Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-02-2011) 17-05-2011, n. 19299 Reato continuato e concorso formale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO;
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

L.L. è stata tratta a giudizio per rispondere dei reati di cui: 1) agli artt. 110 e 81 cpv. c.p., art. 99 c.p., art. 644 c.p., commi 1 e 5, n. 4; 2) artt. 110, 81 cpv., 99, 56 e 629 c.p.; 3) artt. 81 cpv, 110, 99 e 629 c.p., fatti commessi in (OMISSIS).

Alla udienza dell’8.7.2010, con il consenso del Pubblico Ministero richiedeva la definizione del giudizio ai sensi dell’art. 444 c.p.p..

Il Giudice pertanto pronunciava sentenza nei seguenti termini "applica a L.L., sua richiesta la pena di anni tre di reclusione ed Euro 5,000,00 di multa oltre al pagamento delle spese di custodia cautelare.

Condanna la L. al pagamento delle spese sostenute dalla costituita parte civile B.B. ed Amministrazione Provinciale di (OMISSIS), in persona del Presidente pro tempore N. Z., che si liquidano rispettivamente in Euro 1.500,00 oltre Iva e cpa come per legge (per la parte civile B.) ed Euro 500,00 oltre Iva e cpa come per legge (per amministrazione Provinc. Di (OMISSIS)).

Visto l’art. 644 c.p., u.c., ordina la confisca dei beni in sequestrati ai sensi del D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies salvi i diritti delle persone offese alle restituzioni e al risarcimento dei danni".

L’imputata, tramite il difensore ricorre per Cassazione deducendo:

1) Ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) la erronea applicazione della legge penale con riferimento alle circostanze ex art. 644 c.p., comma 5, n. 1 e n. 5. 2) Ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) la erronea applicazione della legge penale con riferimento alla figura del reato concorsuale per il capo g) (ipotesi di estorsione di cui al punto 3).

3) Mancanza della motivazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), in ordine alla applicazione della confisca operata D.L. n. 306 del 1992, ex art. 12 sexies.

In data 2.2.2011 la difesa della imputata ha depositato nuovi motivi aggiunti ex art. 585 c.p.p., comma 4 con riferimento in particolare al terzo motivo di ricorso.

Il primo e il secondo motivo di ricorso sono inammissibili. Come già affermato in precedenti pronunce alle quali questo collegio ritiene di aderire, condividendone i principi e le motivazioni, va qui ribadito che:

a) La richiesta di applicazione di pena patteggiata costituisce un negozio giuridico processuale recettizio che, pervenuto a conoscenza dell’altra parte, non può essere modificato unilateralmente nè revocato, e, una volta che il giudice abbia ratificato l’accordo, non è più consentito alle parti – e, quindi, anche al p.m. – prospettare questioni e sollevare censure con riferimento alla sussistenza e alla giuridica qualificazione del fatto, alla sua soggettiva attribuzione, all’applicazione e comparazione delle circostanze, all’entità e modalità di applicazione della pena; in tale ambito, l’obbligo di motivazione deve ritenersi assolto con la semplice affermazione dell’effettuata verifica e positiva valutazione dei termini dell’accordo intervenuto fra le parti. (Cass. pen., sez. 6, 3.11.1998, Gasparini) Passando alla disamina del terzo motivo di ricorso, il Collegio osserva quanto segue. La difesa della imputata sostiene che secondo l’orientamento prevalente della giurisprudenza, la natura giuridica della confisca disposta ai sensi del D.L. 8 giugno 1992, n. 306, art. 12 sexies è quella della "misura patrimoniale atipica" applicabile solo nel caso in cui manchi una adeguata giustificazione riguardo alla provenienza legittima dei beni da accertarsi a seguito di un giudizio in merito alla titolarità e alla disponibilità dei beni da parte del condannato, e al valore degli stessi in misura sproporzionata rispetto al reddito o alla attività svolta dal condannato medesimo. Sostiene la difesa, che il giudice avrebbe omesso assolutamente di richiamare, anche solo per relationem le argomentazioni poste alla base del provvedimento emesso ai sensi dell’art. 321 c.p.p., senza neppure enunciare i passaggi logico giuridici legittimanti l’adozione della misura di sicurezza patrimoniale a seguito del giudizio di merito; pertanto la sentenza impugnata sarebbe caratterizzata da un vizio di carenza di motivazione ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e).

