Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-09-2011, n. 18934 Imposte

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso alla C.T.P. di Sciacca G.G., esercente l’attività di commercio di auto nuove e usate, impugnava l’avviso di accertamento notificatogli dall’Agenzia delle Entrate di quella città, per la rettifica ai fini Irpef, Irap e Iva dei redditi dichiarati per l’anno 1998, sulla base delle risultanze di un p.v.c. della Guardia di Finanza che evidenziava ricavi non dichiarati e costi non documentati.

Il giudice adito annullava l’atto impugnato, ma l’Ufficio proponeva gravame e la C.T.R. della Sicilia, nella contumacia del contribuente, con sentenza n. 55/22/2007, depositata il 29.9.2007 e non notificata, accoglieva l’appello e, in riforma dell’appellata sentenza, confermava l’avviso di accertamento.

Per la cassazione della sentenza di secondo grado proponeva ricorso il contribuente 7.5.2010, preliminarmente assumendo di aver avuto notizia del gravame dell’Ufficio avverso la sentenza a lui favorevole originariamente emessa dalla C.T.P. di Sciacca, e della sentenza di secondo grado intervenuta all’esito di quel procedimento, soltanto nel febbraio 2008, e che l’atto di appello notificato non risultava infatti depositato a norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 1 così che egli aveva parallelamente e preventivamente impugnato per revocazione detta sentenza deducendo l’errore di fatto nel quale era incorso il giudicante nel non rilevare d’ufficio l’inammissibilità del gravame; con il ricorso per cassazione il ricorrente articolava sei motivi, all’accoglimento dei quali si opponeva l’Agenzia con controricorso, eccependo preliminarmente l’inammissibilità del ricorso pertardività.
Motivi della decisione

Il ricorso va dichiarato inammissibile per tardività, in accoglimento tra l’altro della specifica eccezione al riguardo sollevata dall’Agenzia.

Dall’esame degli atti processuali, consentita al giudice di legittimità al fine di verificare la tempestività del ricorso, emerge infatti che il contribuente presentò il 22.5.2008 ricorso per revocazione avverso la sentenza oggetto di impugnazione anche nel presente giudizio, chiedendo la sospensione dei termini per il ricorso per cassazione, senza però che tale sua istanza trovasse poi mai accoglimento.

Tanto premesso, la proposizione del ricorso per revocazione inevitabilmente determinò valido presupposto per la decorrenza del termine breve per la proposizione del ricorso per cassazione, termine, come appena precisato, giammai sospeso dal giudice della revocazione, e che deve pertanto ritenersi inevitabilmente scaduto alla data del 22 luglio 2008, con conseguente tardività del ricorso in esame, notificato soltanto nel maggio 2010.

Ciò in conformità a consolidata giurisprudenza di legittimità, dalla quale non vi è motivo per discostarsi nel caso dì specie, anche perchè non specificamente censurata dal ricorrente, avendo al riguardo questa Corte più volte avuto modo di ribadire che: "La notificazione della citazione per la revocazione di una sentenza di appello equivale (sia per la parte notificante che per la parte destinataria) alla notificazione della sentenza stessa ai fini della decorrenza del termine breve per proporre ricorso per cassazione, onde la tempestività del successivo ricorso per cassazione va accertata non soltanto con riguardo ai termine di un anno dal deposito della pronuncia impugnata, ma anche con riferimento a quello di sessanta giorni dalla notificazione della citazione per revocazione, a meno che il giudice della revocazione, a seguito di istanza di parte, abbia sospeso il termine per ricorrere per cassazione, ai sensi dell’art. 398 c.p.c., comma 4, (nel testo novellato dalla L. n. 353 del 1990, art. 68). Tale effetto sospensivo si produce soltanto a seguito del provvedimento del giudice, e non della semplice richiesta della parte (che peraltro può essere contenuta anche in atto distinto dalla citazione per revocazione), e ciò non contrasta, manifestamente, con il diritto di difesa, la cui garanzia costituzionale si attua nelle forme e nei limiti stabiliti dall’ordinamento processuale, salva l’esigenza della effettività della tutela del medesimo diritto, che nella specie appare pienamente rispettata, atteso che la parte dispone comunque per intero del termine di sessanta giorni dalla prima notifica per ricorrere per cassazione, qualunque sia l’esito dell’istanza di sospensione, mentre gli effetti della scelta di attendere il provvedimento del giudice sull’istanza di sospensione non possono che imputarsi alla stessa parte che tale scelta processuale ha ritenuto di compiere" (v. Cass. 20,1.2006, n. 1196; crf. 19.6.2007, n. 14267; ord. 29.4.2009, n. 10053).

L’inammissibilità del ricorso prevale sulle questioni poste dal ricorrente con i motivi articolati, e ne preclude la possibilità di esame dovendosi in particolare anche sotto questo aspetto condividere la giurisprudenza di questa stessa Corte secondo la quale "L’inammissibilità del ricorso per cassazione, nella specie per decorrenza del termine annuale di impugnazione di cui all’art. 327 cod. proc. civ., ha rilievo assorbente anche rispetto all’eventuale inammissibilità dell’appello per nullità della notificazione del relativo ricorso eseguita dopo la fissazione di un termine perentorio per la sua esecuzione. Ed infatti, in mancanza di una rituale impugnazione della sentenza d’appello, resta precluso l’esame di ogni censura relativa a vizi di tale pronuncia, anche se correlati alla mancanza delle condizioni procedurali di una idonea introduzione del relativo giudizio". (Cass. N. 1724/2006).

Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, non possono che seguire la soccombenza.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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