T.A.R. Lazio Roma Sez. I quater, Sent., 18-05-2011, n. 4303 Demolizione di costruzioni abusive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

come da verbale d’udienza;
Svolgimento del processo

Il ricorrente è comproprietario, in piena proprietà, per 1/2, e usufruttuario, per un altro 1/2, di un’unità immobiliare, nonché usufruttuario, per intero, di una seconda unità immobiliare, entrambe ubicate all’interno del Condominio "P.C.", sito in Rieti, viale Morroni n. 28.

Lo stabile è servito da due ingressi, l’uno posizionato in viale Morroni n. 28 – scala D, l’altro situato in via A.M. Ricci n. 2 – scala A.

Con l’impugnata ordinanza n. 6 Registro Ordinanze del 3/5/2010, prot. 4450 del 19.7.2010, a firma del Dirigente del Settore IV "Pianificazione e Gestione del Territorio", notificata al predetto Condominio, il Comune di Rieti ha ordinato la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, con riferimento alla asserita chiusura di uno spazio ricadente nel foglio 76, particella 97, sub 106/parte, originariamente destinato a porticato, realizzata mediante "il posizionamento di infissi/vetrate in alluminio anodizzato e cristalli".

Sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:

1) Violazione di legge – nullità del provvedimento, per inesistenza di legittimazione passiva in capo ai suoi destinatari (la persona fisica dell’amministratore e la collettività condominiale) – violazione degli artt. 1130 e 1131 c.c., che definiscono l’estensione ed i limiti del potere di rappresentanza dell’Amministratore condominiale:

Il provvedimento sarebbe viziato nell’identificazione del soggetto destinatario dell’ordine ivi disposto, in quanto la sua esecuzione esorbiterebbe dalle attribuzioni e dai poteri di rappresentanza dell’amministratore del condominio di cui agli artt. 1130 e 1131 c.c., per cui detto atto si sarebbe dovuto indirizzare a tutti i condomini – comproprietari, singolarmente considerati, e non già all’amministratore condominiale. Esso sarebbe, perciò, nullo, perché determina effetti giuridici sostanzialmente dispositivi in ordine ad un bene immobile, omettendo di indirizzarsi ai condomini.

2) Fondamento della legittimazione del ricorrente alla presente impugnazione – sussistenza nel caso di specie della legittimazione passiva, in capo a tutti i singoli condomini titolari del diritto di comproprietà sulla porzione immobiliare interessata dal provvedimento (soggetti da identificarsi secondo le risultanze di indagine di conservatoria immobiliare secondo i titoli trascritti, con conseguente esclusione in senso assoluto di legittimazione, sotto ulteriore e diverso profilo, del condominio generale "P.C." personificato dall’amministratore) – violazione di legge – violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990, per omessa comunicazione dell’avvio del procedimento, e lesione dei conseguenti diritti del ricorrente

Il regolamento condominiale, regolarmente trascritto presso la Conservatoria dei Registri immobiliari di Rieti, identificherebbe il cd. portico quale porzione immobiliare, oggetto di comunione, unicamente tra i soggetti proprietari delle porzioni immobiliari site al primo piano dell’edificio condominiale e le tabelle millesimali, allegate al suddetto regolamento, contemplerebbero gli oneri legati al cd. portico, identificando nei soggetti proprietari di tali porzioni immobiliari coloro che sono tenuti al relativo pagamento. Il provvedimento sarebbe affetto da nullità, non sussistendo la coincidenza tra i suoi destinatari ed i titolari delle posizioni soggettive incise dal medesimo. Il ricorrente non sarebbe neppure stato notiziato dell’instaurazione del procedimento, con compromissione dell’attività istruttoria condotta, in violazione dell’art. 7 della legge n. 241/1990.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 – illegittimità dell’impugnato provvedimento per erronea qualificazione ed erroneo inquadramento normativo delle opere asseritamente illegittime, da ricondursi, per loro natura e tipologia, alla categoria delle opere suscettive di legittimazione con D.I.A. ex art. 22 del d.P.R. n. 380/2001 e non alla postulata categoria delle opere suscettive di legittimazione con permesso di costruire ex art. 10 del d.P.R. n. 380/2001 – difetto assoluto di motivazione e di istruttoria – contraddittorietà del provvedimento con gli esiti degli accertamenti condotti:

Il provvedimento, essendo stato emesso ai sensi dell’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001, postula che le opere contestate necessitino del permesso di costruire, senza esplicitare le ragioni a fondamento di ciò ed il perché non si tratti di intervento soggetto soltanto a D.I.A. Il posizionamento di infisso e vetrata nell’apertura dell’edificio sarebbe, invece, un intervento che per nessun motivo potrebbe dar luogo all’applicazione delle sanzioni stabilite dalla citata disposizione normativa. Anche ove l’intervento contestato fosse sprovvisto di alcun titolo edilizio, si sarebbe dovuta applicare la sanzione prevista dall’art. 37 del T.U.E.