Con i motivi aggiunti la difesa precisa che la carenza di motivazione sarebbe attinente alla Legittimità della fonte reddituale attraverso la quale la ricorrente ha potuto acquisire l’immobile dalla stessa abitato, sostenendo che le risorse per detto acquisto deriverebbero dalla legittima vendita dell’immobile sito in (OMISSIS), insistente sulle terre di pertinenza del Comune di (OMISSIS) in territorio del Comune di (OMISSIS), come comprovato, dalla sentenza 442/1994 del 29.9.1995 del Commissario agli usi civici di (OMISSIS)).

La difesa ribadisce che l’estensore della sentenza, avendo tralasciato l’accertamento, nel merito, della titolarità dei beni sequestrato ex art. 321 c.p.p., con riferimento al D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies avrebbe emesso un giudizio di sproporzione tra i redditi della L. e in beni da lei asseritamente posseduti, privo di razionale giustificazione.

Il ricorso è infondato.

Il D.L. n. 306 del 1992, art. 12 sexies prevede che, con la dichiarazione di condanna per il reato di cui all’art. 644 c.p., il giudice disponga (obbligatoriamente) la confisca del denaro e dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e che sia sproporzionato al proprio reddito dichiarato ai fini delle imposte dirette o alla propria attività economica.

Nel caso in esame il Tribunale, nel valutare la posizione dell’imputata, contrariamente a quanto affermato dalla difesa, con motivazione implicita (in riferimento ai requisiti di sproporzione tra quanto sequestro e le fonti reddituali e di mancata idonea giustificazione della legittima provenienza di quanto sequestrato), ma pur sempre adeguata, ha indicato gli atti ai quali ha fatto riferimento ai fini delle determinazioni susseguenti al patteggiamento circa la violazione dell’art. 644 c.p.. Pertanto, se anche per relationem, il giudice ha indicato l’atto al quale ha ricondotto la giustificazione della disposta confisca. Ciò posto, difetta a sua volta del requisito di specificità e completezza proprio la doglianza della difesa. Quest’ultima, non ha posto in evidenza come il richiamo fatto dal giudice ai verbali di sequestro, si appalesi esso stesso ingiustificato o insufficiente ai fini di una adeguata risposta ai due punti sopra evidenziati (sproporzione beni/redditi-idonea giustificazione legittima provenienza delle risorse economiche). La difesa, inoltre, per sostenere la propria tesi richiama (attraverso la produzione, in questa sede, con la memoria di cui all’art. 585, comma 4) il contenuto di atti che fanno parte di altro e diverso procedimento, promosso dall’ufficio del Pubblico Ministero presso la Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Roma, del cui esito, tra l’altro, nulla è dato sapere in merito.

Va infine aggiunto che la difesa, in questa sede, non ha fornito alcun chiarimento circa la effettiva conoscenza dei detti atti (sentenza del giudice degli usi civici e ricorso dell’Ufficio del Pubblico Ministero alla sezione misure di prevenzione di (OMISSIS)) da parte del giudice del patteggiamento, nè ha precisato se, come suo preciso onere v. Cass. Sez. 1 5.2.2001 n. 11049 in Ced Cass. Rv 226052; Cass. Sez. 5 ord. 10.2.2006 n. 9520 in Ced. Cass. Rv 233895;

Cass Sez. 1 5.6.2008 n. 25728 in Ced. Cass. Rv 240471, avesse fornito in quella sede una prova idonea a vincere la presunzione relativa di illecita accumulazione patrimoniale, ha fornito la prova circa la sproporzione del valore dei beni rispetto alla capacità reddituale lecita dell’imputato. Si deve pertanto affermare che non può costituire motivo di denuncia di vizio di carenza di motivazione, il richiamo ad atti (prodotti nel corso del giudizio di cassazione) dei quali non sia stata provata la presenza all’interno del fascicolo sottoposto all’esame del giudice del provvedimento impugnato, e che fanno parte di un diverso procedimento, del quale non sia dato conoscere l’esito e da cui la difesa deduca soggettive argomentazioni a sostegno della propria tesi.

Escludendosi pertanto che, nel caso in esame la "confisca" disposta dal Tribunale sia priva di adeguata motivazione (atteso il richiamo all’atto di sequestro), si deve concludere che la doglianza proposta è infondata e che il ricorso va rigettato, con conseguente condanna della imputata delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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