Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 27-04-2011) 18-05-2011, n. 19579 Costruzioni abusive Reati edilizi

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 2.2.2010 il Tribunale di Asti, in composizione monocratica, assolveva B.P., M.G. e D. P.M. dal reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) loro ascritto perchè il fatto non sussiste ed il M. anche dal reato di cui all’art. 349 c.p. con la stessa formula.

Agli imputati era contestato di avere, la R. quale proprietario, il M. quale costruttore ed il D.P. quale direttore dei lavori, eseguito in assenza di permesso di costruire, dovendosi ritenere illegittimo quello rilasciato in data 23.10.2006 n. 9, lavori di ristrutturazione edilizia sull’immobile sito in (OMISSIS) (trasformazione di preesistenti due residenze e di relativi accessori e pertinenze rurali in complessive n. 9 residenze civili, mediante combinati interventi di ristrutturazione edilizia, di recupero ad uso abitativo di rustici (fienili) e di sottotetto nonchè di nuova costruzione di autorimessa) ed al M. anche di aver violato i sigilli. Secondo il Tribunale l’assunto accusatorio non poteva essere condiviso. Il permesso di costruire, avente ad oggetto un intervento di recupero a fini abitativi di locali ex agricoli, con aumento del carico urbanistico, era, invero, legittimo in quanto rilasciato ai sensi della L.R. 29 aprile 2003, in vigore dall’8.5.2003, che, nella gerarchia delle fonti, è di rango superiore rispetto alle disposizioni normative e regolamentari dei PRG e dei regolamenti edilizi (art. 6 L.R. cit.). Quanto al cambio di destinazione d’uso, rilevava il Tribunale che dall’istruttoria dibattimentale era emerso che le due residenze civili preesistenti (per mc. 496,64) erano destinate ad abitazione del coltivatore diretto. Era comunque assorbente la circostanza che la necessità di pagare gli oneri per la parte asseritamente residenziale (ma tale non ritenuta dall’accusa) si risolveva nella possibilità per il Comune di pretendere ulteriori somme. Nè infine era necessario permesso di costruire convenzionato finalizzato al cambiamento di destinazione d’uso (oltre il limite dei 700 mc) perchè nell’area non dovevano eseguirsi opere infrastrutturali.

2) Proponeva ricorso immediato per cassazione ex art. 569 c.p.p. il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Asti, limitatamente all’assoluzione per il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b) per inosservanza ed erronea applicazione della legge penale. Come previsto dalla L. R. n. 9 del 2003, il Comune di S. Paolo Solbrito nella relazione di controdeduzioni alle osservazioni al PRGC, approvata il 29.9.2005, aveva esercitato la facoltà di escluderne l’applicazione nel proprio territorio, in quanto la fattispecie del recupero dei rustici- anche se in termini più restrittivi- era già contemplata nella normativa comunale.

Applicandosi il principio di specialità a prescindere dal grado gerarchico della fonte, le disposizioni speciali (comunali) prevalevano su quelle generali (regionali). E le NTA di PRGC limitavano il recupero ai soli edifici (concetto più restrittivo) e non ai manufatti. Le norme comunali non potevano quindi essere disapplicate dal Comune, che illegittimamente aveva assentito anche il recupero di "porticati e tettoie rurali sia adiacenti sia distaccati dall’edificio" ai sensi della L. R. n. 9 del 2003.

In ordine al cambio di destinazione d’uso il Tribunale non aveva tenuto conto delle disposizioni riguardanti la definizione di fabbricato rurale ad uso abitativo. Tale, ai sensi della L. n. 133 del 1994, può considerarsi solo quello utilizzato come abitazione da chi esercita attività agricola nell’azienda a tempo indeterminato e per più di 100 giornate lavorative annue ed il terreno cui è asservito il fabbricato non deve essere inferiore a 10 mila metri. Il Tribunale non distingue tra destinazione rurale e civile. La residenza del coltivatore, a differenza di quella civile, non da origine al cd. carico urbanistico. Sicchè, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, non è consentito mutare senza autorizzazione la destinazione d’uso di un immobile da una categoria all’altra (L.R. 5 dicembre 1997, n. 56, art. 48 e art. 25, commi 10 e 11).

Il Tribunale avrebbe dovuto pertanto ritenere l’illegittimità del permesso di costruire, non avendo la R. attivato la procedura necessaria per utilizzare come residenza civile una residenza rurale.

Infine, contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, per il cambio di destinazione d’uso della residenza rurale avente consistenza volumetrica di oltre 700 mc, era necessario permesso di costruire convenzionato (il permesso quindi poteva essere rilasciato solo dopo che era stata stipulata la convenzione e soddisfatti i relativi oneri).

3) Tanto premesso rileva il collegio che il ricorso vada convertito in appello. A norma dell’art. 569 c.p.p., comma 1 è possibile proporre direttamente ricorso per cassazione, tranne che nei casi previsti dal comma 3 del citato articolo (La disposizione del comma 1 non si applica nei casi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. d) e ed e). In tali casi il ricorso eventualmente proposto si converte in appello). Con il ricorso del P.M., oltre che la inosservanza o erronea applicazione della legge penale, viene sostanzialmente denunciato anche il vizio di motivazione (per omessa valutazione o travisamento delle risultanze processuali).

Si assume infatti che il Tribunale non ha tenuto conto che la legge regionale non poteva essere applicata perchè "nella relazione di controdeduzioni alle osservazioni alla variante al P.R.G.C. approvata dal Comune di S. Paolo Solbrito il 29.9.2005, si osservava che le norme per il recupero funzionale dei rustici di cui alla L.R. n. 9 del 2003 fanno riferimento a deroghe a piani regolatori che non prevedono la possibilità di recuperare volumi rustici, fatto questo che non avviene per il Comune di S. Paolo Solbrito sia nel P.R.G. vigente sia nella variante".

Si deduce, quindi, che il Tribunale ha omesso di valutare tale atto, con cui il Comune aveva esercitato la facoltà prevista dalla legge regionale di escluderne l’applicazione nel proprio territorio.

Siffatta "omissione" si ripercuote sulla intera motivazione, avendo il Tribunale richiamato, per ritenere applicabile la legge regionale, il principio della gerarchia delle fonti, senza tener conto del principio di specialità, secondo cui le disposizioni speciali (anche derogatorie, come nel caso di specie) prevalgono su quelle generali a prescindere dal grado gerarchico della fonte.
P.Q.M.

Converte il ricorso in appello e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di Appello di Torino.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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