Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 17-02-2011) 17-05-2011, n. 19276

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

F.P.M., tramite il difensore ricorre per Cassazione avverso la sentenza 4.3.2010 con al quale la Corte d’Appello di Trieste, confermando la decisione 18.9.2007 del Tribunale di Udine – sezione distaccata di Cividale del Friuli, lo ha condannato alla pena di mesi uno di reclusione e 200,00 Euro di multa per la violazione dell’art. 646 c.p., "per essersi appropriato indebitamente dei libretti di lavoro e dei libretti sanitari di Z.E. e B.L., di cui aveva il possesso in quanto consegnatigli dai predetti affinchè procedesse alla loro assunzione, rifiutandosi di restituirli in seguito alle dimissioni comunicate nel (OMISSIS). Fatto commesso in (OMISSIS)".

Con la medesima decisione, la Corte territoriale ha condannato l’imputato alla rifusione delle spese processuali e di quelle sostenute dalla parti civili costituite. Ricorrendo in questa sede, la difesa lamenta:

1) vizio di mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 646 c.p. perchè non sarebbe stata effettuata una indagine adeguata volta a verifica re la credibilità delle parti offese, del testimone avv.to M. (che riferisce fatti appresi de relato) e del testimone Ma.Wa..

2) Vizio di erronea applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 58 e dell’art. 133 c.p. perchè la Corte territoriale non avrebbe accordato il beneficio della sostituzione della pena detentiva con la corrispondente pena pecuniaria giudicando erroneamente in tal senso ostativi i precedenti penali del prevenuto, mentre avrebbe dovuto tenere conto anche del criterio connesso alla gravità del reato e non solo quello relativo alla capacità a delinquere dell’imputato.

In data 31.1.2011 la difesa ha depositato una memoria ex art. 585 c.p.p., con la quale, a conforto del primo motivo di ricorso ha denunciato: a) l’irrazionalità della condotta ascritta all’imputato (mancata restituzione dei libretti sanitari); b) l’inopportunità della querela proposta dalle parti offese nel mentre erano pendenti trattative stragiudiziali; la inattendibilità della deposizione del MA. avendo anche quest’ultimo motivi di astio nei confronti del ricorrente. Con la stessa memoria la difesa ha sostenuto, a conforto del secondo motivo di ricorso, che il danno cagionato alle parti offese sarebbe stato "lieve" e che i precedenti del prevenuto, non particolarmente gravi, non sarebbero stati ostativi all’accoglimento della richiesta di conversione della pena detentiva.

Entrambi i motivi sono manifestamente infondati.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa ricorrente, la Corte Triestina ha valutato la credibilità delle parti offese, rilevando che la prova della consegna e della mancata restituzione dei libretti sanitari trova riscontro anche nelle deposizioni dell’avv.to M. e del MA.Wa. la cui testimonianza è stata oggetto di ulteriore valutazione specifica da parte della Corte territoriale, alla luce delle confutazioni difensive (dossier nel quale sarebbero stati inseriti i libretti delle parti offese e accessibilità da tutto il personale, dell’ufficio nel quale erano custoditi i libretti).

Le argomentazioni sviluppate in questa sede dalla difesa, lungi dall’enucleare specifiche censure inquadrabili nell’ambito dei vizi indicati dall’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e), sono doglianze che attengono al merito della valutazione del materiale probatorio. La motivazione della sentenza impugnata appare adeguata, non manifestamente illogica e non contraddittoria, nè frutto di travisamento, peraltro neppure motivo di doglianza. Con riferimento al secondo motivo di ricorso, va osservato che in base alla L. n. 689 del 1981, art. 58, comma 1 il giudice può sostituire la pena detentiva tenendo conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p.. Nel caso in esame la Corte territoriale ha indicato, ex art 133 c.p., le ragioni per le quali non ha ritenuto meritevole l’accoglimento della richiesta di conversione della pena, facendo riferimento ai numerosi precedenti penali dello imputato. La motivazione anche in questo caso è adeguata e non è sindacabile nel merito. Le ulteriori argomentazioni svolte dalla difesa nella memoria depositata ex art. 585 c.p.p., non introducendo elementi di novità sui punti già oggetto di gravame, non sono idonee a far ritenere illegittima la decisione assunta dalla Corte triestina.

Pertanto il ricorso è inammissibile e il ricorrente va condannato al pagamento delle spese processuali ed ex art. 616 c.p.p., della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende attesa la pretestuosità delle ragioni del gravame.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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