Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-09-2011, n. 18927 Rimborso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con provvedimento di "rifiuto espresso", la amministrazione finanziaria nega alla società tedesca Bruckener Maschinenbau il rimborso IVA di Euro 459.854,22 chiesto, ai sensi del D.P.R. n. 633, art. 38-ter, per l’anno 2001. L’Ufficio, premesso che l’effettuazione di operazioni attive in Italia preclude per legge le richieste di rimborsi fondati sul precitato art. 38-ter, rileva che, all’esito delle verifiche del caso, erano emerse fatture emesse dalla soc. IMEC, per lavori di assistenza e fornitura di macchinari destinati a impianti Bruckener installati in Italia, e dalla soc. Bandera, per la utilizzazione di macchine o parti di esse per la realizzazione di impianti venduti a clienti italiani. Pertanto ritiene che, a fronte di operazioni attive in Italia, sia escluso il meccanismo di rimborso approntato dall’art. 38-ter.

La CTP di Roma, adita dalla soc. Bruckener, accoglie il ricorso e accorda il rimborso; la CTR del Lazio, adita in appello dall’Agenzia delle entrate, conferma tale pronunzia con sentenza depositata l’11 luglio 2006. Motiva la propria decisione ritenendo che l’Ufficio non contesti la legittimità dell’istanza di rimborso e nulla opponga alle tesi difensive offerte dalla soc. Bruckener. In proposito, afferma che: a) taluni componenti sono direttamente spediti dal fornitore al cliente italiano per ragioni di semplicità logistica;

b) i beni in questione, non essendo fatturati al cliente italiano, non sono oggetto di cessione territorialmente rilevante ai fini IVA;

c) la cessione dell’impianto è considerata operazione intracomunitaria; d) l’acquisto di singole componenti costituisce operazione accessoria della vendita dell’intero impianto.

Propone ricorso per cassazione, affidato a unico motivo, l’Agenzia delle entrate. La soc. Bruckener resiste con controricorso e memoria illustrativa.
Motivi della decisione

In applicazione del decreto del Primo Presidente in data 22 marzo 2011, il Collegio ha disposto che sia adottata una motivazione semplificata:

01. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 2 e art. 38 ter, comma 1, nonchè dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3". Assume che le cessioni, anche se effettuate "per semplicità logistica" direttamente dalle ditte italiani fornitrici della soc. Bruckener al suo cliente finale italiano, erano pur sempre cessioni fatte nel territorio dello Stato italiano, secondo il dettato dell’art. 7, e dunque costituivano "operazioni attive", fiscalmente rilevanti e preclusive della procedura di rimborso IVA di cui all’invocato art. 38-ter, potendo al più la controricorrente avvalersi del sistema dell’art. 17. Smentisce, inoltre, le affermazioni dei giudici d’appello secondo cui da un lato l’Ufficio non contesterebbe il rimborso, dall’altro la cessione dell’impianto sarebbe stata, da sempre, considerata operazione intracomunitaria.

02. Indi, formula il seguente quesito: "Dica codesta Suprema Corte se ad una società residente in uno Stato membro delle Comunità che effettui cessioni di mobili da installare, montare o assiemare nel territorio dello Stato ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 7, comma 2, considerate dalla norma in esame quali operazioni di cessione effettuate sul territorio italiano, sia precluso il sistema di rimborso dell’IVA assolta sugli acquisti disciplinato all’art. 38- ter medesimo D.P.R., avendo effettuato operazioni attive in Italia; e se la prova della non effettuazione di operazioni attive incomba sulla medesima società richiedente il rimborso". 03. Il motivo ( art. 360 c.p.c., n. 3) è inammissibile, per violazione dell’art. 366-bis c.p.c. (applicabile "ratione temporis";

Cass. nn. 26364/2009 e 7119/2010), visto che il quesito di diritto si risolve in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo (Cass. n. 19892/2007; Sez. Un. n. 28536/2008). Il quesito di diritto, invece, deve comprendere l’indicazione sia della "regula iuris" adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che la parte ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo.

La mancanza, evidente nella specie, anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile (Cass. n. 24339/2008).

04. Invero il quesito, contrariamente all’odierna formulazione, deve investire in pieno la "ratio decidendi" della sentenza impugnata e proporre un’alternativa di segno opposto (Cass. n. 4044/2009), altrimenti risolvendosi in una tautologia o in un interrogativo circolare (Sez. Un. n. 28536/2008), se non addirittura in una proposizione puramente assertiva o al contrario, come nella specie, in un interrogativo meramente esplorativo.

05. Il motivo è pure carente di autosufficienza. Infatti, l’odierna parte ricorrente, denunciando violazione della legge sostanziale in relazione alle risultanze processuali, aveva l’onere d’indicare specificamente il contenuto dei principali documenti negoziali (contratti coi clienti italiani), fiscali (fatture dei subfornitori italiani) e tributari (verifiche Uff.IVA Terni e Varese), provvedendo alla loro trascrizione (almeno nei punti salienti), al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo della inerenza dei fatti rispetto alla fattispecie legale invocata, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, la S.C. deve essere in grado di compiere sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative (cfr. Cass. n. 13431 del 01/06/2010). Diversamente, il requisito dell’assenza di operazioni attive e il rilievo di eventuali operazioni accessorie, rispetto a quella principale, assumono connotazioni meramente verbalistiche.

06. Concludendo, il ricorso deve essere dichiarato manifestamente inammissibile; le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alle spese del giudizio di legittimità liquidate in Euro 8.100,00 (di cui Euro 8.000,00 per onorario), oltre agli oneri di legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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