Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 16-09-2011, n. 18948 Orario di servizio

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

C.S., docente di scuola media statale, con rapporto di lavoro a tempo pieno articolato in 6 h settimanali in tre classi per complessive 18 h settimanali, ha chiesto di accedere al rapporto a tempo parziale con orario di 12 h settimanali in due classi, motivando la richiesta con la necessità di occuparsi di un’attività commerciale, a seguito del decesso della propria madre.

L’Amministrazione ha rigettato l’istanza perchè la normativa vigente non consentiva di concedere rapporti di lavoro part-time, con orario superiore al 50% dell’orario pieno.

La C. si è rivolta al Tribunale, che ha condiviso la tesi dell’Amministrazione rigettando la domanda.

La Corte d’appello di Venezia ha respinto l’appello della C. ritenendo che la fattispecie trovasse disciplina nell’Ordinanza Ministeriale 446/97 (confermata per quanto di ragione dall’art. 4, comma1 dell’Ordinanza Ministeriale 55/98) da considerarsi abrogativa della Ordinanza Ministeriale 179/89, invocata dall’appellante.

C.S. chiede la cassazione di questa sentenza con ricorso per un motivo, illustrato anche da memoria. L’amministrazione resiste con controricorso.
Motivi della decisione

Con l’unico motivo di ricorso si addebita alla sentenza impugnata di avere, in violazione e con falsa applicazione della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 56, art. 6 dell’O.M. 179 del 19 maggio 1989, 3 della C.M. n. 3 del 19 febbraio 1997 e CM n. 449 del 1997, avente ad oggetto l’OM 446 del 22 luglio 1997, e 4 dell’O.M. 55/1998, ritenuto erroneamente che l’ordinanza ministeriale 179 del 1989, che avrebbe consentito alla ricorrente la concessione del part-time di 12 h, fosse stata tacitamente abrogata dalla OM 446 del 1997. Il motivo è infondato.

La L. 23 dicembre 1996, n. 662 Misure di razionalizzazione della finanza pubblica stabilisce nell’art. 1, comma 56 rubricato come "Misure in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza" che: "Le disposizioni di cui al D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, art. 58, comma 1, e successive modificazioni ed integrazioni, nonchè le disposizioni di legge e di regolamento che vietano l’iscrizione in albi professionali non si applicano ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno". L’Art. 58 nel testo precedente le modifiche apportate dal D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165. dispone a sua volta nel primo comma che: "Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dal testo unico approvato con D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, art. 60 e segg.; nonchè, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall’art. 6, comma 2, del D.P.C.M. 17 marzo 1989, n. 117. Restano ferme altresì le disposizioni di cui al D.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, artt. da 89 a 93 alla L. 11 luglio 1980, n. 312, artt. da 68 a 70 e successive modificazioni, alla L. 23 dicembre 1992, n. 498, art. 9, commi 1 e 2, alla L. 30 dicembre 1991, n. 412, art. 4, comma 7, ed al D.L. 30 dicembre 1992, n. 510, art. 1, comma 9".

In base ai testi in esame il rapporto di lavoro part-time non può quindi esser costituito con prestazione lavorativa superiore al 50 per cento di quella a tempo pieno.

L’ordinanza ministeriale 446 del 1997 riflette la normativa in questione nel suo principio fondamentale, che nega la possibilità di costituire rapporti part-time con durata oraria superiore al 50 per cento di quella dei rapporti a tempo pieno.

La precedente ordinanza ministeriale n. 179 del 1989, da inquadrare fra l’altro in tutt’altro contesto di legislazione primaria, consentendo per il part-time al personale docente limiti del tutto diversi, con un minimo di 7 ed un massimo di 12 ore ha un contenuto palesemente incompatibile con quello dell’ordinanza successiva, dalla quale secondo il principio della successione delle leggi nel tempo (invocabile anche, più generalmente, in relazione agli atti normativi) risulta abrogata per incompatibilità. In ogni caso, se ciò non fosse (ma non si vede come) l’ordinanza n. 179 del 1989 non potrebbe comunque più trovare applicazione una volta intervenuta una norma primaria di contenuto incompatibile.

In conclusione, il ricorso deve essere rigettato con condanna della parte ricorrente alle spese del giudizio.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente alle spese del giudizio, liquidate in Euro 10,00 per esborsi, oltre ad Euro 2500,00 per onorari, nonchè accessori di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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