Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 14-04-2011) 18-05-2011, n. 19605 Intercettazioni telefoniche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

M.C., per mezzo del proprio difensore, in data 9 febbraio del 2010,ha presentato al giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Livorno,istanza diretta ad ottenere lo stralcio di tutte le intercettazioni disposte nel procedimento nel quale era indagato per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 aggravato ex art. 88, lett. e) dello stesso Decreto in relazione all’art. 586 c.p., perchè erano state disposte fuori dei locali della Procura senza adeguata motivazione.

Disposta la comparizione delle parti, con ordinanza del 19 marzo del 2010, il giudice ha respinto la richiesta.

Ricorre per cassazione il M. per mezzo del proprio difensore deducendo:

1) la violazione dell’art. 267 c.p.p., art. 268 c.p.p., commi 1 e 3 e art. 271 c.p.p. per l’insufficiente motivazione del decreto con cui si erano disposte le intercettazioni in locali diversi da quelli della Procura;

2) l’incompatibilità del giudice per indagini preliminari a decidere sull’eccezione perchè aveva emesso i provvedimenti relativi alle intercettazioni oggetto dell’istanza;

3) violazioni del diritto di difesa per l’impossibilità di ottenere copia degli atti d’indagine per la soppressione degli originali.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile perchè l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari,con cui si sono respinte le eccezioni sollevate dalla parte in merito alle intercettazioni telefoniche , non è autonomamente impugnabile. Essa rientra tra quei provvedimenti,per i quali, per ragioni di speditezza processuale, non è prevista autonoma impugnazione.

D’altra parte non trattasi neppure di provvedimento abnorme.

Qualifica questa, peraltro, neanche adombrata dal ricorrente, poichè il provvedimento del giudice per le indagini preliminari non può definirsi estraneo all’ordinamento processuale non determina alcuna stasi nel procedimento e non impedisce all’interessato di far valere le proprie ragioni nel giudizio.

Dall’inammissibilità del ricorso discende l’obbligo di pagare le spese processuali e di versare una somma, che stimasi equo determinare in Euro 1000,00, in favore della Cassa delle Ammende, non sussistendo alcuna ipotesi di carenza di colpa del ricorrente nella determinazione della causa d’inammissibilità secondo l’orientamento espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 186 del 2000.
P.Q.M.

LA CORTE Letto l’art. 616 c.p.p.; Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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