Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 18-05-2011, n. 19586 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 21.5.2010 la Corte di Appello di Firenze confermava la sentenza del Tribunale di Siena del 3.7.2008, con la quale T.C. era stato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, condannato alla pena di giorni dieci di arresto ed Euro 7.100,00 di ammenda per il reato di cui agli artt. 110 e 81 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) (capo a) e art. 71 in relazione al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 65 (capo b), unificati sotto il vincolo della continuazione; pena sospesa e non menzione.

Riteneva la Corte che il T., quale costruttore, avesse, una autonoma posizione di garanzia in ordine alla esecuzione dei lavori e che, pertanto, dovesse rispondere dei reati ascritti.

I lavori di parziale rimessione in pristino non potevano poi avere alcun effetto estintivo, conseguendo esso solo dal rilascio di permesso di costruire in sanatoria ex D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45. 2) Ricorre per Cassazione T.C., a mezzo del difensore, denunciando con il primo motivo la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione all’affermazione di responsabilità. La Corte territoriale non ha tenuto conto che vi erano un committente ed un direttore dei lavori che si erano occupati delle pratiche edilizie. Nè ha tenuto conto che la sanatoria aveva operato un effetto estintivo e, comunque, anche di tale pratica si erano occupati il committente ed il direttore dei lavori.

Il costruttore non può essere destinatario di sanzioni penali. Con il secondo motivo denuncia la erronea applicazione del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45. 3) Il ricorso è aspecifico, proponendo censure completamente disancorate dal tessuto argomentativo della pronuncia gravata, e per di più manifestamente infondato.

3.1) Il ricorrente continua ad insistere sulla inapplicabilità delle sanzioni penali, in tema di violazioni alla legge urbanistica, al costruttore.

Non c’è dubbio che sussista una stretta correlazione tra l’obbligo di condotta imposto dalla L. n. 47 del 1985, art. 6 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 29) ai soggetti in esso indicati e le sanzioni di cui all’art. 20 (ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44) sì da configurare il reato di costruzione senza la concessione edilizia, o in contrasto con le prescrizioni urbanistiche o edilizie, come reato "proprio"; invero il precetto penale è diretto non a chiunque, ma soltanto a coloro che, in relazione all’attività edilizia, rivestono una determinata posizione giuridica o di fatto.

Non tiene conto, però il ricorrente, che, come già evidenziato dalla Corte territoriale, il costruttore è tra i soggetti destinatari del precetto, per cui egli ha una autonoma posizione di garanzia in ordine alla esecuzione dei lavori in conformità al permesso di costruire ed alla normativa urbanistica e, come tale, risponde di ogni violazione, a prescindere dalla responsabilità concorrente del committente e del direttore dei lavori. Non può, quindi, invocare la sua "buona fede" (competendo ad altri occuparsi delle "pratiche edilizie").

Quanto alla dedotta "sanatoria", ha, altrettanto correttamente, già rilevato la Corte territoriale che l’accecamento delle pareti perimetrali ed il riempimento di terra del vano sottosuolo) con depotenzializzazione della portata abusiva dell’intervento non poteva certo determinare l’estinzione dei reati, derivando questa solo dal rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 36 e 45.

A parte il fatto che l’effetto estintivo non opererebbe in relazione al reato di cui al capo b).

La giurisprudenza di questa Corte (a partire da quella formatasi in relazione alla L. n. 47 del 1985, artt. 13 e 22) ha costantemente affermato che l’effetto estintivo non opera nei confronti dei reati aventi oggettività giuridica diversa, come quelli relativi a violazioni di disposizioni dettate dalle leggi in materia di costruzioni in zona sismica, di opere in conglomerato cementizio o di vincoli ambientali e paesaggistici.

Tali disposizioni, infatti, pur riguardando l’attività edificatoria sono "diverse" sotto il profilo della ratio e degli obiettivi perseguiti, da quelle in materia urbanistica (cfr. ex multis Cass. sez.3 2.7.1994 n. 7541; Cass.sez. 3 26.6.1997 n.6225; Cass.sez.3 n.11511 del 15.2.2002; Cass.sez.3 22.5.2006 n.17591).

3.2) Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

3.3) E’ appena il caso di aggiungere che, a prescindere dal fatto che la inammissibilità del ricorso precluderebbe comunque la declaratoria di cause estintive maturate dopo la sentenza impugnata, nel caso di specie il termine massimo di prescrizione di anni cinque non è certo maturato (essendo stato il reato commesso il (OMISSIS)).
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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