Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 17-02-2011) 17-05-2011, n. 19308

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con sentenza in data 12 Ottobre 2004 la Corte di Appello di Perugia sull’appello del Procuratore Generale in sede e delle parti civili ha riformato la sentenza assolutoria emessa in data 22 Novembre 2002 dal Tribunale di Perugia, Sezione distaccata di Città di Castello, e affermata la responsabilità del Sig. B. per la morte della Sig.ra T. causata da errata manovra di retromarcia alla guida del proprio furgone, lo ha condannato, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche con giudizio di equivalenza sulle aggravanti, alla pena di sei mesi di reclusione, nonchè al risarcimento dei danni in favore delle parti civili da definirsi in separata sede e al versamento di provvisionali.

A seguito di impugnazione del Sig. B. la Quarta Sezione penale di questa Corte con sentenza in data ha annullato la decisione della Corte di Appello per vizio motivazionale e rinviato per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Firenze. In particolare, la Corte di Cassazione ha ravvisato plurimi profili di censura della ricostruzione dei fatti, così sintetizzabili: a) omessa considerazione della direzione di marcia della vittima e della localizzazione delle ferite, situate sul lato del corpo opposto a quello del presunto urto con l’autocarro in manovra; b) superamento dei risultati della consulenza tecnica fondato esclusivamente sulle dichiarazioni della vittima come riferite dai suoi familiari, non presenti al fatto; c) mancato esame del nesso di causalità tra l’incidente e il decesso, avvenuto a circa 15 giorni di distanza.

Decidendo in sede di rinvio la Corte di Appello di Firenze ha confermato il giudizio di responsabilità del Sig. B. e, concesse le attenuanti generiche con giudizio di prevalenza, ha dichiarato estinto il reato per intervenuta prescrizione.

Muovendo dagli esiti della perizia disposta dal primo giudice e dalle diverse dichiarazioni rese dal perito in sede di esame dibattimentale, la Corte territoriale ha preso in esame i reperti fotografici e il restante materiale probatorio per ricostruire la direzione di marcia della vittima, che, dunque, poichè stava attraversando la piazza muovendo da "un negozio che vende orologi verso la strada" (teste B.) si muoveva in direzione "da destra verso sinistra rispetto alla direzione dell’autoveicolo in retromarcia" (conformemente a pag. 21 della relazione tecnica). Tale conclusione consente, secondo i giudici di appello, di superare i dubbi relativi alla localizzazione delle lesioni più gravi sul lato destro del corpo della vittima e quelli relativi alla stessa esistenza di un impatto tra il corpo e il furgone in movimento; in tal senso depongono anche le lesioni riscontrate sulla coscia e sulla parte inferiore della gamba destra (consulenza medico legale), compatibili con l’impatto contro il paraurti del mezzo. Una ulteriore conferma dell’esistenza dell’impatto viene rinvenuta nelle dichiarazioni dello stesso B., che ha parlato di un rumore avvertito al termine della retromarcia e ha indicato in una modesta lesione dello sportello posteriore la conseguenza dell’urto dovuto, a suo dire, alla caduta accidentale della vittima. Tale ultima spiegazione contrasta per i giudici di appello con l’entità delle lesioni e delle fratture bilaterali patite dalla vittima, non m compatibili con una sua caduta accidentale che l’avrebbe proiettata con il mezzo ormai fermo, e in attesa di ripartire dopo la retromarcia, del ricorrente.

Del resto, non sono solo le dichiarazioni "de relato" rese dai familiari della vittima a supportare l’ipotesi di un investimento; in tal senso la vittima si espresse al momento del ricovero al pronto soccorso ospedaliero (come da perizia medico legale).

Infine, nessun dubbio sussiste secondo la Corte di Appello circa l’esistenza del nesso causale tra condotta dell’imputato ed evento, risultando certo (come affermato in perizia medico legale) che le quattro fratture riportate e l’entità delle lesioni diedero causa all’edema polmonare che causò direttamente il decesso dell’anziana signora.

Infine, ritenuto sussistere l’elemento soggettivo del reato e affermata l’esistenza di un rilevante concorso di colpa della vittima, la Corte di Appello ha ritenuto di dover bilanciare con giudizio di prevalenza le circostanze attenuanti generiche già concesse all’imputato, persona incensurata, con conseguente estinzione del reato per prescrizione. La liquidazione dei danni è stata integralmente rimessa al giudice civile.

Avverso tale decisione ricorre il Sig. B., lamentando vizio di motivazione per avere la Corte di Appello omesso di accertare l’esistenza di un danno morale in capo alle numerose parti civili costituite, non essendo sufficiente a fondare il diritto di queste il mero rapporto di parentela, con la conseguenza che, come richiesto espressamente in sede di giudizio, la Corte avrebbe dovuto escludere per i numerosi nipoti della vittima l’esistenza di un diritto al risarcimento.
Motivi della decisione

Il ricorso è manifestamente infondato.

Come si evince dalla motivazione delle due sentenze di merito, sia il Tribunale sia la Corte di Appello hanno ritenuto di devolvere integralmente al giudice civile le questioni concernenti l’accertamento dei danni conseguenti dal reato. La decisione penale ha, dunque, ad oggetto esclusivamente la ricostruzione dei fatti e il giudizio circa la responsabilità del ricorrente in ordine al decesso della vittima.

L’avvenuta costituzione in giudizio di plurime persone che hanno reclamato l’esistenza di un danno da reato e la successiva ammissione della costituzione operata dai giudici di merito non implicano alcun pre-giudizio in ordine alla futura determinazione del giudice civile circa la concreta sussistenza di un danno risarcibile in capo a ciascuna delle persone costituitesi nel giudizio penale. Va, poi, rilevato che ogni questione circa l’ammissibilità della costituzione delle parti civili non può essere proposta per la prima volta in questa sede, e cioè nel giudizio di rinvio a seguito del precedente annullamento disposto dalla citata sentenza della Corte di cassazione.

In tale contesto non sussistono i presupposti perchè questo giudice possa accogliere il ricorso proposto dal Sig. B..

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza "versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Alla soccombenza del ricorrente consegue anche la condanna alla rifusione delle spese sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che vengono determinate in complessivi Euro 3.900,00, oltre accessori di legge, in ciò ricompreso l’aumento del 20% sulla somma base di Euro 1.500.00 calcolato per ciascuna degli otto ulteriori richiedenti.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio e al versamento della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle ammende, nonchè alla rifusione delle spese del grado in favore delle costituite parti civili, che liquida in complessivi Euro 3.900,00, oltre accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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