Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 07-04-2011) 18-05-2011, n. 19567 Motivi di ricorso

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

a del Dott. Monetti Vito che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Ricorre per cassazione il difensore di fiducia di C.C. avverso la sentenza in data 1.7.2010 della Corte di appello di Bari che confermava quella emessa il 22.12.2009 dal Tribunale di Trani, Sez. distaccata di Ruvo di Puglia, con la quale il C. era stato condannato alla pena di anni 1 e mesi 4 di reclusione ed Euro 6.000,00 di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, ritenuta tale attenuante prevalente sulla contestata recidiva.

Deduce la violazione di legge in relazione agli artt. 125-192 c.p.p., contestando la motivazione addotta per ritenere la destinazione dello stupefacente allo spaccio sulla scorta del rinvenimento di pezzi di busta di plastica e della somma di denaro di Euro 1.335,00 e a sostegno della mancanza di prova della tossicodipendenza dell’imputato; nonchè l’omessa motivazione circa il reale effetto drogante della sostanza, su cui non era stata effettuata alcuna indagine tecnica.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

E’ palese la sostanziale aspecificità delle censure che hanno riproposto in questa sede pedissequamente la medesime doglianze rappresentate dinanzi alla Corte territoriale e da quel giudice disattese con motivazione corretta e congrua, immune da vizi ed assolutamente plausibile.

Invero è stata fornita corretta e logica motivazione circa il collegamento della somma di denaro con l’attività di spaccio sulla base di un semplice ma ineccepibile calcolo delle esigenze di bilancio familiare e l’eccessiva entità dell’importo rinvenuto a ben venti giorni dopo la riscossione della rata dell’esigua pensione percepita. Altrettanto vale circa il rinvenimento dei pezzi di buste di plastica correttamente ritenuti funzionali alla confezione delle dosi.

Nè le argomentazioni oggi addotte al fine di smontare la motivazione della Corte su tali specifici punti si fondano su dati tratti dal testo della sentenza bensì sulla contrapposizione di una tesi ricostruttiva, pretesamente più corretta, che mira a sovrapporsi a quella del giudice di merito: invero il nuovo testo dell’art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. e), come modificato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, con la ivi prevista possibilità per la Cassazione di apprezzare i vizi della motivazione anche attraverso gli "atti del processo" (nel caso di specie, nemmeno allegati, in violazione del principio di "autosufficienza del ricorso" costantemente affermata, in relazione al disposto di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, dalla giurisprudenza civile, ma che trova applicazione anche nell’ambito penale), non ha alterato la fisionomia del giudizio di cassazione, che rimane giudizio di legittimità e non si trasforma in un ennesimo giudizio di merito sul fatto. In questa prospettiva, non è tuttora consentito alla Corte di Cassazione di procedere ad una rinnovata valutazione dei fatti ovvero ad una rivalutazione del contenuto delle prove acquisite, trattandosi di apprezzamenti riservati in via esclusiva al giudice del merito. Il novum normativo, invece, rappresenta il riconoscimento normativo della possibilità di dedurre in sede di legittimità il cosiddetto "travisamento della prova", finora ammesso in via di interpretazione giurisprudenziale:

cioè, quel vizio in forza del quale la Cassazione, lungi dal procedere ad una inammissibile rivalutazione del fatto e del contenuto delle prove, può prendere in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti onde verificare se il relativo contenuto sia stato o no "veicolato", senza travisamenti, all’interno della decisione (Cass. pen. Sez. 4^, 19.6.2006, n. 38424). Ciò peraltro vale nell’ipotesi di decisione di appello difforme da quella di primo grado, in quanto nell’ipotesi di doppia pronunzia conforme il limite del devolutum non può essere superato ipotizzando recuperi in sede di legittimità, salva l’ipotesi in cui il giudice d’appello, al fine di rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, richiami atti a contenuto probatorio non esaminati dal primo giudice (Cass. pen., Sez. 2^, 15.1.2008, n. 5994; Sez. 1^, 15.6.2007, n. 24667, Rv.

237207; Sez. 4^, 3.2.2009, n. 19710, Rv. 243636).

E’ stata disattesa con adeguata motivazione l’attualità dello stato di tossicodipendenza del prevenuto sulla base della stessa documentazione medica da lui prodotta, a nulla rilevando a tal riguardo, come ancora correttamente spiegato dal giudice a quo, quanto affermato (senza indicazione dell’origine ed epoca della loro conoscenza) dai carabinieri nel verbale d’arresto.

Quanto al dedotto omesso accertamento dell’efficacia drogante della sostanza sequestrata (cinque dosi), risulta (v. sentenza di primo grado) che sulla stessa furono effettuate analisi all’esito delle quali ne fu individuata la natura di cocaina; nè risulta che in tale occasione sia emersa una inesistente efficacia drogante della stessa.

Tanto più che ai fini probatori non è certo necessaria la perizia, essendo all’uopo sufficiente il materiale probatorio, costituito da dichiarazioni dell’imputato, l’indagine con narcotest "et similia" (Cass. pen. Sez. 4^, n. 2259 del 14.12.1993 Rv. 197733).

Consegue il rigetto del ricorso e, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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