4) Illegittimità dell’ordinanza per travisamento del fatto presupposto – sussistenza del titolo edilizio legittimante l’intervento oggetto dell’ordinanza stessa – fraintendimento degli atti e dei provvedimenti – omessa e/o parziale e/o fuorviante istruttoria.

L’ordinanza impugnata sarebbe fondata su dati travisati: le varianti all’originario titolo edilizio sarebbero due: una prima variante, assentita col provvedimento 1.12.1988, prot. n. 44338, avente ad oggetto la modifica della destinazione d’uso delle unità immobiliari site al primo piano da negozio ad ufficio, e quella successiva, autorizzata con provvedimento sindacale 20.12.1989, prot. n. 7213, riguardante le unità immobiliari e la sistemazione interna del solo primo piano.

Naturalmente diverse sono le tavole tecniche allegate alle relative domande: nella relazione tecnica del 28.4.2010, su cui poggia il provvedimento censurato, si confonderebbero le suddette due tavole, associando a quest’ultima autorizzazione l’elaborato grafico riferito, invece, all’altro tiolo edilizio.

Il grafico corretto rappresenterebbe l’area come chiusa e perimetrata e l’autorizzazione del 20.12.1989 realizzerebbe la chiusura e l’assimilazione, per destinazione e consistenza volumetrica, alle unità immobiliari destinate ad uffici, che caratterizzano il primo piano.

Ulteriore conferma documentale sarebbe rappresentata dalla richiesta del parere necessario per il certificato di abitabilità, inviata in data 21.12.1989 alla competente U.S.L. dall’ingegnere capo del Comune di Rieti, la quale al primo piano individua la hall di ingresso, ed il certificato rilasciato dal Sindaco il 22.12.1989, che pure richiama al primo piano la suddetta hall.

D’altra parte, il regolamento condominiale documenterebbe tale chiusura, atteso che esso viene individuato quale oggetto di previsione di una specifica, autonoma e separata tabella millesimale.

5) Illegittimità dell’ordinanza di demolizione per eccesso di potere – sviamento del provvedimento sanzionatorio dalla sua funzione tipica – parzialità dell’amministrazione e del funzionario procedente – ulteriori vizi sintomatici: precostituzione del risultato provvedimentale rispetto all’istruttoria amministrativa – omessa partecipazione degli interessati al procedimento ed omessa acquisizione di atti e documenti rilevanti e decisivi ai fini della determinazione provvedimentale – eccezionale intempestività del provvedimento, in considerazione dell’epoca di realizzazione e mantenimento dell’assetto del bene sanzionato dal provvedimento – disparità di trattamento rispetto alle realizzazioni nelle limitrofe proprietà ed ai relativi provvedimenti – incongruenze temporali e contenutistiche dell’azione amministrativa: illogicità dei tempi e dei contenuti delle determinazioni assunte dall’amministrazione procedente:

Nella specie, l’azione amministrativa sarebbe sviata da un interesse proprio dell’Amministrazione comunale e, segnatamente, dell’Ufficio procedente: detto Ente ha preso in locazione locali contigui ed interferenti col vano di che trattasi, per trasferire proprio gli uffici del Settore IV. Per consentire a tali uffici di posizionarsi in tali locali, sono necessari, infatti, lavori di adeguamento, rappresentati dalla realizzazione di uscite di sicurezza, impediti proprio dagli infissi a chiusura del portico, oggetto dell’ordinanza demolitoria impugnata.

Lo sviamento si desumerebbe dall’intera vicenda che ha riguardato tali lavori: D.I.A. del 22.6.2009, annullata in autotutela con ordinanza 1.4.2010, n. 3, ulteriore D.I.A. in sanatoria del 12.4.2010, ed inoltre giudizi civili promossi per il reintegro del possesso dal ricorrente e da altro soggetto nei confronti anche del Comune di Rieti, con esiti favorevoli ai primi.

La determinazione provvedimentale sarebbe precostituita ed indipendente da un’appropriata istruttoria: essa sarebbe funzionale solo ad assicurare il mantenimento delle uscite di sicurezza, necessario per consentire agli uffici comunali di trasferirsi nell’edificio.

Al ricorso è stata allegata copiosa documentazione.

Con ordinanza 4.11.2010, n. 4838, ritenendo necessario un approfondimento, possibile solo nel merito, e considerando necessaria la sospensione interinale del provvedimento impugnato, per evitare effetti irreversibili derivanti dall’altrimenti eventuale esecuzione, è stata accolta la domanda cautelare, proposta in via incidentale, ed è stata fissata l’udienza pubblica del 14.4.2011 per la trattazione del merito.

