Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 18-05-2011, n. 19608 Sequestro preventivo

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ordinanza 30.4.2010 il Tribunale di Brindisi, GE, ha rigettato la richiesta di restituzione del certificato di deposito n. (OMISSIS) acceso presso Mediobanca e del libretto di deposito bancario n. (OMISSIS) acceso presso la Banca di Roma intestati ai coniugi D. G.S. e G.A., sequestrati il (OMISSIS) nell’ambito di un procedimento penale in cui D.G. era imputato dei reati di associazione per delinquere e contrabbando di tabacchi lavorati esteri e disponeva la confisca delle somme negli stessi contenute.

Rilevava il tribunale:

– che, con provvedimento del 9.06.1988, il GIP aveva disposto il dissequestro e la restituzione del 50% delle somme di denaro contenute nei due libretti riferibile alla quota della G., estranea al reato;

– che, con sentenza 6.11.2002, il Tribunale di Brindisi aveva assolto D.G. dal reato associativo e aveva dichiarato prescritto il reato di contrabbando previo riconoscimento della sua sostanziale responsabilità nell’attività materiale di contrabbando per avere acquistato in proprio a (OMISSIS) i TLE per rivenderli a (OMISSIS) e in altre città;

– che la restante parte del denaro depositato nei libretti di cui era stata richiesta la restituzione era ricollegabile al reato di contrabbando, trattandosi del profitto d’attività illegale importazione d’ingenti quantitativi di TLE poi commercializzati nelle province di (OMISSIS) conseguito da persona priva di altre fonti reddituali lecite, sicchè il denaro doveva essere obbligatoriamente confiscata ai sensi del D.P.R. n. 43 del 1973, art. 301;

Avverso l’ordinanza proponevano ricorso per cassazione i predetti coniugi denunciando:

– mancanza e contraddittorietà della motivazione sulla denegata restituzione delle residue somme sequestrate dato che i fatti contestati all’imputato si riferivano al periodo compreso tra l'(OMISSIS), mentre i titoli di deposito riguardavano i risparmi accumulati a partire dal (OMISSIS). In particolare, la ricorrente censurava l’assenza di motivazione sulla sua personale posizione. D.G. contestava che dalla sentenza sopraindicata potesse evincersi che le somme depositate nel libretto provenissero dal contrabbando, se non in misura irrisoria;

– violazione dell’art. 240 c.p., comma 1 e del D.P.R., art. 294 relativamente alla disposta confisca perchè non era intervenuta sentenza di condanna; era incerta la quantità dei tabacchi oggetto del contrabbando; mancava il rapporto tra res nulla provava che tutte le somme depositate costituissero profitto e reato.

Inammissibile, anzitutto, è la doglianza della G..

Per la cointestazione col D.G. dei titoli bancari, essa ha già ottenuto la restituzione della quota di sua spettanza pari al 50%, sicchè non ha alcun titolo per pretendere la restituzione delle somme che appartenevano al marito.

Il ricorso dell’imputato si fonda su motivi diversi da quelli consentiti dalla legge consistendo in censure in punto di fatto della sentenza impugnata, oltre ad essere manifestamente infondati.

La riconducibilità delle residue somme residuate sui libretti bancari al reato di contrabbando è stata ritenuta dal GE con giudizio di fatto insindacabile in questa sede espresso con una motivazione saldamente ancorata ai dati ricavabili dalla menzionata sentenza 6.11.2002 e all’assenza in capo al D.G. di fonti reddituali lecite.

Il secondo motivo di ricorso è giuridicamente erroneo alla stregua della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui "in tema di contrabbando, le cose che servirono per la commissione del reato o che ne costituiscono l’oggetto, il profitto o il prodotto sono soggette a confisca anche nel caso che il reato venga dichiarato estinto per prescrizione, derogando la disciplina fissata dal D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 301, comma 1 a quella generale contenuta nell’art. 240 cod. pen. (Nell’affermare tale principio la Corte ha precisato che la confisca disciplinata dal citato art. 301 deve essere disposta anche nei casi di proscioglimento per cause che non riguardano la materialità del fatto e non interrompono il rapporto tra le cose e la circostanza della loro introduzione illegale nel territorio dello Stato)" Sezione 3 n. 4739/2002) RV. 221054.

Per l’inammissibilità del ricorso, grava sui ricorrenti l’onere del pagamento delle spese del procedimento e del versamento alla cassa delle ammende di una somma che va equitativamente fissata in Euro 1.000.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento e, ciascuno, della somma di Euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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