultanze processuali e delle violazioni di legge evidenziate nell’atto di impugnazione, limitandosi ad una conferma apodittica della decisione impugnata, e considerando solo la versione fornita dalla persona offesa dal reato, rapportata ad un certificato medico, ritenuto semplicemente compatibile con la dinamica dei fatti descritti senza esplicitare in base a quale ulteriore elemento fosse riscontrata tale compatibilità. 2- Con il secondo motivo aggiunto si deduceva l’inosservanza o erronea applicazione delle disposizioni penali e il travisamento della prova (rilevando che la testimonianza del B. si era considerata solo in parte attendibile), e ritenendo contraddittoria la motivazione.

D’altra parte la difesa censurava ancora, a tal fine sostenendo la scorretta valutazione delle prove, la pretesa valutazione di inattendibilità della deposizione della minore Po.

A., unica persona presente ai fatti.

Evidenziava altresì che la sentenza si presentava carente, non avendo motivato sulle ragioni per le quali il Giudice aveva dato rilevanza alle dichiarazioni del B., disattendendo totalmente quelle della minore.

3- Con il terzo motivo aggiunto la difesa deduceva la violazione del diritto alla prova – relativamente agli artt. 190, 468, 493 e 495 c.p.p. e D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 29, comma 8, per erronea applicazione della legge penale, in riferimento alla negata rinnovazione del dibattimento.

Sul punto evidenziava che si era ritenuta la decadenza della O. dalla prova testimoniale, avendo richiesto l’escussione delle dottoresse U. e P. della ASL di Sondrio, dopo che il Giudice, all’udienza del 9 febbraio 2007, aveva ammesso le prove richieste dalle parti, rinviando per l’istruttoria al 6-7-2007, data ella quale si era dichiarata la decadenza dalla prova stessa.

Orbene, la difesa evidenziava che – in assenza di una formale autorizzazione del giudice alla citazione dei testi – la parte non avrebbe avuto l’onere di provvedere a tale incombente, e dunque non si sarebbe verificata alcuna forma di decadenza.

A riguardo citava giurisprudenza di legittimità sull’argomento (Sez. 5^ – 28 aprile 2005, n. 38669, Carassi) – ed altre, tra cui Sez. 3^, del 18 febbraio 2010, n. 13507 – (v. fl. 6 dei motivi aggiunti).

Pertanto rilevava che l’ordinanza emessa in data 6 luglio 2007 dal Giudice di Pace, era da ritenere frutto della violazione del diritto alla prova.

Peraltro evidenziava che la sentenza impugnata, non rendeva alcuna valutazione del giudice di appello sul tema del diniego di rinnovazione del dibattimento.

Citava anche al riguardo giurisprudenza di legittimità attestante l’obbligo del giudice di motivare sul punto (Cass. Sez. 6^, del 13 febbraio 2003, n. 13970, Bascialla inerente all’art. 603 c.p.p.).

4- Con il quarto motivo aggiunto si deduceva la carenza degli elementi indiziari certi, univoci e concordanti tali da integrare il fondamento del giudizio di colpevolezza, per un reato caratterizzato da condotta dolosa, e in tal senso si rilevava la contraddittorietà della sentenza e l’inosservanza di norme processuali per la mancata pronunzia assolutoria.

5- Con il quinto motivo si deduceva la sostanziale contraddittorietà degli elementi valutati, laddove il Tribunale aveva evidenziato"in conclusione, risultando le contrapposte versioni prive di confronto probatorio, la sentenza merita di essere confermata".

Tale osservazione conclusiva evidenziava ad avviso della difesa la totale contraddittorietà della motivazione, onde si chiedeva l’annullamento della impugnata sentenza.
Motivi della decisione

La Corte rileva che il ricorso risulta dotato di fondamento.

Invero deve evidenziarsi che la sentenza impugnata resta censurabile per non avere valutato in alcun modo la richiesta difensiva attinente alla rinnovazione del dibattimento.

Va infatti rilevato che il giudice di appello, pur dando conto della analisi delle risultanze illustrate dal primo giudice, che peraltro aveva dichiarato la decadenza della difesa dalla prova testimoniale, per omessa citazione dei testi secondo il disposto del D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 29, avrebbe dovuto motivare circa la richiesta dell’appellante tesa alla rinnovazione del dibattimento.

Sul punto vi è una lacuna della motivazione, che rende evidente la lesione del diritto di difesa, atteso che la richiesta di rinnovazione del dibattimento non era preclusa dalla intervenuta declaratoria di decadenza della parte dalla prova testimoniale, ed era rimessa all’apprezzamento del giudice del gravame che, nella specie, non si è espresso sul punto.

Vale al riguardo il richiamo reso dalla difesa alla giurisprudenza di questa Corte – Sez. 4^, 19 febbraio 2004, n. 18660 – da cui si evince che "nel giudizio di appello, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603 c.p.p., comma 1 è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale e alla conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti senza una rinnovazione istruttoria; tale accertamento è rimesso alla valutazione del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivato".

Conseguentemente, la sentenza appare inficiata da carenza della motivazione, e deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al competente giudice di appello, restando assorbiti gli ulteriori motivi di ricorso dall’accoglimento delle predette censure difensive.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame al Tribunale di Sondrio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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