Si è poi costituito in giudizio il Comune di Rieti, che ha controdedotto alle doglianze avversarie.

Nella pubblica udienza del 14.4.2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

1 – Con il ricorso in esame si censura l’ordinanza dirigenziale del Comune di Rieti, con cui si ordinano la demolizione e la riduzione in pristino, con riferimento alla chiusura di uno spazio originariamente destinato a porticato, ricadente nel foglio 76, particella 97, sub 106/parte, realizzata mediante "il posizionamento di infissi/vetrate in alluminio anodizzato e cristalli".

2 – In primo luogo deve affermarsi la sussistenza, in capo al ricorrente, quale condomino dell’edificio interessato dal richiamato provvedimento, della condizione dell’azione della legittimazione a ricorrere, in quanto, posto che il condominio si configura come ente di gestione sfornito di personalità giuridica distinta da quella dei singoli condomini, l’esistenza di un organo rappresentativo unitario, quale è l’amministratore, non priva i singoli partecipanti della facoltà di agire a difesa dei diritti esclusivi e comuni inerenti all’edificio condominiale (cfr. ex multis: Cass. civ. – sezione II – 26.3.2010, n. 7300).

3 – Sempre in via preliminare va disaminata l’eccezione di tardività nella costituzione in giudizio del Comune, opposta dal Sig. S..

Essa è sfornita di fondamento, atteso che il termine di sessanta giorni dal perfezionamento della notifica del ricorso nei propri confronti, previsto dall’art. 46 c.p.a., è da intendersi quale ordinatorio, al pari di come era considerato sotto la vigenza della legge n. 1034/1971, non essendo fissato alcun effetto preclusivo o sanzionatorio per il caso di sua inosservanza, diversamente da quanto avviene, invece, in altri casi, in cui il termine ha natura perentoria.

4 – Posta la legittimazione processuale del ricorrente, non vale, tuttavia, quanto sostiene il medesimo a proposito della nullità del provvedimento impugnato perché diretto al condominio e, per esso, al suo amministratore, sul rilievo che, a suo dire, esso si sarebbe dovuto indirizzare ai singoli condomini del primo piano, che sarebbero comproprietari dell’atrio de quo.

4.1 – Indipendentemente dalla previsione degli oneri manutentivi a carico dei soli condomini di tale piano previsti dal regolamento condominiale, differentemente dall’assunto di parte ricorrente, non può non riconoscersi che l’atrio in questione risulta indifferentemente di proprietà condominiale, come risulta dagli atti aventi rilevanza esterna.

4.2 – La legittimazione dell’amministratore condominiale sussiste poi senza alcuna limitazione, in quanto concerne tutti gli "atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio"; e, per quanto occorrer possa, non si presenta inutile richiamare la precisazione, effettuata dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale, ai sensi dell’art. 1131 comma 2 c.c., la legittimazione passiva dell’amministratore del condominio a resistere in giudizio, esclusiva o concorrente con quella dei condomini, non incontra limiti e sussiste anche in ordine alle azioni di natura reale relative alle parti comuni dell’edificio, promosse contro il condominio da terzi o anche dal singolo condomino; in tal caso, l’amministratore ha il solo obbligo, di mera rilevanza interna e non incidente sui suoi poteri rappresentativi processuali, di riferire all’assemblea, con la conseguenza che la sua presenza in giudizio esclude la necessità del litisconsorzio nei confronti di tutti i condomini. (Cass. civ., sez. II, 10 novembre 2010, n. 22886).

5 – Il punto nodale della soluzione della presente vicenda è rappresentato dall’individuazione della sussistenza o meno di un titolo che abbia assentito la chiusura del cd. portico, non essendo bastevole a determinare l’illegittimità del provvedimento gravato la circostanza che tale chiusura risalirebbe al 1989, perciò ad epoca asseritamente lontana, essendo in ogni caso necessario il titolo legittimante e configurandosi, in sua assenza, un illecito permanente, che può – ed anzi deve – essere sanzionato in ogni tempo dal Comune.

Risulta in proposito dirimente la documentazione allegata alla domanda di variante alla concessione edilizia 26.9.1985, n. 1292, poi accolta con l’autorizzazione 20.12.1989, n. 7213, che va anche esaminata e raffrontata con quella inerente alle precedenti varianti.

5.1 – Secondo quanto asserisce parte ricorrente, proprio da tale documentazione ed, in particolare, dalla tavola grafica, dove l’atrio risulterebbe chiuso, si evincerebbe che tale chiusura sarebbe stata assentita con il richiamato provvedimento e, perciò, sarebbe perfettamente legittima ed attualmente non eliminabile, per effetto di provvedimento comunale. Ciò sarebbe confermato ulteriormente da altri atti di provenienza comunale, che elencherebbero, tra gli altri, una hall al primo piano corrispondente, a suo dire, proprio a tale atrio.

