Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 18-05-2011, n. 19583

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

P.G., Dr. D’Ambrosio Vito, che ha chiesto rigettarsi i ricorsi.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 26.5.2010 la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Palermo, sez.dist. di Bagheria, con la quale F.G. e T.G. erano stati condannati, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, alla pena di mesi otto di reclusione ed Euro 3.000,00 di multa il F. e di mesi sei di reclusione ed Euro 500,00 di multa il T. per i reati, rispettivamente ascritti, di violazione di sigilli e violazione delle leggi urbanistica e antisismica.

2) Propongono ricorso per cassazione il F. ed il T., a mezzo del difensore.

Il T. denuncia la mancanza o apparenza della motivazione della sentenza impugnata che costituisce mera ripetizione della formula normativa, senza la minima relazione tra fattispecie astratta e fattispecie concreta.

Il F., a sua volta, denuncia la violazione di legge per la mancata applicazione dell’indulto, nonostante ne ricorressero i presupposti anche temporali.

Denuncia, inoltre, la mancanza o apparenza della motivazione, essendosi la Corte territoriale limitata a ripetere la formula normativa, senza svolgere alcuna indagine conoscitiva in relazione, in particolare, al calcolo della pena (non vengono neppure indicati i passaggi per gli aumenti operati per la continuazione).

3) I ricorsi sono generici, perchè non adempiono all’onere di indicare in modo specifico le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono la richiesta di annullamento ( art. 581 c.p.p., lett. c), proponendo censure completamente disancorate dal tessuto argomentativo della pronuncia gravata, e, per di più, manifestamente infondati.

La Corte territoriale, dopo aver premesso che gli appellanti non contestavano la ricostruzione in punto di fatto delle condotte rispettivamente ascritte, nè la qualificazione giuridica data ad essi dai primi giudici e chiedevano solo un’attenuazione del regime sanzionatolo, ha, con motivazione adeguata ed immune da vizi logici, come tale non sindacabile in sede di legittimità, disatteso le doglianze difensive.

3.1) Quanto al F. ha rilevato che, in considerazione della particolare intensità del dolo, avendo egli proseguito i lavori nonostante l’imposizione del vincolo reale, la pena irrogata in primo grado, in misura di poco superiore al minimo edittale e con un aumento contenuto per la continuazione con gli altri capi, non era suscettibile di riduzione alcuna. Per tali ragioni e per i precedenti penali (il F. era stato condannato per violazione della disciplina degli stupefacenti) le già concesse circostanze attenuanti generiche non potevano certo essere ritenute prevalenti.

Irrilevante è la mancata indicazione dell’aumento per la continuazione per ogni singolo reato, avendo il primo giudice già provveduto in tal senso; la Corte ha, quindi, ritenuto che l’aumento complessivo di mesi 1 di reclusione ed Euro 200,00 di multa (per 4 reati) fosse assolutamente contenuto.

L’indulto non era stato richiesto espressamente con i motivi di appello e comunque la sua eventuale applicazione va riservata alla fase esecutiva.

3.2) Relativamente al T., che rispondeva del solo reato di concorso in violazione di sigilli, la pena, come ha dato atto la Corte, è stata applicata nel minimo edittale.

Quanto al giudizio di comparazione, la Corte territoriale (a prescindere dal rilievo in ordine alla consapevolezza dell’esistenza del vincolo, non essendo stata impugnata la sentenza in tema di responsabilità) ha ritenuto assolutamente ostativi all’invocata prevalenza i plurimi precedenti penali per danneggiamento, violazione degli obblighi di assistenza familiare e favoreggiamenti personale continuato.

3.3) I ricorsi debbono, quindi, essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in Euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascuno dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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