Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 18-05-2011, n. 19582

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 21.5.2010 la Corte di Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Civitavecchia, in composizione monocratica, con la quale B.M. era stato condannato alla pena (sospesa) di mesi tre di arresto per il reato di cui al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2 (per aver depositato in modo incontrollato sulle aree demaniali adiacenti le sedi di esercizio della attività "Assistenza Nautica Berardozzi" rifiuti vari, tra i quali vecchie batterie dismesse, motori in disuso, rottami metallici), dichiarava non doversi procedere nei confronti del B. in ordine al reato ascritto per intervenuta prescrizione.

Assumeva la Corte che era decorso il termine di prescrizione alla data del 13.1.2009 e che difettava qualsiasi evidenza positiva o negativa dell’innocenza dell’imputato in considerazione delle motivazioni condivisibili del primo giudice che non risultavano intaccate dalle doglianze difensive.

2) Ricorre per cassazione B.M., a mezzo del difensore.

Dopo aver ripercorso la vicenda e riportato i motivi di appello, proposti avverso la sentenza del Tribunale, denuncia, con un unico motivo, la erronea applicazione dell’art. 129 c.p.p., la inesistenza e, comunque, carenza, contraddittorietà, oltre che manifesta illogicità della motivazione, in ordine alle ragioni giustificatrici della meno favorevole pronuncia dichiarativa di estinzione del reato per prescrizione, nonostante le risultanze processuali, specificamente indicate nell’atto di appello ed ora nel ricorso, consentissero il proscioglimento nel merito. Denuncia, altresì, la violazione di legge e la mancanza di motivazione in relazione al D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 2. La Corte territoriale si è limitata a richiamare per relationem la sentenza di primo grado, senza tener conto dei motivi di impugnazione, con i quali, sulla base degli atti processuali, si evidenziava che l’imputato non aveva commesso il fatto o che, comunque, non costituiva reato. Risulta, infatti, da tali atti che le batterie dismesse erano quelle abbandonate nei pressi dello specchio d’acqua prospiciente alla zona concessa al coimputato E.F., che non aveva neppure proposto opposizione al decreto penale. Dalle testimonianza in atti emerge, inoltre, che i materiali rinvenuti nella zona data in concessione al ricorrente erano materiali di lavoro, depositati temporaneamente, che andavano rimontati o restituiti ai proprietari.

La Corte di merito non ha neppure esaminato il secondo motivo di appello con cui si evidenziava che il fatto, in ogni caso, non costituiva reato, trattandosi di deposito temporaneo lecito.

3) Il ricorso è infondato.

3.1) Va ricordato che, "in presenza di una (già avvenuta) causa di improcedibilità per intervenuta prescrizione del reato è precluso alla Corte di cassazione un riesame del fatto finalizzato ad una eventuale annullamento della decisione per vizi attinenti alla sua motivazione. Il sindacato di legittimità circa la prospettata mancata applicazione dell’art. 129 c.p.p., comma 2, deve essere invece circoscritto all’accertamento della ricorrenza delle condizioni per addivenire ad un pronuncia di proscioglimento nel merito con una delle formule ivi prescritte: la conclusione può essere favorevole al giudicabile solo se la prova dell’insussistenza del fatto o dell’estraneità ad esso dell’imputato risulti evidente sulla base degli stessi elementi e delle medesime valutazioni posti a fondamento della sentenza impugnata, senza possibilità di nuove indagini ed ulteriori accertamenti che sarebbero incompatibili con il principio secondo cui l’operatività della causa estintiva, determinando il congelamento della situazione processuale esistente nel momento in cui è intervenuta, non può essere ritardata.