5.2 – Facendo il raffronto tra la situazione ante operam (secondo quanto approvato con la prima variante) ed il progetto oggetto dell’autorizzazione n. 7213/1989, si nota che nel primo la zona a porticato è contrassegnata con una quadrettatura, mentre nel secondo tale quadrettatura scompare e, restando invariata la superficie del porticato, al suo interno si vedono disegnate delle frecce, di regola graficizzate in luoghi non chiusi, indicanti aperture verso uffici e verso corridoi.

5.3 – Ad ogni modo, chiara non essendo, per quanto appena evidenziato, la rappresentazione di progetto risultante nell’elaborato grafico, ove pure nello stesso, confrontato con lo stato ante operam, si volesse rinvenire la chiusura assunta da parte ricorrente, apparirebbe una discrasia con la relazione tecnica, afferente alla medesima autorizzazione.

Nella relazione tecnica, infatti, si illustra che con tale variante "si prevede di non realizzare il soppalco nella zona ristrutturata controsoffittandola (…)"e si precisa poi – questo è quanto qui interessa – che "la disposizione delle finestre e porte finestre esterne non varierà e pertanto i prospetti restano identici ai precedenti" e che "le volumetrie e le superfici utili si riducono rispetto al progetto originario in considerazione dell’eliminazione del soppalco e la creazione della controsoffittatura a 3,50 mt. circa dal piano di calpestio".

Ove fosse stata prevista anche la chiusura del portico, non solo essa sarebbe stata riportata in detta relazione tecnica, della cui cosa, invece, non si rinviene evidentemente alcuna traccia, ma si sarebbero, altresì, registrati, per un verso, un aumento della superficie e del volume o, quanto meno, in considerazione dell’eliminazione del soppalco e della creazione della controsoffittatura, una riduzione degli stessi in misura inferiore di quella pari all’entità di tali interventi, e, per un altro, una modifica dei prospetti, per effetto dell’apposizione della vetrata, cosa che, al contrario, è categoricamente esclusa.

5.4 – In presenza di tale apparente contrasto, prevale senz’altro il contenuto della relazione tecnica, dalla quale appunto, come già rilevato, la chiusura del portico non risulta minimamente.

5.5 – D’altra parte, tale chiusura non è stata assentita neppure con la precedente variante, per la parte riferita al primo piano, che è quello che qui interessa, posto che essa né appare graficamente né è riportata nella relazione tecnica, laddove la minima variazione prospettica concerne solo finestre e non già anche porte e/o porte finestre.

5.6 – Non possono assumere rilevanza gli ulteriori documenti richiamati nell’atto di ricorso, i quali non hanno valenza autorizzatoria.

6 – Ne deriva che si sono determinati, in mancanza di titolo edilizio, un ampliamento della superficie e del volume ed una modifica del prospetto, integrandosi in tal modo una ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, per la quale, diversamente da quanto sostiene il Sig. S., non era sufficiente una semplice D.I.A., la cui assenza è sanzionata con la mera sanzione pecuniaria.

Pur non apparendo propriamente conferente l’art. 31 del d.P.R. 380/2001, riferito specificamente all’intervento di nuova costruzione – ma ciò non costituisce oggetto di specifica censura -tuttavia la sanzione demolitoria appare adeguata a colpire la ristrutturazione pesante, non accompagnata dal permesso di costruire o, alternativamente, dalla superD.I.A..

7 – È evidente, pertanto, che non sussistono i dedotti difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, in quanto effettivamente manca il titolo edilizio prescritto e la sanzione demolitoria è quella appropriata.

8 – Non si ravvisa neppure il denunciato sviamento di potere; attesi i presupposti per l’adozione dell’ordinanza, gli eventuali vantaggi che potrebbero derivare all’Amministrazione dalla sua esecuzione rimangono completamente sullo sfondo e non possono certo inficiarla.

9 – Infine, avendo il Comune dimostrato in giudizio che non avrebbe potuto influire sul contenuto del provvedimento finale la partecipazione procedimentale che sarebbe potuta derivare dalla comunicazione di avvio del procedimento, ove fosse stata eseguita, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241/1990 e s.m.i. il provvedimento stesso non deve per tale omissione essere annullato.

10 – In conclusione il gravame è infondato e va rigettato.

11 – Con riguardo alle spese, ai diritti ed agli onorari, in ragione di quanto emerge dalla disamina, considerate la peculiarità e la complessità della vicenda esaminata, si ravvisano i presupposti per la loro integrale compensazione tra le parti.
P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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