Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-09-2011, n. 18916 Imposta valore aggiunto

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La società Cre.be.bo. s.r.l. ricorreva avverso l’atto di contestazione Iva, anno d’imposta 1998, con il quale veniva irrogata una sanzione per omessa emissione di una fattura relativa alla vendita di un immobile e la tardiva registrazione di altre fatture di vendita; deduceva che la fattura n. (OMISSIS) era stata regolarmente emessa e le altre fatture tempestivamente registrate. Resisteva l’ufficio.

La Commissione Tributaria Provinciale respingeva il ricorso. Contro la relativa sentenza proponeva appello il fallimento della contribuente ribadendo le proprie eccezioni; l’ufficio resisteva.

La Commissione Tributaria Regionale con la sentenza di cui in epigrafe raccoglieva parzialmente l’appello annullando solo la sanzione relativa alla vendita di un immobile (fattura n. (OMISSIS)).

Avverso tale ultima sentenza l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione articolato su di un motivo unico ed illustrato da successiva memoria; il fallimento resiste con controricorso.

MOTIVAZIONE
Motivi della decisione

1. Con il ricorso in esame l’Agenzia censura l’impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 4, oltre vizio della motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla L. n. 154 del 1988, art. 12 e L. n. 342 del 2000, art. 74, per avere il giudice dell’appello ritenuto applicabile il c.d. ravvedimento operoso, inibito nella presente fattispecie sia dall’apertura della verifica fiscale a carico della società contribuente in data anteriore alla emissione della fattura, sia dal fatto che la violazione in oggetto non può essere considerata nè meramente formale, nè non incidente sulla determinazione del tributo e neppure non ostacolante l’attività di accertamento in corso.

1.2 La censura è inammissibile per quanto attiene al vizio di motivazione, citato solo nell’intestazione del motivo del ricorso ma non illustrato in alcun modo.

1.3 E’ altresì inammissibile con riferimento al denunciato vizio di legge carenza di autosufficienza. Invero questa Corte ha costantemente affermato (Cass. n. 6542/2004). "Qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare "ex actis" la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa". Ed ancora (Cass. n. 15952 del 2007). Il ricorso per cassazione – per il principio di autosufficienza – deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e, altresì, a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti attinenti al pregresso giudizio di merito".

Nel caso di specie l’Agenzia invoca l’applicazione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 13, comma 4, a tenore del quale sarebbe stato inibito il c.d. ravvedimento operoso, denunciando sia nel ricorso per Cassazione, sia soprattutto nella memoria illustrativa una serie di fatti tendenti a dimostrare la preesistenza della verifica fiscale alla annotazione (da parte del liquidatore giudiziario) della fattura in questione e le conseguenti ricadute di tanto sulla verifica stessa.

Tali elementi, che implicano un accertamento di fatto inammissibile in sede di legittimità, non risultano assolutamente trattati dalla sentenza impugnata che, anzi, assume "Poichè dagli atti in fascicolo risultano comunque eseguite le procedure, rispettati i termini del ravvedimento operoso e provveduto al versamento della relativa imposta mediante comprovato inserimento nella dichiarazione annuale, si ritiene illegittima la sanzione pecuniaria irrogata sul punto". La ricorrente, pertanto, in applicazione dei principio di autosufficienza del ricorso per Cassazione come sopra esposto, avrebbe dovuto allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, riportando altresì in modo testuale i passi relativi degli atti del giudizio precedente, onde dar modo alla Corte di svolgere la sua funzione istituzionale di controllo della legalità.

Il ricorso deve pertanto essere rigettato.

Le spese vengono regolate in dispositivo in applicazione del principio della soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente alle spese di giudizio che liquida in Euro 4.000,00 delle quali Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali e competenze come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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