Cass. civ. Sez. V, Sent., 16-09-2011, n. 18897 Imposta regionale sulle attivita’ produttive

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Lo Studio Legale Associato Bracciale – in persona degli avvocati Ferdinando, Regina ed Elena Bracciale – propone, nei confronti dell’Agenzia delle Entrate (che non ha resistito), ricorso (successivamente illustrato da memoria) per la revocazione della ordinanza n. 24349/09 con la quale questa Corte, in controversia concernente impugnazione del silenzio rifiuto su istanza di rimborso Irap, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e cassato con rinvio la sentenza n. 13/40/2008 della C.T.R. Lazio.

2. I ricorrenti chiedono la revocazione dell’ordinanza impugnata deducendone la nullità sia perchè conseguente ad una relazione ex art. 380 bis c.p.c., nulla per violazione del principio del contraddittorio sia per difetto di motivazione, essendo state con tale ordinanza rigettate senza alcuna motivazione le eccezioni pregiudiziali di inammissibilità ed improcedibilità del ricorso dell’Avvocatura dello Stato formulate dallo Studio Associato controricorrente.

In subordine, i ricorrenti chiedono che sia sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 391 bis c.p.c. "nella parte in cui non prevede come causa di revocazione la nullità del provvedimento decisorio della Corte di Cassazione".

L’impugnazione proposta è inammissibile.

In proposito, occorre innanzitutto rilevare che la revocazione è un mezzo di impugnazione limitato, perchè proponibile soltanto per un ristretto numero di motivi specifici tassativamente elencati dalla legge e che, ai sensi del combinato disposto degli artt. 391 bis e 391 ter, le sentenze e le ordinanze ex art. 375 c.p.c. pronunziate dalla Corte di Cassazione senza decidere nel merito sono impugnabili esclusivamente per errore di fatto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4.

Secondo la giurisprudenza di questo giudice di legittimità, l’errore di fatto di cui al n. 4 dell’art. 395 citato consiste in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto il giudice a supporre l’esistenza (o l’inesistenza) di un fatto decisivo che risulti, invece, in modo incontestabile escluso (o accertato) in base agli atti e ai documenti di causa, sempre che tale fatto non abbia costituito oggetto di un punto controverso su cui il giudice si sia pronunciato. L’errore in questione presuppone, quindi, il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, sempre che la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio, con la conseguenza che deve escludersi la sussistenza dell’errore revocatorio per vizi della sentenza che investano direttamente la formulazione del giudizio sul piano logico-giuridico (v. tra numerose altre Cass. n. 22171 del 2010 e n. 8180 del 2009).

Deve inoltre ritenersi manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 391 bis c.p.c., nella parte in cui non prevede come causa di revocazione la nullità del provvedimento decisorio della Corte di Cassazione (questione peraltro sollevata senza neppure indicare la norma costituzionale rispetto alla quale il citato art. 391 bis c.p.c., si porrebbe in contrasto), posto che la Costituzione non prevede vincoli al legislatore ordinario con riguardo al sistema delle impugnazioni se non per la previsione, all’art. 111 Cost., della ricorribilità per cassazione per violazione di legge di tutte le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari e speciali.

Ne consegue che l’organizzazione del sistema impugnatorio è rimessa esclusivamente alla discrezionalità del legislatore ordinario, il quale non è neppure tenuto a prevedere un doppio grado di giudizio, se non limitatamente alla necessità di assicurare la possibilità di ricorrere per cassazione per violazione di legge avverso tutte le sentenze e i provvedimenti sulla libertà personale.

Con particolare riguardo alla problematica in esame, il legislatore ordinario – peraltro in maniera ragionevole e coerente con un sistema impugnatorio che non può dilatarsi all’infinito in contrasto con l’esigenza di stabilità delle relazioni giuridiche espressa anche dalla previsione dell’istituto del giudicato – ha disposto che i motivi di impugnazione per revocazione abbiano nel sistema una propria specifica funzione e non siano destinati a far valere le censure per nullità ex art. 161 c.p.c., proponibili invece con l’appello e il ricorso per cassazione.

3. Alla luce di quanto sopra esposto, il ricorso deve essere rigettato. In assenza di attività difensiva nessuna decisione va assunta in ordine alle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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