Pertanto, qualora il contenuto complessivo della sentenza non prospetti, nei limiti e con i caratteri richiesti dall’art. 129 c.p.p., l’esistenza di una causa di non punibilità più favorevole all’imputato, come sopra si è apprezzato, deve prevalere l’esigenza della definizione di processo (cfr. cass. sez. 3, 22.6.2005, Borda;

Cass. sez. 4 n. 16466 del 6.3.2008). Ne deriva come corollario che, in presenza di una causa estintiva del reato, l’accertamento della evidenza della insussistenza del fatto o della mancata commissione dello stesso da parte dell’imputato o infine che il fatto non è previsto dalla legge come reato, deve avvenire, come precisato dalla costante giurisprudenza di questa Corte, sulla base degli atti "dai quali la Corte di Cassazione sia in grado di desumere le suddette evidenze" e cioè unicamente "dalle sentenza impugnata e – se trattasi di sentenza di appello – dalla sentenza di primo grado" (cfr. Cass. pen. sez. 6 n. 6593 del 2008). Ne discende ulteriormente, da un lato, che non è consentito disporre la parziale rinnovazione del dibattimento (palesemente incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria della causa estintiva del reato) e, dall’altro, che non è possibile disporre l’annullamento della sentenza per vizi di motivazione relativi al mancato proscioglimento nel merito. Invero "all’applicazione di causa estintiva del reato è sottinteso il giudizio relativo all’inesistenza di prova evidente circa la non ricorrenza delle condizioni per un proscioglimento nel merito. In tal caso, pertanto, la decisione è insindacabile in sede di legittimità sotto il profilo del vizio di motivazione, posto che un eventuale annullamento con rinvio imporrebbe la prosecuzione del giudizio, resa impossibile dall’obbligo di declaratoria della causa estintiva (cfr. Cass. sez. 5 n. 13110 del 2008; Cass. sez. 4, 4.12.2002, Rocca; Cass. sez. 1, 22.10.1994, Boiani; Cass. sez. Un. n. 1653 del 21.10.1992 – Marino ed altri).

Il giudizio di appello o di cassazione, in presenza di una causa estintiva del reato, è quindi un "giudizio pieno" ma, esclusa la possibilità di una rinnovazione del dibattimento, l’accertamento delle condizioni per un proscioglimento nel merito va fatto sulla base degli atti.

Tali principi sono stati ribaditi dalle sezioni unite, con la sentenza n. 35490 del 28.5.2009, con la quale è stato riaffermato che "In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., comma 2, soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di "constatazione", ossia di percezione "ictu oculi", che a quello di "apprezzamento" e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento o di approfondimento". Le sezioni unite hanno ribadito, altresì, che, in presenza di una causa di estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità, nè vizi di motivazione, nè nullità di ordine generale (cfr. sent. n. 35490/2009 cit.).

3.1.1) Il ricorrente, da un lato, lamenta la mancanza di motivazione della sentenza impugnata in ordine ai rilievi contenuti nell’atto di appello, che dovrebbe comportare una non consentita (come si è visto, in presenza della causa estintiva del reato) annullamento con rinvio della sentenza impugnata, e, dall’altro, sollecita una altrettanto non consentita rivalutazione delle risultanze processuali per pervenire ad un proscioglimento nel merito. Nell’uno come nell’altro caso non si è in presenza di una "percezione ictu oculi" (per usare l’espressione delle sezioni unite) della non attribuibilità del fatto all’imputato. Basti pensare alle deduzioni in ordine al luogo in cui risultavano depositate le batterie dismesse: sulla base delle testimonianze, dei rilievi fotografici e delle planimetrie la Corte di legittimità dovrebbe accertare se si trattasse dello spazio dato in concessione al coimputato E. o al B. (non potendosi ovviamente desumere l’esclusiva responsabilità del primo dal fatto che non ha proposto opposizione al decreto penale).

Per di più, in presenza di una sentenza di condanna in primo grado, la cui motivazione viene richiamata dalla Corte territoriale, in cui si affermava (sulla base della testimonianza Z.), in modo adeguato e senza palesi illogicità, che il fatto contestato era attribuibile anche al B., in quanto i rifiuti pericolosi rinvenuti si trovavano in tutta l’area, e quindi anche in quella data in concessione al B. medesimo. Il che escludeva anche che potesse parlarsi di deposito temporaneo, effettuato al solo fine di eseguire i lavori.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *